Prologo.

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«Eri con me questa notte, okay? Eri con me!» L'urlo del ragazzo al mio fianco mi fa tremare e rizzare i capelli. Alzo gli occhi di poco, il tempo necessario per incontrare le sue iridi scure e senza nessuna emozione. Non riesco a fare niente, non riesco a dire niente. Wesley continua a tamburellare il piede sull'asfalto sconnesso e leggermente tendente verso sinistra. Tremo come una foglia.

Abbasso lo sguardo sulle mie mani, tremanti e insanguinate. Il suo sangue si sta seccando sulla mia pelle. Mi rendo conto solamente adesso che tutto ciò che sto vivendo è fottutamente reale. Pensavo fosse tutto un sogno, pensavo che tutto ciò a cui i miei ricordi mi portavano fossero solamente delle mie illusioni dovute a ciò che avevo bevuto, o meglio, a ciò che conteneva il mio drink, a quello che è successo dopo aver fumato quella canna. Invece è tutto fottutamente vero.

Non mi resta nient'altro da fare, se non annuire. Il ragazzo davanti a me sembra rilassarsi, e non so come riesca ad avere una mente così fredda e lucida in questo momento. Il suo migliore amico è steso per terra, in una pozza di sangue, a pochi metri da noi. Porto le mani sul mio viso, sporcandolo. La musica si sente ancora in lontananza, in modo ovattato e non distinguibile, in questo momento. I miei occhi viaggiano da soli, in completa autonomia, e si vanno a posare sul corpo inerme di Jonathan. Un tremore mi fa muovere in modo nervoso.

Non mi ricordo assolutamente niente di ciò che è accaduto questa sera. Ricordo solo di essere arrivata alla festa con il mio ragazzo, di aver bevuto qualche drink insieme a lui, di aver ballato e sudato come non mai. Era la mia prima festa e si è trasformata in un incubo. Dopo aver accettato di bere da un bicchiere senza saperne il contenuto, non mi ricordo più nulla. Solo brevi e confusi istanti. Lascio cadere le braccia lungo i fianchi, sentendo continuamente gli occhi di Wesley addosso. Da quando è arrivato qui, non sono riuscita a dire una parola. Non ho le forze di schiudere le labbra, così come non ne ho il coraggio. Se provassi a parlare, al posto delle parole uscirebbero solamente un fiume di lacrime.

Le ultime cose che ricordo sono le mie mani che si appoggiano sul petto del mio ragazzo, già morto. Non respirava più. Aveva gli occhi aperti però, e questo piccolo e misero dettaglio mi ha convinta a sperare fino all'ultimo istante che fosse ancora vivo. Le iridi color smeraldo, senza vita, senza un piccolo e innocuo lampo di speranza.

«Devi promettermelo. Non posso pensarti chiusa in una fottuta cella, cazzo!» sbraita fuori di sé, passandosi furiosamente le mani tra i folti capelli ambrati.

La sua maglietta bianca è imbrattata dello stesso sangue che circonda ogni singolo centimetro della mia pelle. Le immagini del suo arrivo e del suo urlo angosciante non appena ha notato il suo migliore amico steso sul prato umido del cortile rimarranno per sempre impresse nella mia mente. Sono le uniche cose che ricordo con lucidità e decisione. Così come l'abbraccio che mi ha regalato subito dopo aver capito che per Jonathan non c'era più nulla da fare... erano inutili i soccorsi, eravamo inutili noi.
Tutto ciò che ci circondava era inutile.

«Quando la polizia verrà a cercarti, dovrai dire che eri con me. Non importa che messaggio farai passare sul tuo conto. Dovrai convincerli di aver passato tutta la notte con me, al costo di sembrare una poco di buono» annuncia in tono freddo e distaccato, lasciando scivolare il suo sguardo su un punto lontano alle mie spalle.

Annuisco ancora. Assecondo tutto ciò che dice, lo ascolto come se le sue parole fossero una sorta di obbligo, una legge da rispettare a tutti i costi. Lascio che le lacrime scendano veloci dai miei occhi, circondati da uno spesso strato di mascara colato.

«C—Cosa ne facciamo del corpo? N—Noi... non possiamo lasciarlo qui, Wes» Riesco a sussurrare, lasciando trasparire dalle mie parole tutto il timore che sento, tutta la tristezza che mi sta logorando.
I suoi occhi si catapultano nuovamente sul mio viso. Riesce a trattenere tutte le sue emozioni, e so che lo sta facendo per me. Perché sono io quella che non ricorda nulla di ciò che è successo, sono sempre io però quella che ha passato tutta la sera con Jonathan. Io sarei la prima a essere contrassegnata come possibile sospettata del suo omicidio.

«Non preoccuparti per questo, Cherry» pronuncia a bassa voce, prima di pulirsi le mani passandole con violenza sul tessuto scuro dei suoi pantaloni.

Abbasso timidamente lo sguardo, sentendo la malsana voglia di sparire totalmente dalla circolazione far breccia dentro di me. Come posso continuare a vivere con il costante dubbio di essere stata io a fargli del male? Come posso continuare a rimanere in questo posto, inserire ancora più a fondo le mie radici, senza pensare a ciò che è accaduto?

«Se ne occuperanno alcune persone che conosco, devi stare tranquilla. Però, adesso, vattene. Non puoi stare qui. Ti farò accompagnare a casa da qualcuno...» La voce del ragazzo mi risveglia dai pensieri, costringendomi per l'ennesima volta ad annuire.

E così, il suo corpo verrà probabilmente nascosto per molto tempo da persone che neanche lo conoscevano. Nessuno lo troverà mai. Lo daranno per disperso, diranno che ha deciso di fuggire. Non lo so. Tutto ciò che so è che la sua vita è stata spezzata, che non potrà viverla come meglio poteva, che non potrà più continuare a seguire i suoi sogni, non potrà realizzare i suoi progetti. Per colpa di chi? Non me lo ricordo, cazzo! Non mi ricordo di avergli fatto del male, non mi ricordo neanche se mi sia mai passato per la testa di farlo. Abbasso lo sguardo sulla punta delle mie scarpe, lasciando ancora scendere lacrime amare dai miei occhi. È così che ci si sente nel perdere una persona cara?

Wesley continua ad armeggiare con il suo cellulare per qualche istante, finché non lo ripone senza accuratezza nella tasca della sua felpa. Alza nuovamente gli occhi su di me, appoggiandomi una mano sulla spalla.

«Sta arrivando Joan a prenderti, ti porterà a casa...» mormora con fatica, socchiudendo appena le palpebre.
Annuisco ancora. Mi sembro patetica. La persona con cui ho condiviso gli ultimi due mesi della mia vita è morta e io non riesco a fare niente, se non ad annuire. Wesley sospira rumorosamente prima di allontanarsi con movimenti bruschi da me, guardandomi da qualche passo più lontano.

«Ricordati, Cherry... tu eri con me» annuncia con serietà, prima di incamminarsi a passo svelto dal lato opposto a dove, inerme, giace il suo migliore amico.



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