Capitolo 1 - Lo scontro finale

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«ORA! RAFFICA DI ENERGIPALLA

La voce della donna risuonò nelle casse poste ai lati dello schermo piatto dove Vardan osservava la battaglia in corso.
Il ragazzo vide una Roserade scagliare decine e decine di sfere d'energia dal nucleo verde pallido che diveniva man mano più intenso negli strati più esterni.
La serie di attacchi Energipalla non lasciò scampo all'avversario della Pokémon Floreale: un Claydol cadde esausto sul campo di battaglia, mettendo fine ad una delle lotte più combattute e avvincenti - se non la più avvincente - a cui Vardan avesse mai assistito.
Una seconda voce ruppe il silenzio che si era creato in seguito alla sconfitta del Pokémon Argilla.

«Claydol non è più in grado di lottare. Tutti i Pokémon del Campione Rocco sono stati sconfitti, pertanto la vittoria... Va alla Campionessa Camilla!»
Le telecamere inquadrarono prima gli spalti dell'immenso stadio, la folla che esplodeva in applausi e grida entusiaste; poi si spostarono sulla vincitrice: Camilla, la storica Campionessa della regione di Sinnoh, aveva dipinto in volto il solito sorriso pacato, ma nell'unico occhio non coperto dal ciuffo di lunghi capelli biondi vi era l'inconfondibile scintilla di gioia che contraddistingue un allenatore al momento della vittoria.
Con una mano salutò la folla esaltata, per poi dirigersi verso lo sconfitto: a Rocco, celebre Campione di Hoenn, era indubbiamente restato l'amaro in bocca per quell'insuccesso, ma lo accettò serenamente e strinse la mano a colei che era stata la sua avversaria.
«Camilla si aggiudica così il terzo posto del Torneo Interregionale della Lega Pokémon! Presto assisteremo alla battaglia che tutti aspettate!»
Il pubblico esplose in un secondo boato, e solo in quel momento Vardan sentì davvero l'adrenalina scorrergli nelle vene: il ragazzo diciassettenne era uno dei due finalisti di quel Torneo che vedeva riuniti i migliori allenatori di ogni regione e che quell'anno si svolgeva proprio a Sinnoh, dove era nato e aveva cominciato la propria avventura.

Seduto su di una panca nella piccola sala d'attesa a lui destinata, Vardan Evander Kemp sperimentava su di sé una tensione crescente, le mani pallide dalle dita affusolate che stringevano il berretto scarlatto come sempre quando egli era nervoso.
I grandi e luminosi occhi d'un purissimo azzurro fissavano il pavimento, la visuale ostacolata da alcuni ciuffi biondo grano troppo lunghi, ma un taglio ben fatto era l'ultima cosa di cui gli importava in quel momento.
Il viso tondo dalla pelle diafana era caratterizzato da lineamenti delicati, parzialmente celato da alcune medicazioni e tanto simile a quello di un bambino.

«Dovresti calmarti».

La voce che era giunta alle orecchie del giovane non era solo pacata e gentile, ma al contempo limpida e melodiosa.
Voltandosi verso la sua interlocutrice, Vardan abbozzò un sorriso.
Dinanzi a sé stava, retta su quattro zampe, una creatura dalle sembianze feline alta poco meno di un metro.
Lo osservava con due grandi occhi privi di iride, la sclera violacea e le pupille bianche.
La Espeon, come tipico della sua specie, era enormemente fedele al proprio allenatore e tentava sempre di rassicurarlo. D'altronde, ne aveva la possibilità: da che ne avesse memoria, Vardan era perfettamente in grado di comunicare con qualsiasi specie di Pokémon.

«Ma Nuha... La mia avversaria è...»

«Lyssa». Concluse al suo posto la Pokémon Emozione.

Egli annuì impercettibilmente, avvertendo alcuni brividi correre lungo il corpo: Lyssa, sua sorella gemella, era forse una degli allenatori che Vardan più ammirava, e contro cui era certo di avere ben poche possibilità di vittoria.
La ragazza aveva iniziato la sua avventura prima del fratello, e in circostanze alquanto differenti: se lui aveva ottenuto il suo primo Pokémon dal celebre Professor Rowan, lei aveva letteralmente fatto a botte con un esemplare di Riolu.
Agli occhi di Vardan, Lyssa era sempre stata di numerosi passi avanti, qualcosa di assolutamente irraggiungibile per lui.
Un pensiero che nessuno dei suoi Pokémon condivideva, e Nuha non rappresentava certo un'eccezione.

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