La serata l'avevamo programmata insieme io e lui, perché alla fine la 'festa' come la chiamava lui, non poteva essere che in quell'unico locale che conoscevamo, l'unico sicuro, l'unico in cui nessuno aveva mai detto nulla.
Avevamo organizzato così tanto che alla fine, quella sera, quei cinque minuti prima della partenza, avevo l'ansia che nulla di quello che vi era sulla lista sarebbe andata a buon fine.
Era stato lui a volerla, lui a insistere per farla, per festeggiare insieme qualcosa che per tradizione non dovrebbe essere fatto insieme "ma noi di tradizionale non abbiamo mai avuto nulla" aveva detto all'incirca un mese prima e non poteva essere più vero, io e lui, noi, non eravamo tradizionali, come potevamo esserlo.Avevamo preso due macchine, perché ci eravamo detti che qualcosa di canonico ci doveva essere, qualcosa di tradizionale dovevamo averlo. Avevamo preso anche strade diverse, ma non per lo stesso motivo, dovevamo semplicemente passare a prendere persone diverse, amici diversi.
Mi ero incaricato di recuperare Tonno e Bea, gli unici due che avrei voluto alla mia festa, gli unici due su cui contavo davvero, i due che mi aspettavano sotto al portone di casa di lui, sotto al piccolo spazio coperto che permetteva di entrare in quel piccolo cortile che dava sull'edificio mal messo in cui Tonno era convinto ci avrebbe passato la vecchiaia. Erano lì fermi, con la luce del telefono che gli illuminava parte del volto, che si guardavano e si sorridevano, mentre la mia macchina accostava sul lato opposto della strada.
La pioggia aveva deciso, quella sera, che fosse di buon auspicio farci visita, le goccioline si susseguivano come in una danza, come a far da colonna sonora al bacio fugace dei due, prima di avviarsi verso il lato opposto della strada, prima che mi vedessero sul serio, fermo nella mia auto, col telefono in mano, facendo finta di non aver visto nulla, di non aver assistito a qualcosa che forse sapevo, che forse esisteva prima di noi, di me e lei per intenderci, prima che loro anche solo ci pensassero.
"Sei in orario" Tonno posò l'ombrello per terra, scrollandosi di dosso il freddo prima chiudere definitivamente lo sportello "sai sarebbe la mia festa" accesi il motore, Bea mi passò una mano tra i capelli, le sue mani fredde che si scontravano con il mio calore "sono felice" disse piano come se fosse una cosa normale, come se fosse un saluto normale, ma non lo era, non per lei.
Sorrisi prima di ingranare la marcia, prima di avviarci verso il locale, verso la serata, verso tutto il resto.
La musica sovrastava tutto il resto, quella sera più di altre sere, il locale era pieno di persone, di risate e di alcol, tutto perfetto, tutto come doveva essere. Ci eravamo divisi i tavoli, gli amici, le risate, le cazzate, anche quella stupida fascia regalata da Andrea 'ora sposa' perché cosa ci si poteva aspettare da Andrea se non una cosa del genere.
Un giro di tavolo, un secondo, un terzo e poi non ricordo più. I colori delle luci, il colore di quel liquido che viene versato sempre quando il bicchiere diventa trasparente, questo lo ricordo, ricordo il suo odore mischiato a quello del deodorante del bagno. Le sue labbra sulle mie, le sue mani che toccano pezzi di me, quello lo ricordo, il suo respiro su di me, il sapore di rum, quello delle caramelle che mi ha regalato per scherzo Bea, quelle a forma di pene perché doveva essere fatto.
Ricordo le sue parole quella farfugliate perché non era più tanto lucido, i suoi occhi che si puntarono su di me prima che la sua mano mi portasse in pista, quella stessa mano che mi trascinò in quel luogo piccolo e stretto che era il bagno al piano di sotto.
Ridemmo per un sacco prima che le sue labbra rubassero le mie, prima che i suoi occhi rapissero i miei, prima che tutto iniziasse davvero "io" mi diede un bacio "te" continuò "letto" i suoi occhi che mi riempivano l'anima "ora" fu l'ultima cosa che captai prima del vuoi, prima del rumore del letto, dei vestiti lasciati cadere al buio, nella confusione del momento, prima che il cassetto cadesse provocando un rumore assurdo e la mia risata, prima che tutto diventasse uno.
"Sei sveglio" la sua mano mi tocca distrattamente la spalla "per colpa tua si" mugolo anche se non è la verità "è il grande giorno" dice piano, le sue parole sussurrate nel mio orecchio.
Apro gli occhi di scatto, impreco "abbiamo dormito insieme" dico qualcosa di ovvio "e quindi?" le sue mani che toccano la mia pelle, i suoi occhi puntati su di me "non dovevamo" faccio una piccola pausa, mi volto verso di lui, mi accoccolo nelle sue braccia "non dovremmo vederci prima del grande giorno" aggiungo facendo mio il suo profumo che mi culla "sei ancora in tempo" alzo la testa di poco, quasi mi scontro con il suo mento "in che senso?" lui indica la sveglia "sono solo le cinque, puoi ancora svignartela prima che tutti si sveglino" mi lascia un piccolo bacio sulla fronte "è casa mia perché dovrei andarmene" dico e lo sento soffocare una risata "cosa?" mi alzo di scatto, osservo l'ambiente, realizzo "mi hai portato dai tuoi?" gli occhi spalancati, cerco di coprirmi come se in quella stanza ci fosse anche la madre o peggio il padre "hai insistito tu" alza le spalle "e tu mi prendi anche su serio" mi alzo, recupero i vestiti e con essi anche un po' della mia dignità, sorrido tra me e me "siamo come degli adolescenti" mi lascio sfuggire.
"Ehi" la sua voce che mi richiama a lui, lo guardo, ancora steso nel letto della sua infanzia, in quella camera che l'ha cresciuto, quella in cui giocavamo da piccoli, quella che mi ricorda lui "cosa? Su che devo andare" dico piano "non vedo l'ora di essere tuo per sempre" dice con convinzione, come non lo avevo mai visto prima, come non lo percepivo da tanto, sorrido perché non posso farne a meno, sorrido perché è vero lui sarà mio per sempre, mio soltanto "ti amo" ed è il solo modo per esprimermi, il solo modo per fargli capire che sono suo "davvero" aggiungo come se vi fosse bisogno " a dopo" e mi fa il saluto tipico di Space Valley "a dopo" e lo imito chiudendo la porta.
Avevo promesso tempo fa che questa storia non sarebbe finita come doveva finire, che avrebbe avuto del tempo in più, degli extra che forse non servono a molto, che forse sono molto più di quello che sembrano, ed eccoli qui, eccomi qui di nuovo.
Ha uno stile diverso questa parte e mi piace per questo, spero piaccia anche a voi e spero che questa idea di inserire piccoli aneddoti dei due vi piaccia ancora.
Detto questo vado a scrivere, perchè diciamo che sono tornata <3
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riptide || celson
FanfictionNelson ha sempre creduto che la sua vita fosse guidata dal destino ma allo stesso tempo non credeva affatto in quello che tutti chiamano "destino". Aveva sempre saputo nel profondo che qualcosa non andava, che qualcosa lo tratteneva con i piedi a te...