CAPITOLO 33

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Alcuni giorni dopo, Cooper era da poco rientrato nel suo appartamento. La giornata era stata lunga ed intensa durante la quale si era diviso tra tribunale ed ufficio. Aveva un forte mal di testa e non capiva se fosse dovuto al lavoro o al fatto che Amanda continuasse ad evitarlo. Aveva provato a chiamarla in tarda mattinata ma lei non aveva risposto. Si tolse il completo giacca e pantalone, si fece una doccia, indossò un paio di jeans con sopra una polo celeste e delle comode snickers.

In cucina prese un'aspirina per il mal di testa. Si sedette sul divano pensando a come comportarsi con Amanda, ma era irrequieto, dopo qualche minuto si alzò di scatto e decise di scendere al piano di sotto.

Bussò. Pochi istanti dopo sentì dei passi e la porta si aprì.

Amanda era in piedi dietro la porta con il cellulare attaccato ad un orecchio, si scansò per permettere a Cooper di entrare. Sembrava in procinto di uscire. Ma la cosa che colpì maggiormente Cooper fu il suo sguardo triste.

Il ragazzo entrando nell'appartamento notò un trolley poggiato vicino all'isola e sentì Amanda che diceva al telefono "Capisco, richiamo tra qualche minuto" poi riagganciò.

I due si fissarono per qualche frazione di secondo "stai per uscire?" le chiese Cooper.

Amanda sospirò guardando il trolley, al che Cooper, con una punta di preoccupazione aggiunse "stai per caso partendo?".

"Si" rispose Amanda, sembrava agitata, "Cooper... non è il momento adatto per niente, sto andando a Middletown".

Cooper le si avvicinò poggiandole la mano sul braccio "Amanda... è forse successo qualcosa?".

La ragazza non sapeva da che parte iniziare, aveva il cellulare in una mano, doveva assolutamente trovare un taxi entro pochi minuti per poter partire nel giro di un'ora per Middletown.

"Beh vedi..." sospirò di nuovo, si allontanò da Cooper sedendosi sul divano, con la testa china a fissare il pavimento. La sua presenza la rendeva nervosa.

Cooper capì che qualcosa non andava, le si avvicinò accovacciandosi vicino alle sue gambe, la costrinse a guardarlo. Amanda aveva gli occhi gonfi di lacrime che stava trattenendo a stento.

"Amanda... per favore dimmi cosa è successo?" le chiese preoccupato Cooper.

"Mio padre è morto... si è suicidato!".

Cooper rimase senza parole, non sapeva neanche che Amanda avesse un padre, non avendolo mai sentito nominare. "Cooosa?".

"Pare si sia impiccato" Amanda lo disse quasi freddamente. "Entro stasera devo partire per Middletown in modo da aiutare mia madre a organizzare il funerale. Starò via qualche giorno".

"Mi dispiace" le disse Cooper, le lacrime di Amanda sembravano essere sparite lasciando spazio ad uno sguardo freddo e distaccato. "Posso fare qualcosa?" aggiunse.

"Niente, grazie... devo chiamare un taxi per arrivare in stazione e prendere il primo treno disponibile, ho già provato tre volte ma pare che stasera non ce ne sia uno libero. Maledizione!" imprecò alzandosi dal divano.

Cooper si alzò di scatto "Ti accompagno io!" le propose.

"Oh... beh, grazie Cooper te ne sarei infinitamente grata, il treno è tra un'ora e se perdo quello dovrò aspettare un'altra ora".

"No Amanda... ti accompagno a Middletown!".

"Cooper sei impazzito! E' sufficiente che mi porti in stazione!".

"Non discutere! Si fa a modo mio" la zittì mentre continuava a protestare "Dammi dieci minuti, il tempo di mettere qualcosa in un trolley e partiamo subito" così dicendo uscì come una furia dall'appartamento senza permettere ad Amanda di contestare la sua decisione.

Ci vediamo a New YorkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora