I. we fell in love in october

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7 ottobre 2018.
📍Sochi, Russia.

We fell in love in October
That's why I love fall

Litzie litigò per l'ennesima volta con il badge, che non aveva alcuna voglia di attivarsi. Doveva andare, era in un fottuto ritardo, sentiva le urla di Trevor già nella sua testa. Il freddo non aiutava di certo, la Russia non era rinomata per il caldo e il cappotto della squadra la copriva bene, tranne le mani.
"Cazzo, ti giuro" imprecò in italiano, sbuffando ancora una volta, lasciando la frase a metà. Ne era sicura, se non avesse funzionato ancora una volta, se lo sarebbe strappato di dosso e avrebbe scavalcato le transenne.
Il telefono di lavoro squillava nella tasca posteriore dei jeans, la suoneria personalizzata le ricordò di chi si trattasse. A quel punto avrebbe urlato dall'esasperazione.
"Need any help?", la voce. La riconobbe subito. Lando sorridente la guardava da qualche centimetro più in alto, di certo non potevano dire di essere dei spilungoni. Riuscivano a difendersi bene in ogni caso, ma mancavano le spanne per intimorire le persone in modo efficiente.
"Sì, il mio badge non ha voglia di funzionare. Trevor mi sta già cercando al telefono, mi manda a casa in tempo zero", gesticolò enfatizzando quello che diceva. Si vedeva lontano kilometri che era italiana. Tutti si erano chiesti perché avesse scelto la Carling Motorsport, anziché, ad esempio la PREMA o la Ferrari stessa.
'Il patriottismo era una cosa. L'esperienza era un'altra', aveva sempre risposto. D'altronde fare i tirocini come PR sarebbero serviti, non importava quale fosse la Nazione. Mancava poco più un anno e mezzo e quello sarebbe effettivamente il suo lavoro, doveva solo rigare dritto e non combinare casini; la conta era già partita e il numero tre era ben impresso nella sua mente. Trevor non teneva effettivamente la conta ma sperava che la ragazza gli aiutasse a tenere un profilo decoroso, non a rovinare ogni cosa.
"Vieni, entra con me", il ragazzo le fece segno con la testa di seguirlo e lei non obbiettò in alcun modo.
Lando era il pilota in Formula due del team, sarebbero dovuti andare entrambi nella stessa direzione, ma la ragazza era in ritardo. Lui no. Camminarono in silenzio per tutto il tragitto, non avevano mai avuto modo di parlare, lei era affidata a Trevor e non ai piloti, perciò le occasioni di potersi incontrare erano ben poche. Gli orari erano diversi e quando lei era in giro, lui stava in macchina. Lando si girò guardando se lo stesse seguendo. Era piccola dentro quel cappotto blu, uguale ai suoi occhi. Quelli li aveva visti benissimo, non ne aveva visti simili, mai nella sua vita. Sorrise tra sé e sé, si faceva talmente tanti castelli mentali che già si immaginava loro due a mano presa, correndo per il paddock cercando di seminare i giornalisti per trovare un posto tranquillo in cui baciarsi. Scosse la testa, doveva concentrarsi per la gara.
Lei era troppo immersa nei sui pensieri per rendersi conto che Lando si era fermato davanti a lei già da qualche istante prima, per poco non lo prese in pieno mentre camminava ancora a passo spedito. Il telefono che aveva in mano le era quasi scivolato dalle mani.
"Scusa. Grazie per avermi fatto entrare, mi farò sdebitare in qualche modo", le sorrise con fare gentile. Una folata di freddo le fece serrare gli occhi, non era per nulla abituata a quel tempo. Le mancava il mare e il sole, che si immergeva ogni giorno alla sera con un fare strabiliante. Aveva nostalgia di casa ma doveva tenere duro, altri due mesi scarsi e avrebbe passato il natale con la mamma e zia Pheobe, come amarla chiamarla.
