Capitolo 25.

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"Bisogna prima un po' morire per poter rinascere..."

•Fine della corsa

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•Fine della corsa.

La luce filtrava dalle finestre in una coltre così fastidiosa che Michaela dovette strizzare gli occhi inconsapevolmente, con il solo intento di scacciare via il fastidio che le stava dando. Riuscì a fatica a voltare il capo abbastanza da tenerla al sicuro da quei raggi, ma il movimento le costò la consapevolezza di quanto anche la gola le bruciasse terribilmente, tanto da farla tossire più volte, ripetutamente. Non capiva che cosa le stesse succedendo, non riusciva a rendersi conto di dove fosse e perché quel risveglio fosse più insolito di quanto le era mai capitato. Poi, come un fulmine che squarcia il più sereno dei cieli, le immagini della festa e i giorni a seguire a essa, la invasero completamente.

Il vestito rosso le era piaciuto addosso dal primo istante, per la prima volta si era sentita bella e il fatto che Liam gliel'avesse persino ribadito l'aveva resa - nella sua testa da sognatrice - Cenerentola durante la notte del ballo. Ma come la stessa favola, a mezzanotte era terminato l'incanto e Miky alle parole così ignobili di quelle donne aveva sentito il proprio vestito trasformarsi in uno straccio, il cuore squarciarsi com'era abituato a fare e di colpo il suo riflesso nello specchio era divenuto orrido; nessuna principessa in grado di tenere sul capo la scintillante corona, ma un ranocchio che si era illuso di potercela fare e che si era ritrovato a tornare nel proprio stagno, con l'anima a pezzi e le forze del tutto esaurite.

Con lentezza strizzò gli occhi nel vano tentativo di aprirli, riuscendoci soltanto dopo svariate volte che nemmeno si premurò di contare, ancora troppo debole per farlo. Il soffitto bianco fu la prima immagine che vide, lasciandole l'illusione di trovarsi nel più piacevole paradiso, con i fiori ben sistemati sul comodino accanto e le tende a sventolare sotto il brusio dei primi giorni di gennaio. Tuttavia, la certezza che quello non era affatto un paradiso la colpì con la stessa violenza di un pugno nello stomaco quando dei singhiozzi la obbligarono a voltarsi dalla parte opposta e le rivelarono la figura di Jane in preda alle lacrime, che tentava invano di asciugarsi con le maniche dell'enorme maglione che portava addosso, probabilmente di Zack.

Dei minuti a seguire, Michaela comprese ben poco. Vide Jane balzare via dalla sedia e correre fuori dalla stanza, ritornare qualche istante dopo con un uomo dal camice bianco e degli occhiali buffi sul naso, fu costretta ad annuire ad alcune domande che nemmeno aveva capito troppo bene e riuscì a bere finalmente più di un bicchiere di acqua fresca, che non solo le alleviarono il bruciore alla gola, ma riuscirono anche a svegliarla dal suo torpore e renderla ancora più lucida. Abbassò gli occhi quando la sua migliore amica le rivolse i propri pieni di lacrime, come se quel contatto l'avesse scottata più del fuoco ardente.

Poggiata alla porta appena chiusa alle spalle del medico, Jane rimase a guardarla con le guance rigate dal pianto, le labbra corrucciate dal nervoso e quel suo solito cipiglio severo che le inarcava le sopracciglia, segno che la ramanzina sarebbe arrivata da lì a breve. E pensandoci, Miky comprese che la meritava tutta per come si era comportata. Non aveva più dubbi su quello che era successo, lo ricordava così nitidamente che faceva ancora più male fermarsi a pensare perché l'ultima cosa che aveva visto prima di chiudere gli occhi erano stati quelli di Liam. Liam... Il suo nome perso tra i propri pensieri fu in grado di farla sospirare, sia di vergogna, sia di quelle solite emozioni legate a lui, all'uomo che era stato capace di farle credere per la prima volta nella sua vita di essere bella, di valere qualcosa, di essere abbastanza per qualcuno. Eppure non era servito a niente.

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