4

188 9 0
                                    

Dopo quel pomeriggio, io e Oikawa iniziammo a vederci più spesso. La mattina sedeva al mio tavolo per fare colazione, pranzavamo insieme, spesso tornavamo in palestra a giocare e la sera cenavamo. Oikawa era il mio primo amico lì dentro, e questo mi faceva sentire...strano. Era una sensazione piacevole, sebbene ancora non capissi perfettamente da cosa fosse causata. Cominciai a sorridere più spesso, parlare più spesso, e ridere, anche. Come era successo con le sue alzate, Oikawa mi spingeva al 100% anche quando stavamo insieme.

Una mattina Oikawa arrivò raggiante al nostro tavolo, quel tavolo che era sempre stato solo mio, e senza nemmeno salutare mi parlò di questa idea che aveva avuto.

"Iwa-chan, stanotte ho pensato a questa cosa, che ne diresti se oggi..."

"Buongiorno Iwaizumi! Oh, buongiorno anche a te Oikawa! Hai qualche novità? Effettivamente sì, ho pensato che..." mi fermai con un'espressione eloquente.

Oikawa sorrise silenziosamente e aspettò pazientemente che gli facessi segno di continuare.

"Sì beh ecco, avevo pensato che potremmo uscire, oggi pomeriggio"

"Uscire?"

"Sì uscire, Iwa-chan, sai andare all'esterno e respirare aria pulita...?"

"E che cosa vorresti fare una volta fuori?"

"Libera la fantasia, Iwa-chan, possiamo correre, tanto per dirne una!"

"Correre. Ok, e poi?"

"Sei così deprimente certe volte Iwa-chan, che mi viene voglia di smettere di parlarti"

"E perché non lo fai mai, sentiamo?"

"Touché, Iwa-chan. Ad ogni modo, ci stai?"

"Non penso di avere molta scelta"

"E infatti non ce l'hai. Ci vediamo alle cinque alla porta sul retro dell'inferno!"

"Intendi la porta che da sul cortile?"

"E cosa se no? A più tardi Iwa-chan!"

E detto questo si alzò e sparì, veloce e turbinante come era arrivato.

Alle cinque in punto trovai Oikawa ad aspettarmi vicino all'uscita. Indossava una maglietta bianca e una felpa leggera, aperta sul davanti. Come di consueto, mi accolse con un sorriso.

"Iwa-chan, sei in ritardo!"

"Non è affatto vero, sei tu ad essere in anticipo come sempre"

"Ti do ragione solo perché non voglio tardare ulteriormente. Andiamo"

Con un sorriso lo seguii attraverso la porta. E così uscimmo. Un attimo prima eravamo lì, all'interno di quella prigione che era il centro, e un attimo dopo una piacevole brezza calda ci scompigliava i capelli. Inspirai quell'aria a pieni polmoni, e mi chiesi da quanto tempo non mettevo piede fuori da quelle mura azzurre. Persino Oikawa, che non smetteva mai di sorridere, era raggiante, molto più del solito.

"Allora iniziamo!" disse. "E Iwa-chan..."

"Sì?"

"Attento a non rimanere indietro!"

E detto questo iniziò a correre. Subito mi mossi anche io, e a breve lo affiancai.

"É questo il massimo che sai fare?"

"Iwa-chan, dovremmo uscire più spesso! Quest'aria fresca fa miracoli per il tuo umore"

Sorrisi.

"Era forse un sorriso quello, Iwa-chan? Non credo ai miei occhi!"

"Non così depresso quanto pensi, Oikawa"

"Buono a sapersi, allora"

Continuammo a correre in silenzio per un bel po', e ci fermammo a prendere fiato vicino ad una fontanella. Bevvi un po' d'acqua, e mi sembrò buonissima. Oikawa fece lo stesso, poi riprendemmo la nostra corsa.

