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Ero sceso di sotto per la colazione: lo avevo fatto solo perché la sera prima non avevo avuto la forza di scendere a cenare, e dunque ero molto affamato.

E mentre ero lì, che attraversavo l'ingresso, lui entrò dalla porta girevole, accompagnato da un'infermiera. Non lo vedevo da soli tre giorni, perciò non era cambiato affatto, ma a me sembrò di avere davanti un altra persona. I capelli, che solitamente brillavano, ricchi di sfumature, ora se ne stavano scomposti e disordinati sul suo capo, privi di ogni colore. Gli occhi, un tempo allegri e scintillanti, erano ora circondati da profonde occhiaie, risultato delle notti insonni che doveva aver passato, ma ciò che più mi sconvolse fu l'espressione che vi lessi quando finalmente essi si posarono su di me, fermo e immobile nel mezzo della sala: era terrore.

Oikawa mi fissava come se avesse visto un fantasma, e sbiancò a tal punto che l'infermiera dovette mettergli un braccio intorno alla vita per sorreggerlo e portarlo in camera.

Aveva paura di me, paura di quello che gli avrei detto, paura che invece non gli dicessi proprio nulla.

E io? La verità era che non sapevo cosa avrei fatto alla fine. Non sapevo come mi sarei sentito se me lo fossi trovato davanti, se mi avesse parlato, se mi avesse semplicemente guardato. Avrei voluto che lo facesse? Che mi cercasse, che mi parlasse, che mi guardasse? Gli avrei chiesto la spiegazione che tanto desideravo, oppure l'avrei rifiutata se avesse cercato di darmela, per paura di ciò che poteva dirmi?


Un pomeriggio, mentre vagavo per il centro senza una meta, i miei piedi mi portarono al secondo piano, forse spinti dal mio subconscio, forse solo per puro caso. Quando me ne resi conto feci per andarmene, ma i miei occhi, che istintivamente erano subito schizzati a quella porta, in fondo a destra, che conoscevo tanto bene, notarono un particolare che costrinse i miei piedi a fermarsi. La porta di Oikawa era spalancata. Stupito, decisi di avvicinarmi, spinto dalla forte sensazione che qualcosa non andasse.

Arrivato in fondo al corridoio, scoprii che i miei sospetti erano fondati. La porta era aperta, ma il letto di Oikawa era vuoto: lui infatti si trovava steso sul pavimento, proprio di fronte a me. Parlava tra sé e sé, dicendo cose senza senso, e capii presto che stava delirando. Probabilmente si era alzato dal letto per cercare di aprire la porta e uscire dalla camera, ma era troppo debole per rimanere in piedi tanto a lungo, e così era caduto a terra. Mi abbassai a terra e provai a chiamarlo.

"Iwaaa-chaaaan...sei tu?

"Sì, sono io Oikawa"

"Bene....arrivi giusto in tempo...stavo giusto giusto per...." fece una pausa.

"Iwa-chan...che strano...penso di essermi appena scordato...quello che volevo fare..."

"Smetti di parlare, Oikawa. Ti riporto a letto"

Feci passare il suo braccio attorno alle mie spalle, e il mio sotto le sue ginocchia, e lo sollevai. Mi sforzai di non pensare a quando mi fosse mancato averlo così vicino. Lo adagiai sul letto e lo coprii per bene. Ma lui non ne voleva sapere di stare lì fermo, e ben presto collegai il calore che avevo percepito mentre lo portavo e i deliri: Oikawa aveva la febbre altissima.

"Iwa-chan...portami....altre...caramelle...ne voglio....ancora..."

Stupito, andai a controllare il suo cestino, e vi trovai diverse scatole vuote di farmaci.

Possibile che...?

"Resta fermo qui. Hai capito Oikawa? Non ti muovere finché non torno"

Lo guardai annuire con lo sguardo perso nel vuoto, poi uscii di corsa, assicurandomi di chiudere la porta alle mia spalle.

Corsi di sotto, all'ingresso, e poi mi diressi verso la porta che conduceva al ripostiglio.

"Gladis?" chiamai a voce alta.

"Iwaizumi? Sei tu?"

"Che cosa gli hanno dato? Dimmi che cosa gli hanno dato!"

"Calmati. Di cosa stai parlando?"

"Parlo di Oikawa. La porta della sua camera era aperta, e lui sta delirando. Ha la febbre alta, e penso che in tutto questo c'entrino le scatole vuote che ho trovato nel suo cestino"

"Senti Iwaizumi, non sono un'infermiera, sono una semplice custode, non so cosa gli abbiano dato, ma quel ragazzo era messo davvero male. Non ti immischiare in faccende che non ti riguardano"

"Faccende che non mi riguardano? È di Oikawa che stiamo parlando, Gladis"

"So benissimo di cosa stiamo parlando. Parliamo di un ragazzo che ti ha mentito spudoratamente pur di avvicinarti. Parliamo di un ragazzo con seri problemi psicologici, dei quali non so, né voglio sapere, la causa. Ti consiglio di allontanarti finché sei in tempo, anche se temo di essere arrivata troppo tardi a dirti queste cose"

Non ce la feci più a sentirla parlare. Non ce la facevo più a sentire nulla.

Senza rispondere mi voltai e me ne andai. Risalii le scale, e lungo la strada mi fermai nella mia camera, per prendere dall'armadio una vecchia maglietta, e al bagno, per prendere un secchio e riempirlo di acqua fredda.

Oikawa era rimasto immobile sul letto, come gli avevo chiesto. Presi la sedia dalla scrivania e la avvicinai al suo letto. Mi accorsi subito che era in uno stato di confuso dormiveglia. Immersi la maglietta nell'acqua gelata, e la usai come straccio passandola sulla sua fronte. Mi sembrò di percepire che la temperatura fosse salita ancora.

Un po' di tempo dopo Oikawa era riuscito ad addormentarsi, sebbene il suo non fosse affatto un sonno tranquillo. Continuavo a tamponargli la fronte con la mia maglietta, e piano piano notai che il suo corpo iniziava a rilassarsi. Quando finalmente sentii che avevo fatto abbastanza mi alzai, e guardando fuori dalla finestra, scoprì che il sole era tramontato da un bel po'. Con un sospiro, rivolsi nuovamente lo sguardo verso Oikawa, che finalmente dormiva sereno. Gli scostai i capelli umidi dalla fronte e rimasi a guardarlo per qualche minuto. Poi mi voltai e aprii la porta. Mentre uscivo, mi sembrò di sentirlo sussurrare il mio nome, ma non mi voltai. Chiusi la porta e me ne tornai nella mia stanza.

portami a casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora