Convivenza

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Il video sulle ship aveva letteralmente spopolato.

Io ero ovviamente contento del successo ma allo stesso tempo un po' perplesso. Non capivo tutto l'hype che si era creato attorno a coppie palesemente finte, in particolare la Tankele.

Continuavo a domandarmi come facessero le persone a non rendersi conto del fatto che fosse tutta una bufala e che il rapporto tra me e Tancredi fosse tutt'altro che idilliaco. Quelli che, con il filtro della telecamera, passavano per battibecchi affettuosi erano in realtà la riproduzione del nostro rapporto quotidiano: lui rompeva le palle e io per contenermi dal dargli una testata facevo il passivo aggressivo.

No pun intended.

Eppure, i commenti erano tutti un "hai visto come lo ha guardato😍?" o "Voglio qualcuno che mi guardi come Lele guarda Tank" e io avrei tanto voluto prendermi la libertà di rispondere "Come? Come se ti volesse ficcare sotto con un trattore?".

L'aspetto più negativo di tutta questa situazione era che Tancredi, al contrario, si stesse godendo la cosa fin troppo e che la usasse per costringermi a passare con lui più tempo di quanto volessi. Ogni scusa era buona per fare un video Tankele, quindi, quasi quotidianamente me lo ritrovavo intorno con quel sorrisetto da figlio di una buona donna su quella faccia perfetta che si ritrovava. Che odio.

Un prezzo fastidioso da pagare, ma tutto sommato ragionevole considerato che dopo poche settimane da quel video eravamo stati contattati da un'agenzia.

Era una cosa grossa. Un'opportunità enorme. Lavorare per un'agenzia significava avere accesso a sponsor e contatti e ci apriva tantissime porte. Dopo aver ricevuto la proposta, passammo una serata intera in un pub a fantasticare su come sarebbero cambiate le nostre vite, su quali strade avremmo potuto prendere e quali talenti coltivare.

Quello che ci chiedevano in cambio era di lasciarci guidare da loro nella cura dell'immagine che avremmo dato all'esterno e di trasferirci a Milano per andare a vivere tutti insieme.

Questo era il punto che mi turbava di più.

Andare a vivere con Diego era nei miei piani da sempre e vivere con Gian sarebbe stato divertente. Ma la prospettiva di condividere la casa con Tancredi non mi allettava minimamente.

Prima di tutto per il suo stile di vita. Conoscendolo avevo scoperto che fosse un gran disordinato e, come mi aspettavo, un puttaniere. Ogni sera si portava a casa uno diverso e io non ero sicuro di apprezzare il via vai per casa mia. Non mi piaceva l'idea di incontrare sconosciuti in corridoio e di far entrare persone di cui non mi fidassi in casa tra le mie cose.

Inoltre, il nostro rapporto continuava a non essere idilliaco. Avevamo trovato una sorta di equilibrio per far funzionare le cose tra noi ma questo non bastava a definirci amici.

Io, per quanto possibile, tentavo di ignorarlo ed evitarlo mentre lui cercava ogni giorno nuovi modi di tormentarmi.

L'ultima trovata geniale era quella di mandarmi, ogni sera, un messaggio della buonanotte.

Non ne saltava una.

Questo suo incessante "corteggiamento" mi turbava. Non so cosa sperasse di ottenere, perché da parte mia era evidente che non stesse funzionando. Il bad boy arrogante, posso ammetterlo, era intrigante ma non sufficiente a farmi dimenticare che stavamo parlando di qualcuno incapace di distinguere tra un corpo caldo e un buco nel muro.
Purtroppo però, più io ignoravo le sue avances, più lui prendeva i miei rifiuti come una sfida personale. Era così evidente da essere patetico. Se gli avessero chiesto "Cosa ti piace di Lele?" non avrebbe neanche saputo rispondere. Tutta questa tenacia dipendeva da una cosa e una cosa soltanto: il fatto che io non fossi caduto ai suoi piedi.

Tutte le volte che ti ho detto di noDove le storie prendono vita. Scoprilo ora