IV. Numb

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27 marzo 2020
📍Woking, Inghilterra.

So infected with your bad blood, bad blood
Keep on running 'til it blows up, blows up
All I wanted was a real love
But I feel numb

Lavorare, era l'unica cosa che faceva ormai da giorni. Si fermava per mangiare e poi cominciava nuovamente, come se fosse un robot, si Era detta che se avesse fatto sarebbe andata meglio ma non faceva altro che peggiorare.
Si alzò dalla poltrona e prese a camminare per la stanza, mille pensieri le si accavallavano nella mente facendole venire il mal di testa. Stava bene, mangiava, o aveva continuato a vivere come se niente fosse successo? Mille domande senza una risposta contreta.
Aveva staccato il telefono, era spento, appoggiato da qualche parte in cucina, ne era sicura, una volta acceso sarebbe esploso quindi meglio lasciarlo così per il momento. Chi avrebbe dovuto cercarla sapeva come fare quindi non si preoccupò più di tanto. Mentre continuava a girare per la stanza l'ennesima chiamata di lavoro arrivò, così tornò seduta, concentrandosi un attimo su ciò che doveva fare. Il capo sembrava messo peggio di lei, le aveva detto in meno di un minuti otto cose diverse a cui lavorare, "ok, si fermi. Respiri un attimo e mi dica per ordine ciò che devo seguire. Abbiamo tutto il tempo che vuole, non vado da nessuna parte", rise sarcastica. Carlo parlò a ruota libera aspettando che Litzie scrivesse tutto dell'agenda davanti a lei. Era entrata da dopo a far parte dell'azienda ma sembrava che per Carlo fosse stata una manna dal cielo averla con lui a lavoro.
"Con la signora Betti ci parlerò nel pomeriggio, mentre per la questione della merce vedo di contattare il corriere. Capisco che in questo momento è un macello ma vedo come far velocizzare l'arrivo della merce, va bene?", parlò calma. Guardare qualcuno negli occhi termiche una videocamera era difficile così semplicemente guardò lo schermo dove, in maniera sgranate appariva la faccia pienotta del suo datore di lavoro.
Lo vide annuire prima di salutarla e chiudere la conversazione, "grazie, per qualunque cosa chiama", disse ancora una volta. Litzie annuì ringraziandolo a sua volta.
Il tintinnio della tastiera continuò per tutta la mattinata, aveva mangiato qualcosa mentre, distratta, parlava con Giorgia in videochiamata.
"Devo lavorare il doppio, almeno prima andavo in azienda e facevo quelle ore, invece ora, non ho orari in cui finire quindi sembro una pazza. Il capo è messo peggio di me, oggi mi ha chiamato disperato", parlò Litzie, mise in bocca un altro boccone di pasta e si stupì di come avesse fatto a scuocerla, "Non so nemmeno perché continuo a mangiarla se fa schifo", disse ancora disgustata. Aveva fatto pasta per quel giorno ma, Carlos, non essendo italiano, non aveva mai pensato l'utilità di comprare una pentola alta per poterci cuocere qualcosa, così si era dovuta arrangiare con il bolli latte, alla fine aveva trovato più acqua sul piano cottura che dentro il pentolino.
"Non hai altro in casa? Io devo andare da tua madre, le dovrò fare una statua, povera".
"Ma và, è felice di aiutare e poi oltre a pulire non può fare altro, almeno la distrai. Come sta? L'ho sentita al telefono ieri notte ma non sembrava molto in forma".
Tutta quella situazione era nuova per chiunque, insomma, nessuno si sarebbe aspettato che con l'anno nuovo arrivasse una pandemia. Anna aveva fatto i conti con il fatto che Litzie sarebbe rimasta bloccata in Inghilterra e non le giovava più di tanto, sapere la propria figlia lontana e, con quello che era successo, la metteva ancora di più il cattivo umore.
"Tua zia la sta distraendo, ora hanno cominciato un corso di yoga, o qualcosa del genere. Hanno spostato i mobili del soggiorno, non so se hai visto", Litzie annuì. Quando aveva visto i divani messi sul muro e i tavolini spariti si era chiesta se fossero entrati i ladri, poi Anna l'aveva tranquillizzata, aveva solo deciso di tenere il corpo in movimento anche stando a casa.
