XI. All I Want

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16 agosto 2020
📍 Isola di Bandos, Maldive

All I want is nothing more
To hear you knocking at my door'
Cause if I could see your face once more
I could die a happy man I'm sure
But if you loved me
Why'd you leave me?

[...]

All I want is
And all I need is
To find somebody
I'll find somebody
Like you, oh, oh

Continuarono a nuotare tranquilli poco lontano dalla riva, in una spiaggia splendida delle Maldive. Avevano deciso di andare in vacanza per qualche giorno con la speranza di recuperare un po' di tempo perso. Dopo Imola non si erano potuti vedere molto. Entrambi erano impegnati con il lavoro e sicuramente la pandemia, che ancora continuava a divagarsi per il mondo, non aveva avuto intenzione di finire. Lando guardò litzie poco lontana da lui, la pelle era un colore rossastro segno che si fosse bruciata e le guance erano della stessa tonalità. 

"Perché mi guardi così", Litzie si arpionò al ragazzo facendolo sussultare un attimo. Le tolse una ciocca che ricadeva sul viso lasciandole un bacio poco dopo. 
"Nulla, sei bellissima. Non ti posso guardare?", continuava a baciarle il viso facendola ridere.
"Lando smettila, ho paura di affogare", urlò lei. Benché sapesse nuotare aveva sempre avuto paura di andare troppo al largo non sentendo più la sabbia sotto i piedi. Ricordava ancora quando da piccola l'avevano presa per i capelli, salvandola da un'onda piuttosto alta per la sua statura.
"Non muori, non lo permetterei".
Litzie annuì con un sorrisino sulle labbra facendolo scoppiare a ridere, in poco tempo avevano iniziato nuovamente a stuzzicarsi a vicenda, rischiando di farsi anche male. 

"Pensi mai al futuro", orami erano stesi sulle sdraio a riva riparati da un ombrellone fatto di foglie di palma. Avevano mangiato in riva, senza abbondare troppo perché non volevano stare troppo fuori dall'acqua. Lando aveva allungato una mano verso il corpo di litzie disegnando con la mano di cerchi immaginari sulla pancia piatta. Lando alzò la testa, il tanto per vedere il viso della ragazza completamente serio.
"Quanto è lontano questo futuro?", da quando aveva iniziato a correre in formula uno si era detto di non pensare tanto al futuro. Quando saliva sulla macchina non sapeva mai cosa sarebbe capitato così aveva deciso di pensarci il meno possibile.
"Oh, beh non saprei. Intendo noi, come futuro", si girò a guardarlo. Ormai le loro mani erano unite a penzoloni sulla sabbia calda sotto di loro.
"Certo che ci penso. Penso a noi due su un altare a dirci si per il resto dei nostri giorni. Tu che mi consoli dopo una qualifica o gara andata male. Io che cerco di distrarti dal lavoro da casa perché non ho niente da fare. Tu seduta in giardino a bere una birra e guardare il tramonto, mentre io di fianco a te gioco con nostro figlio alla lotta, rischiando di fargli male sul serio. Tu che esulti appena finita una gara anche se sono arrivato ultimo perché per te sono sempre il vincitore. Io che ti consolo dopo una giornata di merda a lavoro. Penso spesso a quello che potremo diventare, perché so che qualunque sia la scelta che prenderemo, proveremo a cercare un punto d'incontro per entrambi. Tutto quello che voglio e sapere che tu mi starai affianco finché vorrai", le lasciò un bacio sulla mano prima di alzarsi e andare verso di lei. Litzie, aveva ascoltato ogni singola parola ad occhi chiusi trattenendo a stento un pianto che sapeva che sarebbe arrivato a breve. Era quello che sperava di sentirsi dire una volta posta quella domanda.
"Perché piangi? Ho detto qualcosa di sbagliato?", Litzie scosse la testa. Si alzò qualche istante dopo abbracciando Lando, "No, no. Nulla di sbagliato. È che con tutto quello che è successo in questo periodo avevo bisogno di una certezza e tu alla fine me l'hai data. So che abbiamo passato tante, ci siamo persi poi ritrovati e tutto sta andando per il verso giusto e sono super felice di questo, non sai quanto", continuò a piangere nascondendo il viso nel petto del ragazzo. 3ando stupito le baciò il capo dicendole che sarebbe andato tutto bene.
"Hey, guardami", piano le alzò il viso, "so che non è stato un momento bellissimo per entrambi. Io ho fatto una cazzata ma tu mi hai perdonato e non puoi capire quanto io sia felice per questo. Sai che non credo molto nel destino ma questo. Tutto questo è stata la cosa più bella che il destino mi abbia riservato nella vita. Ho sempre amato correre, lo facevo per me stesso per liberarmi, per sentirmi uno spirito completamente libero da ogni preoccupazione. Poi ti ho conosciuto, ho iniziato a correre per te, mi aspettavi ad ogni fine gara felice come se fossi arrivato a podio, festeggiavi qualsiasi traguardo io abbia raggiunto, e ho continuato a farlo perché ho amato vederti felice. Poi tu sei andata via e ho perso completamente il senno. La prima volta che sono salito su una monoposto no ho fatto altro che pensare a te e ho rischiato di fermare la macchina alla prima curva per un attacco di panico. Non riuscivo più a correre Litzie, schiacciavo l'acceleratore con la paura di tornare a casa una volta finito. Ho pianto giorni rifiutandomi di alzarmi dal letto perché non riuscivo a perdonarti di averti ferito così tanto da quasi farmi del male da solo. Poi è iniziata la stagione, ero senza di te, mi giravo da ogni parte alla ricerca del tuo viso, nella speranza di trovarti lì a farmi il pollice in alto dicendomi che andava tutto bene, che una volta in hotel ci saremo rilassati a modo nostro, lasciando qualsiasi cosa fuori. C'è stato il podio alla prima gara, la prima cosa che ho pensato sei stata tu, tu con quel sorriso che non ti avrebbe tolto nessuno per almeno una settimana. E alla fine l'ho dedicato a te, quel podio, quel premio sono tuoi. Poi la stagione è continuata, ad ogni fine settimana ti cercavo tra la gente nella speranza di vederti comparire da un momento all'altro. La stagione è finita e con quella ho detto addio anche a Carlos nella squadra, la cosa più brutta era sapere che non ci saresti stata più nemmeno tu, in un anno ho perso due delle persone più importanti e non riuscivo a farmene una ragione. Così ho seguito Oliver e Savannah a Dubai. Ho staccato completamente la spina e mi sono lasciato andare, non so nemmeno come io sia riuscito ad ubriacarmi e anche in quei momenti non smettevo un attimo di chiedere di te, mi hanno riportato in camera che piangevo come un disperato. Ho dormito per un giorno intero, Oliver pensava fossi morto ma Max l'aveva convinto che avessi solo bisogno di riposare. Poi è arrivato il virus. Jon per poco non veniva ad ammazzarmi come anche il capo o charlotte. Lì ho capito di dovermi mettere in sesto, sono guarito e sono tornato subito in Inghilterra. Ho iniziato a pensare alla nuova stagione, ero completamente focalizzato su quello che non mi ero dato del tempo per pensare a qualcos'altro. Le gare sono iniziate poi è arrivata Imola. Appena ti ho vista li, in piedi, ho pensato di avere delle visioni. Ma eri reale, sei tornata da me e ora non posso perderti un'altra volta. Quindi sì, penso al nostro futuro e tutto quello che vedo è un anello al tuo  dito sinistro con il mio nome inciso", Lando le lasciò una bacio. Il sole stava iniziando a calare ma loro non sembravano intenzionati a volersi muovere da lì, il venticello fresco che era mancato tutta la giornata rendeva ormai piacevole stare sotto i pochi raggi rimasti e stare aggrovigliati, con le gambe incrociate e abbracciati l'uno all'altra non dava più così fastidio.
"Ti stai dichiarando? Mi stai chiedendo di sposarti, ora. In questo momento?", Litzie sorrise raggiante. Di certo non avrebbe detto di no a quella proposta ma sapeva che non era ancora arrivato il momento, certo si sentiva pronta ma sapeva che Lando non gliel'avrebbe chiesto così.
"Dio no. Non voglio per niente chiedertelo così. sai che lo farò, sai che ci sto pensando ma non è ancora arrivato il momento", le baciò la guancia. 
"Anche perché direi di sì. Lo sai vero?", Lando annuì piano.
"Certo che lo so, ma non è ancora arrivato il momento. Ti assicuro che arriverà, più prima che poi".

"Sai vero che dobbiamo tornare in camera?", Lando parlò nuovamente facendola ridere. Litzie annuì cercando invano di alzarsi dalla sdraio, Lando la bloccava tenendola ferma. Le braccia del più grande erano avvolte all'altezza del ventre di lei, coprendola come se fosse una coperta.
"Lando", urlò litzie appena iniziò a sentire solleticarsi, "basta, ti prego. Andiamo dentro", gli lasciò un bacio sul mento nella speranza che smettesse quella dolce tortura.
Loro erano così, passavano dal piangere al ridere in meno di quanto una monoposto posse raggiungere i cento kilometri orari. Molte volte si erano chiesti se fosse una cosa normale, poi Carlos li aveva rassicurati, erano sempre stati così, erano stati fortunati a trovare l'anima gemella in l'un l'altro.
Lando la sollevò portandola in camera in braccio, Litzie aveva appoggiato la pesta sulla spalla lasciandogli un bacio sul collo, che lo fece rabbrividire sino alla punta dei capelli. 

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