14º

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Quando Eleonora entrò furtiva in cucina si stupì nel vedere la sua amica in lacrime.
"Ehi, Marianna tesoro che succede? Perché piangi? Non si sarà approfittato di te? Ah proposito scusa per Ernesto, a volte è proprio deficiente."
Marianna tirò su con il naso e scosse la testa.
"Tranquilla non fa niente, comunque Ernesto è sempre deficiente."
Eleonora rise e poi assunse un espressione curiosa e ammiccante.
"Allora? L'argentino è focoso? Ho mandato via Ernesto e mi sono chiusa in camera per lasciarvi un po' di privacy.  Certo non mi aspettavo di trovarti così ma-"
Marianna la interruppe.
"Ele di che diavolo stai parlando?"
Eleonora si stupì.
"Scusa non sei, cioè voglio dire non avete fatto...si insomma..."
Marianna si passò una mano nei capelli.
"Ele non è successo niente di quello che pensi. Ho finito tardi in banca, quando siamo finalmente usciti mi sono avviata da sola per andare alla fermata dove passa l'ultimo pullman. Ad un certo punto un tipo con un coltello mi si è parato davanti e voleva i soldi perché era convinto fossi andata in banca a prelevare."
Eleonora si coprì la bocca con una mano e spalancò gli occhi.
"Oh santo cielo! E cosa ti ha fatto? Ti ha fatto del male? Hai chiamato la polizia? Hai-"
"Ele, Ele! Calmati, sto bene. Non mi ha fatto niente, avevo solo venti euro e se li è presi."
Eleonora si passò una mano sul viso e sospirò in modo plateale.
"Oh santo cielo, meno male."
Poi sembrò pensarci su e puntò lo sguardo sul viso di Marianna.
"Ok, ma in tutto questo Luis che c'entra? Perché è qui? Non capisco."
Marianna prese un fazzoletto e si soffiò il naso.
"Ele il rapitore non mi ha fatto niente solo grazie a Luis. Non ho idea di cosa ci facesse da quelle parti, quello che so è che ha iniziato una colluttazione con quel malvivente ed è rimasto ferito. Di la in camera l'ho portato solo per ricucire la ferita."
Eleonora era dubbiosa.
"Bel gesto da parte sua e anche da parte tua, ma c'è una cosa che non capisco."
Marianna alzò gli occhi e guardò la sua amica in una muta domanda.
"Perché diavolo stavi piangendo?"
"Ele tu non capisci, gli ho ricucito la ferita ma io non sono un medico. Non è voluto andare in ospedale e se dovesse venirgli un infezione? Sarebbe solo colpa mia, inoltre io non sopporto la vista del sangue. Non so neanche come l'ho ricucito. Volevo solo vomitare. E poi è stato un periodo molto stressante per me."
Eleonora le passò una mano sul braccio con fare solidale.
"Lady Marian sei un anima così pura. Se avessero trattato me come Luis ha trattato te col cavolo che lo avrei aiutato. Ma tu hai un cuore così grande che non ti mette nessun veto, ricorda pudicitia virtus paucorum. Domani è sabato quindi puoi stare a casa e curare Luis, se lui vuole. Altrimenti se va via amen. Tu hai fatto il tuo dovere. Bene, la mia lezione di vita è terminata, me ne vado a dormire che domani mattina Ernesto mi viene a prendere per andare un weekend in montagna. Tina torna alle sei e ha detto che va a trovare i suoi. Mi spiace ma resti da sola, se è un problema dico a Ernesto che ho il ciclo e che non mi va di andare in montagna."
Marianna scosse la testa.
Non avrebbe mai permesso che le sue amiche rinunciassero a vivere per lei.
"Tranquilla vai pure, altrimenti corri il rischio che picchio Ernesto. Non preoccuparti per me, devo terminare il vestito a Caterina e poi stirare tutto. Quindi sarò parecchio impegnata."
"Sicura?"
Al segno di consenso di Marianna, Eleonora le diede un bacio sulla guancia e andò a dormire.
Ora il problema era, andare in camera e vedere se era ancora vivo e tornare in salotto?
O restare in salotto e basta?
Poi però il senso civico e il senso di colpa la spinsero ad avventurarsi in camera a controllare che respirasse ancora.
Abbassò piano la maniglia e entrò piano richiudendo la porta dietro di sé.
Luis dormiva.
Marianna si avvicinò piano e si inginocchiò di nuovo vicino al letto per controllare se la garza si era sporcata.
Sollevò la coperta e accese la luce sul comodino, la garza era un po' sporca ma niente che facesse pensare che stesse ancora sanguinando molto.
Sospirò piano e appoggiò la testa sulle braccia per calmare i battiti del cuore, però la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.
Alle prime luci dell'alba Luis sbatté le palpebre e si guardò intorno stupito, poi riconobbe la testa bionda appoggiata sul letto e si tirò piano a sedere ricordando la sera prima.
Il fianco gli doleva ma sembrava che Marianna fosse stata molto più brava di suo fratello Ramon a cucire.
Tornò a guardarla e si sentì quasi colpevole a vederla dormire così sul pavimento.
Si alzò piano e con poco sforzo riuscì a metterla sul letto senza fare danni.
Faticava ad ammetterlo ma gli era mancata.
Gli era mancato essere oggetto dei suoi occhi fiammeggianti quando era arrabbiata con lui.
Gli era mancato il suo profumo delicato e fresco.
E aveva una gran voglia di baciare nuovamente le sue labbra ma non era sicuro che lei potesse essere d'accordo.
Si distese nuovamente e coprì i loro corpi con la coperta.
Di sicuro si sarebbe arrabbiata al suo risveglio ma al momento si sentiva troppo stanco per pensarci.
Quando Marianna aprì gli occhi si stupì di essere nel letto, non si ricordava di essersi coricata.
Si girò piano e vide Luis steso accanto a lei che dormiva profondamente, si soffermò a guardarlo dato che poteva.
La barba era più lunga del solito, l'orecchio destro aveva un buco, segno che in passato portava l'orecchino.
Aveva un viso privo di imperfezioni ed era bello da impazzire, fece per alzarsi ma la mano di Luis la bloccò per un braccio.
Era sveglio.
"Buenos dias señorita."
Il tono sensuale e la voce arrochita dal sonno fecero sussultare Marianna che arrossì.
"Buon giorno maestro."
Luis sorrise e si passò una mano sul viso.
"Sempre combattiva, anche di prima mattina señorita?"
Marianna gli rivolse un occhiataccia.
"Bhe maestro vedo che le cattive abitudini sono dure a morire. Io devo fare colazione, vuoi qualcosa? Nel senso te la porto di qua o te la senti di seguirmi in cucina?"
Luis si mise lentamente a sedere e portò una mano sul fianco.
"Tranquilla señorita se la ferita non si è riaperta quando ti ho messa sul letto non credo si riaprirà se faccio due passi."
Marianna rimase scioccata.
"Tu, ti sei alzato per mettermi a letto? Sei impazzito per caso?"
Luis la guardò meravigliato.
"Strano modo di ringraziarmi señorita. Eri in una posizione scomoda e ti ho sollevata, non sei tanti pesante da spaccarmi la schiena."
Marianna si alzò stizzita.
Preferiva che non la toccasse affatto.
"Nessuno ti ha chiesto niente. Devo medicarti la ferita e preferirei farlo prima di fare colazione."
Andò in bagno, prese quello che le serviva e tornò in camera, Luis si era steso nuovamente in attesa.
Tolse piano il cerotto e rimosse la garza sotto lo sguardo attento di Luis.
Prese del disinfettante e ripulì la ferita stando attenta a non premere molto.
"Il sangue ti impressiona?"
Marianna sollevò lo sguardo a quella domanda e si strinse nelle spalle.
"Cosa te lo fa pensare?"
Luis fece un ghigno.
"Señorita, anche se non ti vedo da ventitré giorni so riconoscere le espressioni del tuo viso. E dato il tuo attuale pallore deduco che il sangue ti impressiona."
Marianna mise una garza pulita e fermò tutto con il cerotto, raccolse quella sporca e si alzò dal letto.
"Se avessi potuto scegliere cosa fare nella vita di sicuro posso assicurarti che non avrei mai fatto l'infermiera. Se ti serve il bagno e la seconda porta a destra, io sono in cucina. Bevi caffè?"
Luis annuì e Marianna uscì dalla stanza.
In cucina mise la caffettiera sul fuoco e sbatté una tazzina sul tavolo
Prima la trattava male, poi la baciava, poi si scusava, ora voleva addirittura psicanalizzarla .
Chi diavolo si credeva di essere.
La presenza di Luis la mise in agitazione e avrebbe versato il caffè fuori dalla tazza se lui non l'avesse aiutata.
"Le tue amiche?"
"Eleonora è andata in montagna con il tipo che hai visto ieri sera, Tina è andata a trovare i suoi."
Luis annuì e bevve un sorso di caffè.
"Quindi ti piace cucire? Saresti andata d'accordo con nonna Mercedes, anche lei era costurera. Cuciva il corredo per le spose."
Marianna si rese conto che parlava con amore della nonna e soprattutto al passato.
"Lei è... è morta?"
Luis annuì.
"Mi spiace."
"Anche a me. Voleva vedermi casado e invece non mi ha visto neanche prima di...."
"Non eri a casa tua?"
Luis scosse la testa.
"Por què dici che se avessi potuto scegliere cosa fare no avresti scelto di fare l'infermiera?"
Marianna notò il repentino cambio di discorso ma non vi diede peso, alla fine gli piaceva parlare con lui.
"Perché sono stata costretta a studiare scienze politiche bancarie."
Luis aggrottò la fronte.
"Por què?"
Marianna si alzò per prendere altri biscotti.
"Ormai avrai capito che vengo dalla Sardegna, lì vige l'obbligo di obbedire ai propri genitori. E io ho dovuto obbedire a mio padre e studiare quello che lui voleva sopprimendo i miei sogni."
Luis le rivolse un occhiata profonda.
"E quali erano i tuoi sueños?"
Tutto sommato quando diceva le parole nella sua lingua le faceva venire dei fremiti inspiegabili.
"Ehmm...i miei sogni. Io...bhe io volevo aprire una sartoria, avere un marchio tutto mio. Creare mi è sempre piaciuto e volevo che la mia linea avesse un timbro che mi rappresentasse. Poi ho studiato economia e ho messo i miei sogni in un cassetto. "
Luis prese un biscotto e lo mise intero in bocca, quando finì di mangiarlo la guardò nuovamente facendola arrossire.
"Ma comunque cuci. Ho visto in camera tua delle bozze, si chiamano così? Perché non lo realizzi adesso il tuo sogno?"
Marianna si alzò e mise la tazza della tisana nel lavello.
"Si mi capita di cucire, ora lo sto facendo per una mia amica. Non credo di esserne capace, insomma non ci si butta a capofitto in qualcosa di ignoto. Sarebbe da folli lasciare il lavoro in banca per aprire una sartoria. E se non dovesse funzionare? Poi comunque vorrei poter disporre di stoffe che qui non si vedono molto. Creare una linea vuol dire anche usare qualcosa di nuovo, che attiri. E qui non c'è niente che soddisfi i miei occhi. Tu invece? Hai sempre fatto il maestro di tango argentino?"
Luis si mise a ridere e scosse la testa.
"No assolutamente. Noi argentini nasciamo con la musica nel corpo. Bailar il tango è solo una delle tante cose che so fare, potrei riparare un tubo che perde o aggiustare il motore di una macchina che non parte. A Mendoza facevo un po' di tutto."
Marianna era curiosa.
"E... perché sei venuto in Italia?"
La domanda fece irrigidire Luis che si alzò e fece un passo indietro.
"Señorita ho approfittato fin troppo della tua cortesia. Ora è bene che io tolgo il disturbo."
Marianna restò perplessa.
Cosa aveva sbagliato?
"Non ti preoccupare maestro, nessun disturbo, lo avrei fatto per chiunque."
Luis andò in camera a recuperare il giubbotto.
Quando tornò Marianna lo aspettava in salotto.
"Mi raccomando cambia nuovamente la garza stasera e disinfetta la ferita. Io non so davvero come ringraziarti per ieri sera."
Luis mise le mani in tasca e annuì.
"Non c'è bisogno di ringraziare, mi hai medicato. Ora vado. Ci si vede señorita."
Aprì la porta e prima che Marianna potesse rispondere al saluto aveva già chiuso la porta dietro di sé.
"Questo tipo è davvero davvero strano. Mettiti a lavoro Marianna e non ci pensare."
Andò a recuperare tutta la roba di Caterina e si mise a lavoro.
Luis era rimasto pochi minuti dietro la porta chiusa a frenare la voglia di suonare per rientrare e baciare Marianna fino allo sfinimento.
Se ne andò stizzito dallo stabile.
Non era da lui reagire così, ma non poteva di certo dirle che era arrivato in Italia per seguire il suo grande amore.
Marianna lo avrebbe deriso.
O forse no, ma non gli andava di raccontarle i fatti suoi o della sua vita.
In fondo restava pur sempre un estranea, un estranea fin troppo bella e semplice che iniziava a entrargli dentro.
Era da Consuelo che non si sentiva così e stare in compagnia di Marianna era leggero, non pesante come le altre donne con cui aveva avuto giusto un avventura.
Marianna nella sua freschezza lo faceva sentire a casa sua, adorava sentirla parlare e gli sarebbe piaciuto continuare ad ascoltarla e scoprire altro di lei.
Purtroppo questo significava mettere in tavola anche la propria vita e lui non se la sentiva di essere giudicato.
Arrivò al piccolo appartamento che aveva affittato grazie a Roberto e si spogliò per fare una doccia.
Si guardò la ferita e decise che ci voleva un altro tatuaggio a coprire l'ennesima cicatrice.
Perché si, non era la prima.
A Mendoza ne aveva collezionate tante, non era stato un ragazzino facile né tantomeno lo era stata la vita con lui e la sua famiglia.
Ne avevano passate di tutti i colori finché l'hacienda di suo padre non era decollata.
E proprio nel momento in cui c'era più bisogno di mani e braccia lui se n'era andato per seguire lei.
Quella che che credeva essere la donna della sua vita.
Quella che era cresciuta insieme a lui tra le vie di Mendoza.
Quella che nonostante i suoi quindici anni gli aveva fatto perdere la testa.
Quella con cui aveva passato i dieci anni più belli della sua vita.
Quella che un giorno gli aveva detto che Mendoza era troppo stretta per lei.
Quella per cui lui non riusciva più a dare fiducia a nessuna donna.
Consuelo.
Consuelo era stata la rovina della sua vita, del suo cuore, della sua anima.

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