16. La fine dell'inizio.

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Tre mesi dopo.

La festa era finita, dopo ore di musica e balli, alcol e persone che forse avevo visto una volta nella vita. Era finita come era iniziata, nel silenzio più totale, tutti che andavano via o trovavano semplicemente un posto dove dormire.

Mi osserva mentre cerco di sistemare la casa, il salone più che altro, anche se saranno le tre di notte. Ha bevuto, tanto, ma sembra così lucido, così sveglio, ma forse è solo impressione. 

‹‹Hai deciso di mettere in ordine tutto?›› chiede, biascicando la maggior parte delle parole, sì è decisamente ubriaco ‹‹ho solo deciso di mettere in ordine questa parte della casa›› sorrido prendendo le ultime bottiglie di birra sul davanzale della finestra ‹‹invece di occuparti di me, bene›› si accascia su una sedia, le braccia incrociate, il viso sprofondato in esse ‹‹cosa vuoi che faccia?›› lui alza di poco lo sguardo, lo incastra nel mio ‹‹voglio un bacio ›› dice piano, sorrido, quando fa così è così carino, indifeso e non fa altro che farmi perdere la testa. 

Mi avvicino, la busta della spazzatura lasciata al centro della stanza ‹‹solo?›› chiedo e non so se voglio che mi risponda come voglio davvero, sembra quasi che stia per approfittare di lui ‹‹no›› si alza, mi si avvicina, la poca luce che entra dalla strada, quei lampioni gialli che danno quell'atmosfera autunnale ‹‹ma so che se dico altro potrei finire dei guai›› e me lo dice dritto sulle labbra, mentre le mie mani sono sui suoi fianchi, mentre mi bacia piano ‹‹però sai›› si stacca, piano, alza di poco la mano ‹‹alla fine siamo fidanzati, non sembra che tu stia approfittando di me›› sorride ‹‹lo voglio›› finisce per dire e come posso dire o pensare altro se lui fa così.

Mi trascina dall'altro lato della casa, quello opposto al resto delle persone che beatamente dormono, mi porta con lui lontano da occhi indiscreti, mi fa esplorare parti di quella casa che forse non avevo mai visto ‹‹di qua›› dice aprendo una porta che dà su una camera da letto, nascosta dietro ad un muro ‹‹non possiamo essere disturbati qui›› e quasi non finisce di parlare che le sue labbra sono sulle mie, le mani che cercano di sbottonare la camicia, le labbra che quasi fanno male. 

Non era mai stato così, intenso, deciso, passionale, prima era diverso, prima del sì, prima di tutto. Ora ogni volta che boccheggia, ansima, mi bacia sembra lo faccia con più ardore, non che mi dia fastidio, anzi, ma alle volte sembra quasi un'altra persona.


Sei mesi dopo.

‹‹Dovrai pur parlare con tua madre prima o poi›› dico sistemandomi sul divano, la luce della televisione che illumina le nostre figure, Chewbe che cammina per la stanza ‹‹lo so›› risponde sedendosi al mio fianco ‹‹ma non so come›› mi guarda come se io avessi la risposta a tutto ‹‹non sono io quello che ha spettato tipo sei mesi per dirlo ai suoi›› alzo le spalle, è vero ‹‹quindi se non vuoi dirlo da solo ti accompagno›› dico rubando le patatine dalla busta che ha sistemato in mezzo alle sue gambe ‹‹non serve›› fissa la televisione ‹‹sarebbe strano›› aggiunge ‹‹in che senso strano?››

‹‹Strano›› ripete, ma non capisco lo stesso ‹‹ti vergogni di me per caso?›› Lui si gira, di scatto ‹‹non dirlo nemmeno per scherzo›› fa una pausa ‹‹è che sai come sono i miei, poi dovrei dirlo ora che mia sorella si sta per sposare... è tutto complicato›› si porta alle labbra la lattina di cola ‹‹ma non mi vergogno di te, di noi, di questo›› dice giocando con il suo anello ‹‹non potrei mai›› sorride per poi stendersi tra le mie braccia.

La serata la finiamo ad ascoltare Selene, come ogni venerdì sera da ormai mesi, lei e le storie degli sconosciuti, alla fine Selene è diventata come un'anima per noi ‹‹sarebbe figo averla al matrimonio›› mi lascio sfuggire ‹‹chi Selene?›› Nelson si alza di poco sulle braccia ‹‹sarebbe la cosa più assurda del mondo›› ride per poi tornare alla sua posizione ‹‹è come se fosse tipo mia sorella, quindi sì ok strano ma molto romantico›› faccio una pausa ‹‹alla fine è merito suo›› dico prendendo il telefono, il numero per chiamarla salvato in rubrica, lascio squillare, sembra che Nelson non se ne sia accorto. Uno squillo, due, tre, la sua voce registrata che mi dà il benvenuto, mi dice anche che ci sono zero chiamate e che sono il prossimo. 

riptide || celsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora