1 - Pioggia Rovente.

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Cherry


È passata una settimana da quando mi sono rinchiusa nelle quattro mura della mia camera. Non ho più voluto vedere nessuno, dopo quella notte. I ricordi confusi non hanno fatto altro che rendermi meno stabile mentalmente.
Il non riuscire a ricordare nulla, se non dei piccoli e insignificanti frammenti di come abbiamo trascorso la serata, mi porta ad avere angoscianti dubbi su me stessa.
Passo una mano tra i folti capelli scuri, chiudendo successivamente il computer con forza, talmente tanta da far rimbombare nella stanza il rumore che provoca lo schermo che sbatte sulla tastiera.
Non riesco a pensare lucidamente. Ogni volta che chiudo gli occhi mi si presenta davanti l'immagine del suo corpo disteso in una pozza di sangue.
Non riesco e non sono in grado di levarmelo dalla mente.

Neanche mio padre riesce a farmi uscire di qui.
Ci ha provato in tutti i modi: cucinando il mio piatto preferito, proponendomi qualche serie o qualche film da guardare insieme, portando davanti alla porta della mia camera vari giochi di società, ma nulla di questo è stato abbastanza convincente per farmi mettere il naso fuori dalla camera. Di ciò che ormai ne è rimasto, comunque.

Non sono stata in grado di fermarmi quando, in un impeto di pazzia, ho scaraventato a terra tutto ciò che mi capitava sottomano. Le foto, gli album, i libri. Qualsiasi cosa adesso giace per terra, insieme a vestiti utilizzati in questi giorni. Ci sono anche quelli che avevo indosso quella sera, ancora macchiati di sangue. Non ho neanche avuto la forza di fare una fottuta lavatrice per cercare di dimenticare quella notte, lavando via i, ormai, segni indelebili.

Dimenticare è, in qualsiasi caso, fin troppo difficile quando qualsiasi cosa accada nell'arco della giornata ti riporta con la mente a quel solo e unico momento. Ogni singolo dettaglio è impresso nella mia mente, sulla mia pelle. Come un tatuaggio di cui mi sono pentita, ma che non potrò mai cancellare dalla mia vita. Sospiro frustrata, guardando il cellulare abbandonato sul comodino al mio fianco ormai da qualche giorno. Non ho neanche più avuto la forza di controllare i messaggi, le chiamate, nulla. Molte volte l'ho sentito suonare a qualsiasi ora del giorno e della notte. Era sempre Wesley.

Probabilmente sentirlo anche solo per telefono, sentire la sua voce calma parlarmi, esternare i miei sentimenti e i miei dubbi, mi avrebbe fatto bene. Invece sono solo una stupida codarda che non vuole affrontare la realtà.

Se solo ricordassi qualcosa in più... sarebbe più facile andare avanti. Forse finirei addirittura per non pensarci neanche. Invece, il fatto di avere uno schermo nero davanti a me, che mi oscura i pensieri, mi costringe a credere di avergli fatto del male. Possibile? Ne sarei stata capace? Non lo so. Ormai non so più nulla di quello che potrei o non potrei fare. Fin da piccola ho sempre odiato gli alcolici, per esempio. Quando vedevo mio padre scolarsi una birra, storcevo il naso e mi ripetevo nella mente che non avrei mai bevuto nulla, neanche un semplice bicchiere di vino. Da quando sono entrata nel mondo dell'adolescenza, invece, non riesco a fare a meno di bere. Mi ritrovo ad affogare i pensieri negativi e le brutte giornate in un bicchiere di alcolico forte, piuttosto che in qualche bottiglia di birra. Come se fosse la mia unica via di fuga.

Pensavo anche che non avrei mai iniziato a fumare. Il fumo mi ha sempre dato fastidio, soprattutto quando i miei amici hanno cominciato a girarsi le sigarette e a fumarmi accanto. Pensavo che lo facessero soltanto per farsi vedere grandi, o un po' più fighi. E anche in questo caso, ho sbagliato le mie previsioni. Fumare adesso è, per me, una sorta di tranquillante. Accendo una sigaretta ogni volta che sento qualcosa che non va, ogni volta che ho avuto una giornata deludente, o semplicemente per rilassare i nervi. Chiudo gli occhi e lascio uscire dalle mie labbra la piccola nube di fumo densa, facendo scivolare via insieme a lei anche tutti i miei pensieri.

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