Lando la guardò annuendo piano, "certo, allora aspetto. Ci conto sai!", si allontanò piano.
Qualche attimo dopo Trevor stava già straparlando su quello che c'era da fare.
~
Stare dietro a Trevor era sempre stata un'impresa eroica, non faceva altro che andare da una parte all'altra del box, il muretto poi si tornava ai box. Le macchine dovevano essere perfette, così come anche i dipendenti. Litzie non faceva altro che seguirlo da una parte all'altra, lasciando che il telefono registrasse e che, durante le interviste, filasse tutto liscio.
La vittoria aveva fatto eccitare tutti nel team, anche lei. Vincere piaceva a tutti e la doccia di champagne non mancò. Per sua fortuna era stata risparmiata dalle azioni dell'inglese, come al solito aveva saltato con la bottiglia in mano facendolo esplodere ovunque, euforico. L'aveva visto ridere felice mentre spruzzava qua e là l'alcolico, senza berne neanche un goccio. Sicuramente gli faceva schifo, lei avrebbe pregato per provare un po' di quel liquido, troppo costoso per poterlo anche solo guardare. Aveva festeggiato con il team e poi era tornata alle sua mansioni, senza notare che lo sguardo leggero di Lando la scrutava. L'aveva vista mentre rideva insieme ai colleghi sotto il podio, avrebbe voluta bagnarla ma lei si era allontanata, preservando i sui vestiti dallo champagne. Poi l'aveva vista allontanarsi insieme a Trevor per facende di lavoro. La baldoria era finita.
La testa le pulsava, quasi fosse una cassa da rave illegale. Chiuse gli occhi per qualche attimo, non poteva essere solo il lavoro, era anche il tempo. Dopo la gara di F2 aveva iniziato a piovere peggiorando l'umore e la testa della ragazza. Sbuffò dal dolore, ovviamente si era dimenticata le medicine in hotel, non le avrebbe viste prima di qualche ora quindi avrebbe dovuto resistere. Facendosi forza si alzò dalla sedia in cui si era appoggiata per qualche istante, aprire gli occhi sembrava la parte peggiore, però, come al solito, non aveva dato ascolto a Giorgia, gli occhiali li aveva lasciati a casa. 'Tanto non mi servono' aveva detto poco prima di chiudersi la porta alle spalle.
Ora che ci pensava, non sentiva Giorgia dalla mattina. Recuperò il suo telefono, qualche chiamata persa dalla madre e milioni di messaggi da parte dell'amica. Recitavano più o meno tutti la stessa cosa, l'aveva vista in tv, affianco di quel gran gnocco, come diceva la più piccola.
Quando le aveva annunciato che sarebbe partita alla volta dell'Inghilterra per il Motorsport, Giorgia, era saltata giù dalla sedia. Quella passione le aveva sempre unite e sapere che lei era riuscita a realizzare il suo sogno le faceva emozionare entrambe.
Le lasciò un messaggio vocale veloce e poi riportò il telefono nella tasca dei jeans, le interviste ai team principal sarebbero iniziate in pochi minuti, la pausa era finita.
"Pronta?", se lo trovò davanti quasi come se avesse capito che si fosse alzata. Annuì stanca e poi seguì il suo capo per il paddock con il telefono teso verso di lui. Parlava a ruota libera sapendo che il registratore era stato attivato e si fermò poco prima di arrivare nell'area riservata alle interviste. Litzie si guardò in una finestra poco distante da lei, i capelli erano ancora perfettamente legati in una coda e il correttore sembrava coprire le chiazze scure sotto gli occhi, ancora alla perfezione. Sorrise alla giornalista davanti a lei, Trevor si posizionò davanti alla telecamera e lei, poco distante da lui, si assicurò  che nulla di strano uscisse dalle labbra del più grande.
