Capitolo 18.

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"Ti ho amato ancor prima di saperlo, e forse è così che si ama davvero."

•Se stessi

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•Se stessi.

La fine dell'anno si avvicinava sempre di più e ricopriva gli abitanti di Chicago con l'ombra di un nuovo inizio. L'hotel Dalthon pullulava di persone e il povero Pier faticava a rivolgere la propria attenzione a tutti i prestigiosi clienti, tuttavia non si risparmiò dal riservare un sorriso genuino alle due ragazze che stavano attraversando l'atrio con un'aria particolarmente spenta. Provviste di sguardo a terra e passo svelto, come se si stessero evitando la peste nera, Miky e Jane si stavano affrettando a raggiungere le cucine, con l'intento di prendere tutte le cose della prima e scappare a gambe levate da quel posto scintillante in ogni suo angolo. Michaela aveva passato gran parte della notte sveglia a rimuginare su ogni istante della conversazione avuta con Liam, ogni parola, ogni piccolo dettaglio che avrebbe potuto aiutarla a prendere una decisone differente da quella che albergava nella sua mente senza sosta, senza modo di farle pensare ad altro. Non c'era stata alcuna speranza, l'uomo le aveva negato gli occhi quasi tutto il tempo, non aveva detto una parola, se non per cacciarla via, e non aveva neanche minimamente tentato di fermarla. Che altro avrebbe dovuto fare se non prendere le sue cose e andare via? A quella domanda tanto scomoda, rivolse il proprio sguardo a Jane, ma persino lei sembrava persa in chissà quale triste pensiero.

La ragazza teneva le iridi coperte da un paio di occhiali scuri, con l'intento di nascondere il rossore che si era formato intorno ai suoi occhi e perché no, anche il cuore che s'intravedeva in essi. Aveva inutilmente cercato di non perdersi nei meandri della propria anima, in cui non riusciva a vedere nessun altro che Zack e il suo sorriso gentile, lo stesso che era stato capace di sciogliere ogni frammento di ghiaccio che per anni le aveva intrappolato il cuore, lei che aveva sempre creduto nell'amore e si era sempre lanciata in storie senza alcun senso, grazie a lui aveva capito le vere origini di un sentimento tanto forte e profondo, comprendendo quanto tempo aveva sprecato a rincorrere delle emozioni che, si sa, colpiscono quando si smette di cercarle. E lei lo aveva fatto, con un sospiro rassegnato aveva interrotto la propria corsa e si era seduta, stanca, in attesa di qualcuno che l'aiutasse a rialzarsi, a ritrovare le forze per continuare a camminare. Poi era arrivato il gemello biondo a stravolgerle tutti i piani e invece di tenderle una mano, si era semplicemente seduto al suo fianco ed era rimasto lì ogni istante, finché lei non aveva rovinato tutto quanto con il suo stupido orgoglio da principessina guerriera. 

E Jane non capiva che cosa c'era a non andare in lei, che principessa non aveva mai voluto essere, che era scappata da una vita fatta di sbarre d'oro al quale aveva preferito rinunciare perché per quanto fossero state preziose, niente avrebbe camuffato la prigione che le avevano creato intorno, impedendole persino di respirare. Quel respiro che sentiva mancare soprattutto in quel momento, nella consapevolezza di aver solo combinato un gran casino e di aver ferito un animo così gentile come quello di Zack, di avergli spento il sorriso, di aver permesso al proprio sciocco, egoista e barbaro orgoglio di manomettere dei sentimenti così puri per la sola paura di essere feriti, di non essere abbastanza per uno come lui che il dolore non lo merita, che non ha bisogno di lune storte e rancori che spesso le spegnevano il sorriso. No, Zack Fhares meritava il sole e tutti i suoi raggi benefici perché lui stesso faceva bene al cuore, al suo. E forse fu quel pensiero a farle smuovere ogni emozione, a farle tremare l'anima come se fosse stata colpita dalla più devastante delle tempeste.

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