Capitolo 7 - Grazie

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Singhiozzi, pianti.
Qualcuno aveva urlato: un grido straziante, di creatura fragile e innocente. Quel grido che trafigge il cuore, che costringe a coprirsi le orecchie per isolarsi dalla crudeltà del mondo.

«V-voglio tornare a casa...»

«Voglio la mamma!»

«N-non mi piace qua... non mi piace...»

Un coro disperato, dalle voci spezzate e imploranti.
Altri rumori: rapidi passi ed esclamazioni concitate. Queste erano più mature, erano voci adulte.
Un altro grido lacerò l'aria.

«Degenerato» Aveva detto qualcuno, con tono severo e velato di delusione.

Non ne poteva più: anche lui era scoppiato a piangere, anche lui voleva tornare a casa dalla mamma.

Qualcosa gli era apparso davanti: un grande mantello bianco, come quello dei supereroi.

«Tranquilli... va tutto bene». La voce dell'uomo era gentile, ma tremante. Forse anche lui aveva voglia di piangere.
No, non era un eroe: non aveva nessun mantello, solo un lungo camice.

La mano incerta dell'uomo era tesa verso di lui, in un timido invito.
Lui aveva alzato lo sguardo per vederlo in volto, la vista annebbiata dalle lacrime.

Tutto svanì in una nube oscura.
L'unica cosa che vide fu un fiore scarlatto.

La candida luce sul soffitto lo costrinse a richiudere gli occhi appena aperti.
La prima sensazione che Vardan avvertì, ora sveglio, fu l'acuto dolore alla testa. La seconda, una leggera pressione sul petto.
La terza, una dolce voce familiare, tremante di apprensione.

«V-Vardan!» Nuha gli era letteralmente saltata addosso non appena l'aveva visto smuovere le palpebre, grata che il suo Allenatore si fosse ripreso. «Ci hai fatto prendere un colpo! Come ti senti?»

«Io...» Guardandosi attorno, Vardan riconobbe la tipica stanza di un comune Centro Pokémon. Si rese presto conto che ad accecarlo era stata la luce della lampada sul soffitto: fuori dalla finestra, il disco solare andava tramontando, lasciando spazio alle tenebre. «Quanto...»

«Qualche ora». Lo precedette la Espeon.

«Elouan... Lyssa...»

«Stanno tutti bene, Vardan. Elouan si è rimesso da un bel po', e lo stesso vale per Farran. Tua sorella non aveva nulla di grave, giusto qualche ferita. Dannazione, ti sei appena svegliato e non fai altro che chiedere degli altri! Dimmi come stai, piuttosto!» Non c'era vera e propria irritazione nel tono della Pokémon Psico, quanto tenera preoccupazione: sapeva bene che il suo Allenatore aveva la tendenza a preoccuparsi più per gli altri che per se stesso, ma del resto era ciò che lo rendeva Vardan. «Ares avrebbe voluto tenerti d'occhio al posto mio, ma era così agitato che per poco non dava fuoco alle tende. Abbiamo dovuto costringerlo ad aspettare fuori».

Il giovane Campione sorrise. «Il solito Ares...» Nel tentativo di mettersi seduto, una fitta all'addome gli fece stringere i denti. «Io... sto bene. Insomma, sono stato meglio, ma tutto sommato...» Spostò lo sguardo alla propria destra, incontrando il berretto rosso poggiato sul comodino accanto al letto. Una piccola, quasi insignificante macchia di sangue si era seccata in corrispondenza della tempia. «Quella... quella ragazza...»

«Scappata».

«Sono riusciti a metterla in fuga?»

Nuha si mise seduta sulle lenzuola, proprio di fronte al proprio Allenatore, ma non rispose subito.

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