"Gara combattuta, sino all'ultimo. Lando è stato un grande a tenere testa a Russell. Questa vittoria ci ha aiutato ad arrivare a pochi punti di distacco della PREMA, soprattutto nel campionato costruttori. Se riusciamo a tenere questo passo sono sicuro che vinceremo almeno il campionato piloti", Trevor sorrise alla telecamera e dopo aver capito di aver finito l'intervista andò via dalla postazione. Litzie gli camminò dietro staccando per quel giorno le registrazioni, una volta in hotel avrebbe dovuto ascoltarle tutte e fare il report, per poi mandarlo via mail a Trevor.
Capendo di aver finito il suo lavoro lì, salutò l'uomo e cercò nel suo telefono personale il numero del taxi che l'aveva portata al circuito la mattina.
"Non riesci ad uscire?"
"No, ma stavi per farmi rompere il telefono", sulle labbra di Litzie si dipinse un sorriso storto. Solo a quel punto Lando capì che si sarebbe preso una mazzata sui denti così si scusò velocemente.
"Vuoi un passaggio? Stai andando all'hotel, no?", la vide annuire piano. Si vedeva che era stanca, gli occhi a malapena sembravano rimanere aperti e la parlantina con i gesti erano magicamente cessati.
"Prendo la borsa e arrivo", scomparve dentro il garage e raccattò la sua roba in un batter d'occhio. Sapeva di aver dimenticato qualcosa, così passò una seconda volta prendendo appena in tempo il caricabatterie e i fogli in cui tutta la mattina stava lavorando, non sarebbe andata a letto prima dell'una ne era più che sicura.
Lando era ancora fermo dove l'aveva lasciato, aveva preso a giocare al telefono nel mentre.
"Ti ho fatto perdere tempo prezioso?", domandò lei con leggerezza. Era ovvio che non l'avesse fatto ma le piaceva vedere il ragazzo vacillare per un attimo alla ricerca una risposta adeguata, che non trovò. Negò con la testa e basta mentre indirettamente le diceva di seguirlo. Benché non avessero mai parlato, Litzie era una brava osservatrice e non si era fatta scappare la riservatezza del ragazzo in diverse occasioni. Le era capitato di dover lavorare a delle sue interviste prima che venissero pubblicate, era riservato e per nulla adatto a stare sotto i riflettori. Cosa strana per i piloti, di solito amavano la fama, qualunque dramma andava bene per farsi della pubblicità.
"Quindi hai pensato a come farti sdebitare?", la prese in contropiede mentre camminavano per arrivare al parcheggio. Litzie ci pensò un attimo facendo una faccia che lo fece ridere. Era così genuina, si disse tra sé, continuando a guardarla.
Litzie alzò il dito, "una cena. Non sono ricca, non aspettarti caviale, Norris. Stiamo all'hotel?", propose poi.
Lando rise, "se ti interessa non amo il pesce, anzi. Comunque va bene, devi essere stanca. Correre per un'ora e più in una monoposto e stancante", fece l'occhiolino.
Lei alzò gli occhi al cielo con fare esasperato, "bhe, stare dietro a Trevor e più o meno lo stesso. Devo lavorare dopo cena, mi dispiace per te". Lando alzò le spalle mentre se la rideva, sapeva essere schietta quando voleva.
Il suo cervello aveva appena iniziato a fare altri castelli in aria, che vennero fermati dalla voce quasi seccata di Jon.
"Colpa mia...", Litzie lasciò la frase a metà, si era accorta di non sapere il nome del ragazzo che stava aspettando vicino alla macchina.
"Jon, piacere.", Jon allungò una mano verso la ragazza.
"Jon, Litzie piacere", si presentò con il soprannome. Dire il suo nome in Italiano era un'impresa colossale per gli stranieri, così si era trovata a doversi dare un nomignolo. Litzie sembrava essere il più efficace, Elisabeth era troppo lungo.
Lando guardò i due, nella sua testa si accavallavano momenti vita quotidiana. Che diavolo gli stava succedendo, l'aveva appena conosciuta e già fantasticava? Si passò una mano sugli occhi e aprì la portina posteriore per far sedere la ragazza, che gli sorrise per ringraziarlo. Una volta tutti in macchina la conversazione continuò su argomenti banali, ogni tanto ascoltavano la musica che passava alla radio, impostata sul volume basso.
Una volta arrivati in hotel si diedero dieci minuti per potersi cambiare in abiti civili e rinfrescarsi dalla giornata intensa che avevano avuto entrambi, dandosi poi appuntamento nella hall. Litzie era in ritardo, cosa non rara dato che anche quella mattina aveva fatto ritardo. Si chiuse la porta della camera alle spalle una volta  essersi assicurata di aver preso la chiave magnetica, se la infilò nei pantaloni mentre correva verso l'ascensore.
"Sono qua, scusa il ritardo", gli sorrise.
Si era lasciata i capelli sciolti, lasciandoli liberi di andare un po' dove volevano. Erano lisci ma erano lunghi, si impigliavano un po' ovunque e finivano per sporcarsi troppo in fretta.
Lando le sorrise, "tranquilla, sono appena arrivato", era fresco di doccia. Si era stupito anche lui della velocità con cui l'aveva fatta, era troppo euforico. Lasciò che fosse lei a camminare davanti a lui e a trovare il tavolo adatto. Non presero qualcosa di elaborato, lei aveva troppo freddo per pensare di prendere un'insalata così aveva chiesto una vellutata di zucca, mentre lui aveva optato per un'insalata e una fettina di pollo.
"Devi restare in forma, giusto", parlò lei facendolo ridacchiare. Lei non l'aveva mai dato particolarmente attenzione all'alimentazione, aveva sempre mangiato ciò che più le piaceva, il suo metabolismo sembrava aiutarla e lei non si era mai lamentata.
"Raccontami un po' di te, Litzie", Lando alzò una mano indicandola. Voleva sapere.
Litzie si sistemò sulla sedia, non sapeva nemmeno perché.
"Per prima cosa mi chiamo Elisabetta, ma voi siete troppo difficili per poterlo pronunciare correttamente, così, ho dovuto trovare un sostituto al mio nome italiano. Vivo da sola, vicino Londra, il team mi ha dato una sistemazione sino a quando finisco il tirocinio. Mentre in Italia vivo con mia madre e mia zia, ho una migliore amica, si chiama Giorgia. Mi piace il motorsport e il calcio. - prese fiato, versandosi un po' d'acqua. - E tu, Lando, chi sei?", le domandò divertita.
"Sono Lando, il mio nome è più semplice del tuo. Non è associato a Star Wars, spero non ti abbia deluso. Abito con un amico, si chiama Sacha. Ho due sorelle e un fratello. Mia madre è belga, quindi questo mi rende belga a metà. Il mio idolo è Valentino Rossi, vorrei incontrarlo, magari mi aiuti con l'italiano."
"Sei stato fortunato, non ho mai visto Star Wars e ti aiuterò sicuramente con l'italiano", lo rassicurò.
Il resto della cena continuò tranquillo, avevano scherzato, si erano raccontati altri aneddoti sulle loro vite. Alla fine Lando non aveva resistito e si era fatto mettere la cena nel suo conto.
"Sono io che ho disturbato te, non il contrario", la ragazza lo guardò mentre si allontanavano, ormai pieni, dal ristorante.
"Potresti disturbarmi per il resto della mia vita, non mi daresti fastidio ugualmente", Lando si avvicinò pericolosamente a Litzie. Sapevano entrambi cosa stava per succedere, la pancia di entrambi sembrava essersi svuotata improvvisamente. Erano vicinissimi, i respiri si mescolavano fra loro, i fuochi stavano per scoppiare.
"Pronto!", la magia era finita. Il telefono della ragazza aveva preso a squillare. Lando ritornò con i piedi per terra, imprecando per non averlo fatto prima.

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