14. L'arancio del cielo.

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Luglio.

Aspetto, con l'ansia che mi invade, tamburellando con le dita sul bancone della cucina, mentre in viva-voce, il silenzio riempie il vuoto. Aspetto, cinque dannate persone, cinque storie diverse dalla mia, storie che questa sera, come per tutte le volte in cui parlo con lei, non assomigliano alla mia. Il telefono si illumina, un messaggio di Cesare che mi avvisa che farà tardi e questo mi solleva un po', sono settimane che devo abbandonare la prenotazione, far finta di fare altro mentre invece ho solo bisogno di parlare con lei, di sentire la sua voce, perché le sue parole, quelle scritte che ha dedicato solo a me non bastano più. Rispondo distrattamente mentre lei dice qualcosa, mentre la sua voce si fa doppia e capisco che in realtà sta parlando con me.

"Dovresti non so spegnere l'audio del computer" dice piano e non so nemmeno se prima di quella frase abbia detto qualcosa ‹‹ah sì, scusa›› dico mutando l'audio del dispositivo.

"Tranquillo, benvenuto su RadioLuna, chi sei? Dicci un po' qualcosa su di te?" mi dà il tempo di respirare, di recuperare le idee, che in questo momento sono solo come un gomitolo di lana.

‹‹Nelson›› dico piano, come se al sol sentire il mio nome lei mi riconoscesse "Ciao, questo nome particolare l'ho già sentito" la sento ridere, allontanare qualcosa da microfono "quindi Nelsi di cosa parliamo in questa calda notte d'estate?"

‹‹Ho bisogno di un consiglio›› inizio col dire, butto fuori un po' della storia, del retroscena, forse per farle capire tutto, forse per rendermi conto di quello che sto dicendo io ‹‹e quindi nulla, cosa faccio? Sono mesi, giorni che aspetto, con l'ansia, cioè perché se mi volevi chiedere questa cosa non l'hai fatto?›› sbotto alla fine e sembra quasi che io abbia monopolizzato tutto, lei non ha parlato, alle volte rideva piano, o sorrideva e si sentiva anche se non potevo vederla, lasciandomi tutto lo spazio di cui avevo bisogno "sai Nels, questa storia mi ricorda qualcosa, una conversazione avvenuta un po' di tempo fa"  fa una piccola pausa "dirò le stesse cose, o almeno cercherò di dire qualcosa che forse è la stessa cosa" mette su una musica, un po' chill, come per creare l'atmosfera, come fa ultimamente "nella vita succedono tante cose, cose che per qualche motivo ti conducono per una strada, per un sentiero diverso da quello che magari ti eri proposto di perseguire. Quindi sai o affronti la strada che ti si è parata davanti o aspetti e percorri il sentiero con calma. Non credo lui abbia cambiato idea, non credo che dopo tutto quello che ha fatto per te abbia semplicemente deciso di mollare l'idea, semplicemente stai al suo gioco, rilassati e goditi il cammino, segui la corrente" finisce per dire, facendo una pausa "lui ti ama, di questo ne sono certa" dice alla fine e non so come lei possa dirlo, pensarlo, ma è come se lei sapesse chi sia Cesare, chi sia io, cosa siamo noi.

‹‹Scusami per aver tolto tempo agli altri›› riesco solo a dire mentre lei continua a parlare, fa piccole pause, legge un po' la chat, lasciandomi in attesa lì, con lei, come se mi stesse dando il tempo per ricompormi ‹‹grazie per le parole›› riesco solo a dire mentre delle note familiari riempiono l'aria "sai ho come la sensazione che questa sera tu abbia bisogno di una canzone romantica" dice mentre quelle dannate note vengono suonate piano "quindi come ho fatto mesi fa ecco a te divano per due dei rovere" dice piano "è stato un piacere Nelson" dice alla fine staccando la chiamata, alzando i volume della musica lasciandomi da solo con i miei dannati pensieri.

Due settimane dalla mancata proposta.

Entro in studio, il freddo che mi accompagna ad ogni mio passo, accantono le cuffie riponendole nella tasca dei jeans mentre i ragazzi, tutti sui divani, sono intenti a parlare di qualcosa. Mi sposto tra di loro, entro in cucina, abbandono le mie cose, tutto pur di non fissarlo, tutto pur di non fissarmi sui miei pensieri.

riptide || celsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora