Capitolo 3 - I ricordi che non furono

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Lyssa Kemp era sempre riuscita ad ottenere qualsiasi cosa avesse mai desiderato.
Ogni suo obiettivo diveniva un ordine imposto a se stessa, e ciascun ordine veniva eseguito con la massima diligenza. Nulla poteva fermare Lyssa nel momento in cui nella sua mente nasceva anche solo un'abbozzata idea di ciò che sarebbe divenuto un desiderio.
Sin dalla tenera età il suo unico scopo era stato raggiungere i propri scopi, contando esclusivamente sulle proprie forze, annientando ogni debolezza e fragilità e distruggendo qualsiasi cosa potesse rappresentare un ostacolo.
Ella era la rappresentazione vivente del celebre detto "volere è potere": dalla sua volontà scaturiva una forza senza eguali. E non quel tipo di forza che ti consente di terminare una corsa anche con il fiatone, ma del tipo che permette di sollevare una montagna avendo tutte le ossa rotte.
O almeno, era così che a Lyssa piaceva vedere le cose.
D'altronde non aveva mai fallito: da bambina aveva desiderato un Pokémon, ed era andata a gettarsi da sola nell'erba alta per trovarne uno, guadagnando sì numerose ferite ma anche quello che sarebbe divenuto un compagno inseparabile; aveva desiderato iniziare un'avventura, e si era messa in viaggio nonostante una certa opposizione da parte dei genitori; e infine, aveva desiderato dimostrare la propria forza, ed era arrivata a farsi chiamare "Campionessa".

Per tali motivi, perché era abituata ad avere tutto ciò voleva stretto in pugno, gli eventi di dodici anni addietro l'avevano turbata in una maniera completamente diversa rispetto a Vardan.
Lyssa aveva desiderato ricordare cosa le fosse successo durante quei mesi in cui era stata data per dispersa, ma non era mai riuscita a ricordare.
Aveva desiderato sapere, e non aveva mai saputo.
Una parte della propria vita così importante le scivolava dalle mani senza che lei potesse far nulla, le risultava intangibile come fosse fumo.
E non poteva sopportarlo.
Non lei, che non aveva mai rinunciato a nulla e aveva solo trionfato.
Sarebbe stata la peggiore delle sconfitte.

Quando dunque il fratello le aveva riferito della "conversazione" avuta con il fantomatico ragazzo fluttuante, la ragazza si era infervorata non poco.
Ma le circostanze l'avevano obbligata a fare qualcosa che detestava fortemente: aspettare.
Chi di competenza aveva dovuto soccorrere i feriti, e la polizia aveva cominciato ad indagare.
Non appena arrivati, gli agenti erano corsi alle sale d'attesa, e all'interno di una di queste avevano trovato un uomo alto e allampanato che, mentre veniva portato via, gridava parole sconnesse e senza senso, ma con un tale fanatico fervore da farle apparire come parti di un discorso logico e inattaccabile.

I gemelli Kemp, come ogni altro partecipante al torneo, avevano dovuto rispondere a una serie di domande e, nonostante non fossero stati gli unici ad aver intravisto il giovane dai poteri paranormali, nessuno vi accennò, come se ogni Campione avesse firmato un tacito accordo in cui si concordava che era stato un abbaglio dovuto al momento di caos, una specie di isteria di massa.
D'altronde la cosa sarebbe apparsa poco credibile, se non addirittura ridicola.

Restare soli, insomma, non fu semplice.
Solo quando oramai il cielo aveva cominciato a tingersi di scuro e il Sole aveva già iniziato a svanire all'orizzonte un frastornato Vardan si vide afferrare per il collo della camicia fuori dal Centro Pokémon della città.

«Allora?!» Domandò concitata Lyssa, assetata di risposte.

«A-aspetta...»

«MI SONO AMPIAMENTE ROTTA DI ASPETTARE!»

Lyssa vide il gemello alzare le pallide mani in segno di scusa.
«I-il punto è...» Balbettò. «N-non sei l'unica che probabilmente vuole spiegazioni...»

La Campionessa dai capelli azzurri osservò gli occhi del fratello, per poi sbuffare: detestava ammetterlo, ma aveva ragione.

"Dopotutto Raiden ha provato sulla sua pelle non solo la stessa "follia" del Dragonite, ma anche i poteri del ragazzo paranormale... Merita anche lui delle spiegazioni".
Lasciò quindi andare Vardan e gli fece segno di seguirla, mentre si incamminava verso il confine Est di Giubilopoli.

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