"Le ho detto che poteva usare la mia cyclette ma non mi ha voluto dare retta, ormai fa il saluto al sole e anche alla luna", rise alla sua stessa battuta. Vedere Anna sulla cyclette sarebbe stato un sogno ma le bastava che non si rattristasse troppo.
"Ora veniamo a te, mia cara", Giorgia indicò lo schermo facendo alzare gli occhi alla più grande, che mugugniò. Sapeva già dove sarebbe andata a parare ma era pronta, forse.
"Da quello che so, non sta facendo molto oltre seguire gli allenamenti di Jon. Siamo sicuri che, quello che è successo ad Austin, sia tutto vero? Te lo dico col cuore, amo, non è successo niente se non un bacio. Vuoi davvero farlo penare così tanto. Quel weekend avete rischiato pure di lasciarvi", concluse Giorgia.
Era vero, non credeva davvero che Lando avesse fatto qualcosa oltre al bacio, ma aveva avuto così tante occasioni per dirle di aver fatto una cazzata che era proprio per quello che si era arrabbiata.
"Lo sai che non è il bacio in sé. Ha avuto milioni di momenti in cui poteva dirmelo, sarei andata sino in America per ammazzare quella tipa ma sarebbe finito lì. Quello che mi da fastidio è che non mi ha detto nulla, lo sai come sono fatta. Certo che mi rode anche per il bacio, ma la sincerità è la prima cosa", guardò lo schermo delusa, "e poi se avessimo litigato ancora si sarebbe trovato un'altra? Non ha senso quello che ha fatto. Nessuno sa cosa sia successo davvero quella sera e poi in Australia mi sono trovata la sorpresa", non sapeva per cosa essere più incazzata. Il non aver saputo niente prima o che nessuno davvero sapesse qualcosa, era impossibile. Jon gli stava dietro come un cagnolino e quella sera sembrava esserci anche qualcun'altro, ma non sapeva chi.
"Vabbè, avete chiuso, no? Cioè tu hai ancora tutta la roba da lui, il che prevede che vi rivediate. Se non chiarirete vuol dire che è finita", continuò Giorgia, lei ancora non credeva al fatto che Lando avesse davvero fatto qualcosa.
Si erano incontrati poche volte, ma quanto serviva per sapere che ci sarebbe stato, quindi, gli aveva sempre dato il beneficio del dubbio.
"Io so che stai dalla sua parte ma mettiti nei miei panni. Siamo accerchiati dalla stampa, qualunque passo falso sarà riportato su internet. Non posso far esplodere questa bomba anche se volessi, ma lo amo. Lo amo tanto Gio, ma mi ha ferito. Oggi è stata la prima volta che ho dormito decentemente dopo quello che é successo".
"Va bene ti lascio in pace, però sappi che sono qua, va bene? Chiama anche in piena notte, se fossi stata qua dormiremo insieme ma stai lì cazzo, maledetto virus. Ti voglio bene, ora vado a studiare", si salutarono ancora una volta poi tornarono alle loro faccende.
Una volta messo in ordine in cucina e aver pensato a lungo ciò che volesse dire Giorgia, Litzie si rimise a lavoro. Forse sarebbe riuscita a capire perché il carico di stoffe non era ancora arrivato e si malediceva ogni volta che, il numero che continuava a chiamare, partisse la segreteria.
"Salve, sì, sono sempre io. Elisabetta Armandi, chiamo per conto dell'azienda di proprietà del signor David. Siamo più di una settimana che aspettiamo il carico e nessuno ci ha chiamato per avvertirci di un ritardo nella consegna. Le sarei grata se rispondesse", disse per l'ennesima staccando poi il telefono di lavoro.
Erano solo le cinque del pomeriggio ma sarebbe di gran lunga andata a dormire più che volentieri.
Mandò delle mail e poi decise che sarebbe bastato per quel giorno, avrebbe ripreso l'indomani.
Con un po' di coraggio decise di prendere il telefono privato e accenderlo, non sapeva cosa aspettarsi, ma forse era la scelta giusta. Inserì il codice e aspettò qualche attimo prima di guardare la marea di notifiche.