Rimanemmo in silenzio per un'altra mezz'ora e poi ci fermammo di nuovo, questa volta vicino ad una panchina. Esausti, ci sedemmo sulla cima dello schienale, e per qualche minuto prendemmo fiato in silenzio. Oikawa non fiatava, così mi girai verso di lui. Ciò che vidi mi lasciò senza parole: Oikawa guardava dritto davanti a sé, lo sguardo perso nel vuoto. Ero abituato a vederlo sempre sorridente, ma ora mi rendevo conto che se quel ragazzo si trovava al centro doveva esserci un motivo. Qual era la sua storia? Come cogliendo i miei pensieri, Oikawa si riscosse da quello stato di trance e si girò verso di me. Sul suo viso comparve un sorriso leggero, diverso da quello a cui ero abituato. Era un sorriso triste. Notai che anche i suoi occhi erano diversi: da color nocciola brillante erano diventati più scuri e opachi, nonostante il sole li illuminasse lateralmente. Subito dopo, con un sospiro, si voltò nuovamente per guardare dritto davanti a sé.

"Ti capita mai di sentirti in gabbia, Iwa-chan?" fu lui a rompere il silenzio.

"Sono un paziente di un centro di recupero. Sarebbe strano il contrario"

"No, parlo anche del periodo precedente al tuo arrivo qui"

"Ora che mi ci fai pensare, forse...però ora non mi sento affatto in gabbia. In questo momento io mi sento più libero che mai"

"Beh, quando ero bambino mia madre mi ripeteva sempre questa frase: 'Quando perdiamo il diritto di essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi'. Così, quando mi hanno portato qui, me ne sono chiesto a lungo il motivo. Una persona che entra in un centro di recupero ha un qualche tipo di problema, quindi non si può dire che è diversa? Ma questo centro è un prigione, Iwa-chan, lo sai anche tu. Allora mi sono chiesto: che cosa cambia tra la differenza che c'è fra due ragazze che sono una mora e una bionda e quella che c'è fra me e la ragazza bionda? Non cambia nulla, eppure quello in gabbia sono io. Io ho perso il mio diritto alla diversità, e per questo non ho più il privilegio di essere libero"

Non dissi nulla, forse perché non ce n'era bisogno, forse perché non c'era nulla da dire.

Nonostante Oikawa parlasse continuamente, quello era il primo vero discorso serio che usciva dalle sue labbra da quando lo avevo conosciuto, e la cosa mi aveva spiazzato. Che cosa doveva aver passato per dire cose del genere?

Mentre mi facevo queste domande, Oikawa guardò il suo orologio da polso.

"È ora di andare" disse.

"Aspetta ancora cinque minuti. Il sole sta tramontando" risposi di getto, forse perché non ero ancora pronto a lasciar andare quel momento.

Oikawa non protestò e il suo sguardo si perse nuovamente nel rosso e nel giallo del cielo. Rimanemmo fermi lì fino a quando il sole non fu completamente sparito all'orizzonte, poi, senza dire una parola, ci incamminammo verso il centro.

Quando andai a dormire, quella sera, feci molta fatica ad addormentarmi. Continuavo a pensare ad Oikawa, al suo sguardo, al suo sentirsi costantemente in gabbia. Anche io mi sentivo così, ma realizzavo anche un'altra cosa: se ci trovavamo al centro c'era un motivo, e cioè che anche la nostra mente era circondata da robuste catene che non riuscivamo a togliere da soli. Il compito di quel luogo era liberarci da quelle catene, ma nel tentativo finivano per rinchiudere qualcos'altro: il nostro spirito.

Quella notte giunsi anche a realizzare che Oikawa era un magnete che attraeva a sé le persone, senza lasciarle più andare. Lo conoscevo da soli due mesi, ma non ero più in grado di pensare alle mie giornate senza di lui. Era entrato come un uragano nella mia vita, e l'aveva sconvolta: aveva rovesciato gli edifici, distrutto palazzi, sradicato alberi e messo fuori uso i collegamenti radio. Tuttavia gliene ero grato, perché era da tempo che non mi sentivo così. Come se la distruzione avesse permesso alla città di ricrescere nuova, migliore, cambiata. Sì, cambiata.

Mi addormentai pensando al tramonto.

portami a casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora