Va bene lo stesso, no?

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T: Gian. Ti dico che è impazzito. È impazzito lui e sta facendo impazzire anche a me.

Ero veramente sull'orlo di una crisi di nervi. Non ci stavo capendo più niente. Lele non mi ci stava facendo capire più niente. Perché lui mi aveva chiesto di non provarci più, lui voleva che gli stessi lontano. E soprattutto lui voleva che smettessimo di scopare.

Ma adesso stava facendo veramente di tutto per rendermelo impossibile. E io non potevo continuare a vivere in quel modo.

G: Ma Tanche, scherza. Adesso per due battute ti formalizzi? Da quando?

Guardai il mio migliore amico con gli occhi che quasi mi schizzavano fuori dalle orbite. Ero nervoso e quella notte avevo a mala pena dormito, quindi era molto meglio che lui la smettesse subito di minimizzare e che mi aiutasse a risolvere il mio problema, perché ero sul punto di aggredirlo fisicamente.

T: Due battute? DUE BATTUTE? Ieri sera mi è quasi venuto un infarto!

Il suo atteggiamento cambiò immediatamente. Si irrigidì e mi guardò serio.

G: Ieri sera? Che è successo ieri sera?

T: Non fare il finto tonto perché non so cosa sta succedendo ma sono abbastanza certo che c'entri anche tu. Mi state nascondendo qualcosa. Cosa sta succedendo?

Lui neanche mi ascoltò.

G: Cosa è successo ieri sera, Tancredi?

T: Lui...

Stavo per raccontargli tutto, come avevo sempre fatto per qualsiasi altra persona, ma improvvisamente mi resi conto che l'idea che Gian sapesse quello che accadeva tra me e Lele, non mi piaceva per niente. Non mi sembrava giusto, era come permettere a qualcun altro di entrare in qualcosa che era solo nostro.

T: Non te lo dico che è successo ieri sera. Sappi solo che quasi muoio. Hai capito? Io. Il tuo miglior amico. Rischio di morire.

G: CHE È SUCCESSO IERI SERA? AVETE SCOPATO?

E a quel punto mi bloccai, qualcosa decisamente non quadrava. Perché si agitava così tanto? Perché mi stava urlando contro? Come fosse colpa mia poi. Io ero la vittima in quella situazione. Una povera vittima innocente.

T: Perché ti stai agitando?

Lui mormorò qualcosa che somigliava terribilmente a "Mi aveva detto che non era successo niente..." e una sensazione spiacevole, amara, di cieca furia iniziò a risalirmi dallo stomaco alla gola.

T: Che hai detto?

G: Cosa?

Il suo sguardo leggermente colpevole mi mise in allarme. C'era davvero qualcosa che mi stava nascondendo? Mi stavo davvero incazzando.

T: Che cazzo te ne frega a te se abbiamo scopato?

G: Tanc, perché ti stai agitando?

Io? Io mi stavo agitando? Lui pretendeva di avere voce in capitolo su quello che io facevo con Lele e voleva pure avere ragione? In base a cosa? Con quale diritto? E se pensava di fregarmi mettendosi a fare l'innocente proprio ora, dopo quella sparata, allora davvero non aveva idea di quello che gli stava per succedere. Avanzai lentamente verso di lui.

T: Gian. C'è qualcosa tra voi due? C'è qualcosa tra te e Lele?

Lui mi guardò e sollevò il sopracciglio. Poi ebbe anche il coraggio di sorridere sornione, facendomi andare ancora di più il sangue al cervello. Non c'era proprio un cazzo da ridere.

G: Tra me e Lele dici? Beh ha un bel sorriso, un bel corpo...

T: Taci. Che cazzo stai dicendo? E levati quel sorriso dalla faccia. Non è divertente.

Tutte le volte che ti ho detto di noDove le storie prendono vita. Scoprilo ora