16 - Un fondo di verità.

35 5 26
                                    

Cherry



L'interno non è come me lo sono immaginata. Non c'è molta roba, ma tutto il necessario per poter vivere in modo tranquillo. Una piccola cucina, un divano, un letto. Nulla di estremamente costoso o elegante, niente di raffinato. Un televisore appeso al muro bianco scrostato e qualche DVD buttato sul pavimento in moquette beige. Avevo immaginato che Wesley non fosse una persona molto ordinata, invece mi sorprendo del contrario. Forse, il fatto di non avere molto spazio, lo ha spinto a prendersi più cura delle sue cose. Avanzo imbarazzata, non trovando le parole giuste per iniziare una conversazione. Il moro non sembra più troppo turbato dalla mia presenza nel suo mondo, questo forse riesce a tranquillizzare leggermente il mio subconscio. Mi indica il divano con un cenno del capo e io, a disagio, mi appoggio sulla stoffa morbida marrone priva di qualsiasi tipo di comodità aggiunta – cuscini, coperte. Sono esattamente davanti al televisore spento quando lui scompare dietro ad un muro in mattoni a vista, ben poco rifinito. Mi ritaglio qualche istante per ispezionare il muro, il soffitto, il pavimento... non sembra stia per crollare, ma non è neanche del tutto sicuro. Numerose crepe sono presenti negli angoli e accanto alla porta che, presumo, sia del bagno. Prendo un respiro profondo finché Wesley non rientra nella stanza, con due birre in una mano e un sorriso un po' troppo tirato rispetto a quelli di cui sono abituata.

«Vuoi?» domanda solamente, allungandomi una bottiglia di vetro. Accetto con un cenno del capo, prendendola tra le mani e stappandola con l'anello dell'anulare con troppa facilità. Me lo ha insegnato mio padre.

Wesley si accomoda accanto a me, tenendo comunque una certa distanza. Forse la tranquillità che sembrava possedere poco fa è tutta una mia impressione. Non penso volesse farmi vedere come vive e, soprattutto, dovermi delle spiegazioni. Non sono nessuno per scoprire quello che ha fatto, ma se vorrà raccontarmelo, io non opporrò di certo resistenza. Lui mi ha aiutato fin troppo quando ne avevo bisogno, e per colpa mia adesso rischia di finire in prigione. Devo fare qualcosa per lui, seppur le mie capacità siano molto limitate. Non so cosa potrei fare.

«Presumo che tu voglia sapere qualcosa in più su di me, adesso...» mormora indispettito, senza rivolgermi uno sguardo. Tiene gli occhi fissi sul televisore davanti a lui, come se ci fosse qualcosa di tremendamente importante da osservare. In un'altra situazione, probabilmente, questo comportamento mi darebbe fastidio, ma adesso... so che sta facendo di tutto per non dare di matto, ecco. Sta cercando di immagazzinare il mio presentarmi qui senza invito, il "tradimento" di Joan nei suoi confronti. Prendo un sorso di birra e sospiro, mentre il moro gioca nervosamente con l'etichetta sulla sua, finendo per strapparne un piccolo pezzo.

«Non sei obbligato, Wes» sussurro, costringendolo a riportare l'attenzione su di me. Non mi ero accorta che stesse piangendo. I suoi occhi scuri sono leggermente arrossati e patinati di un sottile strato di lacrime. Sta cercando di reprimerle, ma non ci riesce. Schiudo un poco le labbra, tentando di avvicinarmi a lui, ma il suo sguardo diventa improvvisamente duro e freddo. Non vuole avermi accanto. Sorpresa, ma non alterata, torno al mio posto. «Io sono qui solo per aiutarti, non... non voglio immischiarmi» annuncio ancora, facendo spuntare sul suo viso un sorriso amaro.

«Non vuoi immischiarti? Lo hai già fatto, Cherry» sputa velenoso, sospirando subito dopo. Rimango quasi ferita dalle sue parole, perché me lo aspettavo. So di aver sbagliato, ma sentirselo dire ha sempre un altro effetto. Annuisco appena, abbassando gli occhi verso il pavimento. Lo sento appoggiare la bottiglia di birra in qualche punto della moquette, ma non alzo più lo sguardo. Mi sento tremendamente fragile sotto i suoi occhi freddi. «Il tuo senso di paladina della giustizia non mi salverà, lo sai? Sono indagato per omicidio e, quasi sicuramente, troveranno il modo di arrestarmi, perciò... cosa sei venuta a fare?» domanda ancora, e posso giurare di sentire una velata sofferenza nelle sue parole.

Forgotten MurderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora