25 - La causa della morte.

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Cherry



Dopo aver spiegato tutto ad Aron nei minimi dettagli, il silenzio che regna normalmente a casa di Wesley si è intensificato. Mio fratello continua a tenere gli occhi fissi sulle fotografie, sparse ancora sulla superficie del tavolo, con le braccia conserte e un'espressione confusa dipinta sul volto. Non conosceva Jonathan, eppure la sensazione che prova è quasi identica alla mia: confusione. Ogni tanto, quando telefonava a casa, veniva a conoscenza di qualche aneddoto sul ragazzo... riusciva ad estorcermi quelle poche parole che, però, potevano creare un profilo ben definito della persona. Per questo motivo anche Aron non può credere ai suoi occhi. Che fine a fatto il ragazzo dolce e gentile? Che fosse stata una stupida e inutile maschera per oscurare qualcosa di più pericoloso e meschino? Non riesco più a darmi delle risposte, non riesco neanche ad immaginare com'era Jonathan, quello che conoscevo io. In questo momento sembra che, tutto quello che abbiamo vissuto, sia una semplice e pura menzogna. Un teatrino tirato su ad arte.

«Non riesco a capire, cazzo. In che razza di giri era Jonathan? Possibile che nessuno se ne sia mai accorto?» domanda mio fratello, spalancando le braccia e sospirando in modo frustrato. Scuoto semplicemente la testa  non avendo, anche in questo caso, alcuna risposta. Sono le stesse e identiche domande che mi sto ponendo io, dopotutto.

«Non me lo chiedere, Aron. È da quando le ho viste che cerco di capire, ma... a questo punto, potrebbe essere che l'abbiano ucciso per qualcosa che ha fatto? Magari, un torto a qualcuno?» chiedo con la voce tremante, dando voce ai miei pensieri. Potrebbe essere andata così, dopotutto. Non ci sarebbe nulla di strano.

Mio fratello punta istintivamente gli occhi su di me. Quando è arrivato, il suo volto era segnato dalla stanchezza e dall'ansia, mentre ora è decisamente più rilassato. Non appena mi ha rivista, mi ha stretto in un abbraccio caldo e spaventato. Sono a malapena passati quattro giorni ma, in questo periodo, capisco la sua paura. Poteva succedermi qualsiasi cosa.

«Potrebbe essere...» mormora pensieroso, facendo scorrere gli occhi lungo tutte le pareti della casa. Mentre alla televisione trasmettono l'ennesimo telegiornale della giornata, Aron si accende una sigaretta, lasciando poi cadere l'accendino sul tavolo. «Sì, è un'ipotesi, ma se le cose fossero andate così... perché colpirlo in una serata come quella? Non era meglio da qualche altra parte, in un luogo meno affollato?» domanda ancora, sbuffando una nuvola di fumo verso il soffitto, piegando leggermente la testa all'indietro.

Scuoto la testa, non essendo d'accordo. «Invece è stato meglio così. In mezzo a un mare di gente ubriaca persa e strafatta, chi vuoi che possa aver notato movimenti strani o sospetti? Praticamente nessuno... di questo passo, non capiremo mai cos'è successo» rispondo a mio fratello, passandomi una mano sul viso.

In televisione passano le solite notizie banali: il negozio di frutta all'angolo della strada chiude per debiti, la disoccupazione aumenta in tutto il territorio, il freddo che si attende quest'anno è di gran lunga superiore alla norma... di Jonathan non parlano per più di una volta al giorno, citando sempre e solo le solite cose. Sbuffo in modo nervoso, imitando i gesti del ragazzo al mio fianco e portandomi una sigaretta accesa alle labbra. Sento le palpebre pesanti e la mente che non collabora. Un insolito ma ormai abituale silenzio si propaga nella stanza, almeno finché il mio telefono non decide di squillare ad alto volume, facendomi sobbalzare dalla sedia.

Numero sconosciuto.

Inarco un sopracciglio confusa, allungando il telefono verso mio fratello che, con una smorfia curiosa, mi suggerisce di rispondere. Con un profondo respiro, accetto la chiamata. «Pronto?» sussurro solamente, fissando il mio sguardo su un punto indefinito del tavolo.

«Parlo con Cherry Piper?»

La voce acuta e decisa di una donna mi arriva alle orecchie come un treno in corsa. Lancio una veloce occhiata a mio fratello che, non sentendo nulla, alza semplicemente le spalle. Rispondo alla donna in modo affermativo; passa qualche secondo di silenzio prima che ricominci a parlare. «Sono Anita Jones, Cherry. Ho urgente bisogno di parlare con te. Saresti disponibile tra un'ora?» domanda velocemente, stando ben attenta a non svelare qualsiasi emozione nella voce.

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