Qualche vecchio messaggio di Lando non letto la fece rabbrividire, 'ti amo' con il cuore rosso accanto appariva nella sua barra delle notifiche, fece scorrere il dito eliminandola senza aprire il messaggio. Avrebbe dovuto archiviare la chat lasciando i messaggi non letti. Poi passò ai social, Twitter e Instagram erano stati presi d'assalto, ora capiva come si dovesse sentire una persona famosa, guardò velocemente tutto e poi chiuse, avrebbe chiamato Isa e Carlos, poi avrebbe deciso che fare.
La sua faccia appariva nello schermo, era segnata da delle occhiaie enormi ed era dimagrita, il viso era molto più fine.
"Cosa ti è successo?", la prima cosa che disse Carlos la fece ridere.
"È così che mi saluti, avrei dovuto lasciare il telefono spento ancora, così non ti saresti spaventato".
"Non sei divertente, ma mi fa piacere che hai acceso il telefono. Come sta andando lì?", chiese Carlos mentre si metteva bene sul divano, si erano scritti tramite mail in quei giorni, Dio solo sapeva perché non avesse deciso di dargli il numero del telefono aziendale.
"Normale, oltre al fatto che non hai una pentola in cui posso cucinare della pasta, oggi ho fatto un casino. Quando vieni in Italia te la regalo", scherzò lei.
"Lascio la McLaren per la Ferrari".
Litzie si dovette tenere al tavolo per non cadere dalla sedia, "cosa cazzo stai dicendo? E Lando lo sa?", parlò senza pensare.
Guardò scioccata il ragazzo nello schermo, non poteva cambiare squadra, cosa era successo per portare Carlos ad andarsene dalla McLaren ancora prima che iniziasse la nuova stagione di campionato? Certo, da italiana era orgogliosa che lo spagnolo si vestisse di rosso ma quello stava a significare che lui e Lando avrebbero preso due strade diverse.
I suoi pensieri già correvano a Lando, cosa sarebbe successo appena l'avesse saputo? Anche solo immaginare Lando lontano da Carlos le faceva strano. 
Carlos la guardò storto, "Sei la seconda a saperlo dopo Isa, lui non lo sa. Glielo dirò stasera quando lo chiamo. La notizia uscirà a fine aprile, quindi devi stare muta".
"Certo che sto muta, con chi dovrei parlare scusa? Anzi avevo intenzione anche di disattivare i profili social e farne altri privati, non mi va di vedere le nostre foto ovunque", parlò piano. Aveva aperto per due minuti instagram e quasi le veniva un attacco di ansia a vedere tutte quelle foto di loro due insieme.
Il suo profilo sembrava essere invaso da milioni di ragazzine in preda al panico che si fossero lasciati, le ricordava un po' l'addio di Zayn dagli One Direction. Sorrise a quel pensiero. Le foto di loro due al mare, la loro prima foto sui social, quelle scattate dai paparazzi mentre passegiavano per Londra, tutti sembravano ricordarle cosa aveva perso. Ma ormai era andata così, nulla poteva cambiare.
"I fan impazziranno, lo sai. Ma va bene, poi dimmelo che sei tu che ti seguo. Se lo tieni privato nessuno saprà che sei tu".
Era l'opzione migliore, bloccare quel profilo e usarne uno nuovo, avrebbe seguito solo quattro persone così poteva fare ciò che voleva, anche scrivere cose contro l'inglese.
"Appena inizierà a streammare impazziranno ancora di più, quindi anticipo le cose. Ho letto che sabato iniziano a fare i virtual gp quindi non voglio casini", sapeva che qualcuno avrebbe chiesto qualcosa. Era normale che la gente volesse sapere e loro erano sempre stati abbastanza aperti con i fan nella loro relazione, ma ora non potevano dire nulla quindi bisognava nascondersi.
Continuarono a parlare, Isa si era messe in mezzo al discorso e avevano scherzato per un po'. Sapeva che Carlos aveva qualche screen che poi sarebbe finito su instagram ma si assicurò che non la taggasse.
"Usa il simulatore, così quando ci vediamo continuoa batterti. Ti mando le impostazioni su Whatsapp, e sta tranquilla che tutto andrà bene, ok?", la vide annuire piano poi si salutarono.
"Va bene, Carlos Sainz, non mi batteria di sicuro", parlò da sola, mentre metteva le credenziali di accesso al computer. Ora sapeva cosa fare quando si sarebbe annoiata.

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