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Passarono due giorni prima che mi decidessi a tornare nella camera di Oikawa, con la scusa di voler vedere come stava. La verità, me ne resi conto solo molto dopo, era che avevo bisogno di vedere lui. Arrivato di fronte alla sua porta, rimasi a fissarla per svariati minuti, prima di decidermi a bussare. Poi, finalmente, quando feci per battere le mie nocche, diventate bianche per la forza con la quale mi stringevo la mano per impedirle di tremare, sulla sua porta, questa si aprì improvvisamente di fronte a me. Ancora girata verso l'ospite della camera, Gladis per poco non si scontrò frontalmente con me mentre usciva. Stupita, e a ragione, di vedermi lì, la custode mi squadrò perplessa, e mi salutò con un cenno. Rimasi immobile, e lasciai che mi oltrepassasse per uscire dalla stanza.

Di fronte a me ora, seduto sul letto con la testa adagiata sul cuscino, che era stato girato in verticale per fornirgli un comodo appoggio, c'era soltanto lui. Chiusi la porta alle mie spalle e lo guardai per un po' da lontano. La tensione fra noi era alle stelle, ma Oikawa riuscì almeno in parte ad attenuarla salutandomi a voce bassa.

"Ciao"

"Ciao"

Lentamente mi avvicinai al suo letto e mi sedetti sul bordo del materasso, poco distante da lui ma con il volto girato verso la parete opposta.

"Sono venuto a vedere come stavi"

Lo dissi per mettere in chiaro le cose, forse più a me stesso che a lui. Oikawa annuii, come se si fosse aspettato in precedenza quelle mie parole.

"Se ora sto bene lo devo soltanto a te. Gladis mi ha detto ciò che hai fatto"

Mi voltai di scatto. Che cosa c'entrava ora la vecchia custode? Come sapeva ciò che era successo?

"Gladis?"

"Sì beh, quella sera, dopo che le avevi parlato delle mie condizioni, Gladis ha pensato di passare qui a verificare di persona e...la porta della camera era aperta. Comunque...volevo ringraziarti, Iwa-...Iwaizumi"

Sentirlo pronunciare quelle parole, sentirlo pronunciare il mio nome per intero...mi spezzò il cuore in tanti minuscoli frammenti. Deglutii, per dissolvere il groppo che mi si era formato in gola. Passò comunque un po' di tempo prima che mi decidessi a parlare.

"Perché mi hai mentito, Oikawa?"

L'avevo fatto, avevo finalmente pronunciato quelle parole che mi opprimevano da giorni.

Oikawa rimase immobile, senza fiatare, per alcuni secondi. Sospirò.

"Ti ho detto che mia madre era morta perché per me lei lo è davvero" disse infine. Continuò subito dopo.

"Dopo che mio padre se ne fu andato lei...cambiò. Usciva la sera subito dopo cena e tornava a notte fonda. La mattinata la passava nella sua camera a dormire e si svegliava solo per ora di pranzo. Una mattina stavo cercando i miei cereali, quando la trovai: la riserva speciale di mio padre, possiamo chiamarla così. C'era di tutto in quell'armadietto. Presi una bottiglia a caso e ne assaggiai un solo sorso, ma quel calore, quel bruciore che mi pervase la gola...mi fece passare per un istante tutto il dolore accumulato in quei mesi infernali. Divenne un'abitudine: all'inizio era solo un sorso, poi due, alla fine, la sera che mi portarono qui, una bottiglia intera. Ti ho detto che quando mio padre tornò, quella sera, io ero steso sul divano. Era vero, ma quello che non sai è che seduta accanto a me c'era anche mia madre. Non si era nemmeno accorta di quanto fossi ubriaco. Mio padre invece, forse per esperienza personale, forse perché la sua mente ancora funzionava, lo notò al primo sguardo...e quando mi chiese cosa stava succedendo...beh come sai gli urlai che la mamma era morta. Eppure la mamma era lì accanto a me..." si fermò a prendere fiato, lo sguardo fisso sul soffitto.

portami a casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora