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Avevano da poco finito di cenare e mentre lei lavava i piatti Eleonora finiva di sparecchiare e rassettava.
"Ti andrebbe una tisana Ele?"
"Sì dai, ma voglio quella che ha preso Tina. Quella detox rilassante."
Marianna annuì e sciacquò le mani.
Poi prese due tazze e il bollitore.
"Continuo a dire che un microonde ci tornerebbe utile."
Eleonora le lanciò un occhiataccia e si lanciò in una delle sue discuisizioni su quanto fosse dannoso un apparecchio simile con le sue onde elettromagnetiche che si disperdono a ogni utilizzo provocando danni collaterali all'uomo.
Marianna alzò gli occhi al cielo e la interruppe prima che arrivasse a parlare del discioglimento dei ghiacci.
" Si si banda beni eus cumprendiu , nudda innovazioni , torrausu a is'orìzine!"*
Eleonora inorridì.
"Oh ti prego per piacere, non mi parlare in sardo. Lo sai che sono fissata con l'italiano e che non capisco niente di quello che dici."
Marianna sorrise.
Era bello vedere la statuaria Eleonora Fizzi Contini in difficoltà.
"Ho detto che va bene, niente innovazione, torniamo alle origini. Niente diavolerie che emettono radiazioni!"
"Perdonami ma per quanto mi piace la Sardegna non riesco a decifrare il significato di quello che dici."
"Tranquilla Ele. Lo sai, a volte ho la predisposizione a lasciarmi andare alle mie origini."
"Ti manca casa tua?"
Fece una smorfia.
"Ele abbiamo fatto più volte questo discorso. E ci sono stata a Natale a casa mia. La Sardegna è meravigliosa, tutti la vedono solo come meta per le vacanze per le sue acque cristalline ma non c'è solo il mare da noi. Mi manca l'aria di casa mia, i rumori, i bambini che giocano per strada, l'odore del mare e i colori. Ma lì non c'è lavoro. Senti cambiamo discorso che mi viene il magone. Non credo mi abituerò mai."
Eleonora le sorrise dolcemente e prese le tazze portandole in salotto.
Sedettero sul divano e presero a sorseggiare le loro tisane.
"Marianna."
"Mh"
"Hai pensato alla mia proposta?"
Marianna si bloccò con la tazza a mezz'aria e guardò la sua coinquilina.
"Ele no! Sono già diversi mesi che tenti di organizzarmi un incontro al buio. Non ci tengo, grazie per la premura ma evidentemente per me non è previsto un uomo al mio fianco."
Eleonora fece un gesto annoiato con la mano.
"Sciocchezze. Per tutte noi è stato designato un compagno, l'unico problema è che non sappiamo a quale età giungerà! Intanto però potresti allargare la cerchia delle tue amicizie. Andiamo Marianna sei qui da quanto quattro, cinque anni? E quanti amici hai? Le uniche cene a cui prendi parte sono quelle con i tuoi colleghi e il più giovane ha quarant'anni e due figli. Quelle con i miei amici? Fai sempre la parte dell'asociale. Non va bene così."
"Bhe intanto sono quasi sette anni che sono qui e non faccio l'asociale quando esco con i tuoi amici. C'è quel tipo, credo si chiami Ernesto, che mi sta sulle ovaie. È un saccente che non conosce la parola scusa e non sa neanche che quando una persona sta parlando, per quanto possa essere insulso o inutile quello che sta dicendo non la si interrompe! Non lo sopporto. Ogni volta che sto parlando con qualcuno mi interrompe, è odioso! Ecco perché ti sembra che io faccia l'asociale."
"Va bene lasciamo perdere le cene, da quando non esci con un ragazzo? Andiamo non puoi mantenere per sempre il ricordo di quell'unica volta in cui ti sei lasciata andare. A quest'ora ci sarà una nidiata di ragnatele la sotto!"
Marianna guardò sbalordita la ragazza accanto a lei, non era insolito che si lasciasse andare dimenticando le buone maniere ma....
"Ele!"
Eleonora si alzò dal divano per portare la tazza nel lavello.
"Oh andiamo non fare la sconcertata! Non sei più una dolce e ingenua verginella e sai che un po' di sano divertimento ogni tanto ci vuole. Non ti sto dicendo che devi darla al primo venuto ma devi scaricarti un po' di tensione che ti porti dietro dal primo anno di università!"
"Ne sono consapevole non c'è bisogno di ricordamelo. Ma non mi sento di farlo con chicchessia, ne tanto meno di usare il sesso come valvola di sfogo. Mi sentirei sporca."
Non voleva fare la retrograda ma non cercava la scopata di una o due volte per passare poi a un altro ragazzo. Le era già successo di lasciarsi andare ed era andata male.
"Lady Marian non ti sto mica dicendo che al primo appuntamento ci devi fare sesso, dio santo, credo che solo le escort lo facciano ma sono pagate è il loro lavoro. Quello che ti sto dicendo è di provare a uscire ogni tanto dal tuo bozzolo e divertirti, non di fare sesso sfrenato ogni sera. Potresti prendere in considerazione le app di incontri se proprio non conosci nessuno. Ti organizzano un incontro con un tipo in un locale e tu ti presenti, se dopo mezz'ora non ti è scattata la molla della simpatia ti alzi ringrazi e te ne vai. Tutto qua, ma perlomeno..."
Il rumore dello scrocco della porta la interruppe e entrambe si girarono.
Tina era rientrata.
"Ciao ragazze che fate di bello?"
"Ciao Tina, sei stanca?"
"Ciao bentornata, ti scaldo la cena."
Tina tolse la sciarpa e il cappotto e li buttò senza tante cerimonie sul divano, poi si tolse le scarpe e si massaggiò i piedi.
"Dio che sollievo. Oggi questo doppio turno mi ha massacrata, domani dormo fino a tardi."
Marianna la guardò comprensiva.
"Non dovresti mettere i tacchi alti quando fai il doppio turno, stai tante ore in piedi. "
Tina lavorava in una fabbrica di biancheria lì a Rovigo e spesso faceva il doppio turno.
A volte il secondo turno consisteva nell'esaminare i capi e scartare quelli difettati, la maggior parte del tempo sempre in piedi.
"Lo so tesoro ma non riesco a rinunciare a sentirmi femminile e sexy. Magari un giorno si accorgerà di me."
Sta volta la guardò quasi con compassione. Tina lavorava in quella fabbrica da tre anni ed era fissata con il suo capo reparto forse da allora.
Cercava di mettersi in tiro per lui ma spesso tornava sconfortata perché non le aveva rivolto neache uno sguardo.
"Allora di cosa stavate parlando?"
Chiese dirigendosi in cucina.
"Uh, della 'Iolanda' di Marianna. Ha deciso che deve farci un allevamento di ragnetti."
Tina la guardò scioccata.
"Non badare a Ele, oggi è strana."
"Non sono strana. So solo come ci si diverte. Domani sera stiamo organizzando un cinema e poi una pizza per decidere sabato dove si va a ballare. Voi invece che fate?"
Le guardò con cipiglio curioso e con le mani a stringere la vita sottile.
Lei e Tina si scambiarono uno sguardo quasi colpevole.
Effettivamente non facevano molta vita mondana ma non significava che non sapevano divertirsi.
"Bhe io ho la maratona di Masterchef Italia, Bastianich mi fa morire. E poi domenica ho il turno quindi non posso fare after."
" Io invece ho la palestra, domani devo andarci assolutamente perché devo pagare il mese prossimo."
Eleonora le guardò sbigottita.
"Uuhhh che vita movimentata avete. Tina tu stai solo perdendo tempo dietro quel... quel, vesica inflata pauco! E tu Lady Marian ti stai preparando a diventare una spinster senes! Ohhh dio santo!"
Lei e Tina la guardavano stupite, ma Tina più di lei perché non aveva studiato il latino pertanto non aveva la benché minima idea di cosa le avesse propinato.
"Scusa ma ho sentito bene? Dove ha detto che tiene infilata la vescica?"
Marianna alzò gli occhi al cielo divertita.
"Lo ha definito pallone gonfiato, era vesica non vescica. A te è andata bene, a me ha dato della zitella attempata."
Parlavano sottovoce tra loro per non innervosire Eleonora.
"Quanto meno cercate di non confabulare tra voi, pensate piuttosto a uscire. Bene io vado a vestirmi."
Le lasciò così su due piedi per andare a vestirsi.
Ma per loro non era di certo una novità.
Eleonora, sfuriava, dibatteva e poi con una tranquillità innata si preparava per uscire con la sua cricca fatta per la maggior parte di studenti fuori corso che avevano il libretto degli assegni del papi in tasca.
"Ma tu hai capito alla fine la conclusione?"
Tina continuava a guardare la porta del corridoio che dava alle stanze con attenzione, aspettava che Eleonora tornasse per una spiegazione.
Marianna sciolse la coda e si passò le mani nei capelli.
"No Tina, quello che so è che me ne vado a dormire perché domani devo lavorare. Per il resto questa è un altra delle discuisizioni della nostra Ele, la abbiamo accettata così come era e possiamo solo conviverci. Non starci troppo a pensare."
"Sì ma mi da fastidio quando non capisco che dice, quasi mi fa venire voglia di risponderle in dialetto comacchiese o altamurano così la faccio sclerare un po'. Sai giusto per vedere la Fizzi Contini a disagio."
Fece un sorrisetto di sfida e prese posto al tavolo per consumare la sua cena.
Tutte e tre avevano un carattere diverso e questo le portava non a discutere ma a confrontarsi spesso.
Tina era la più pazza, era la classica tipa a cui piaceva scherzare e ridere.
Con il suo metro e un tappo di sughero come diceva lei era un concentrato di vita.
I capelli dritti a caschetto che alternavano colori da nero a cioccolato a mogano come la stagione proponeva.
Aveva la strana abitudine di cucinare in qualsiasi momento le venisse voglia, una volta si era alzata alle due di notte per fare la ciambella bicolore con la ricetta di sua nonna.
Era di buon cuore, generosa e mai arrabbiata, come la pugliese doc di nascita quale si vantava di essere.
Aveva forme arrotondate ma nei punti giusti e questo la rendeva bella e sensuale anche se lei si fissava nel voler dimagrire.
L'unica sua pecca era quella di non capire una ceppa di latino e continuare a perdere tempo dietro al suo capo.
Marianna prese il cavetto del cellulare per metterlo in carica e sbadigliò.
"Notte Tina, io vado a nanna. Lascia pure i piatti li faccio appena mi alzo domani mattina."
Tina infilò una forchettata di carote in bocca e scosse la testa.
"Tranquilla Lady Marian, li faccio io. Tu vai a lavoro e non preoccuparti."
"Ok Tina ti ringrazio. Ah a proposito, cerca di non ammazzarti domani con la docente ok?"
Tina sogghignò.
"Va bene ciccia, ma non ti prometto niente. Se inizia a parlarmi in latino le rispondo per le rime."
Marianna scosse la testa e andò in camera.
Tolse la vestaglia e la lasciò sul pouf ai piedi del letto, si affacciò alla finestra e ammirò per qualche istante la torretta del Duomo che si stagliava dritta nel cielo al riverbero della luna.
Sospirò frustrata.
In fondo Eleonora non aveva tutti i torti, era da tanto che non usciva per divertirsi.
Con i colleghi si parlava solo di lavoro e di quotazioni.
Lei aveva bisogno di parlare di tutto e di niente, di cose futili e leggere, di starsene una intera serata a passeggiare per le strade illuminate dai lampioni, magari mangiando un calzone tentando di uscirne illesi sia da bruciature che da macchie.
Ma non aveva nessuno con cui farlo.
Nessuno di importante.
Lei voleva qualcuno che la ascoltasse, che le dicesse che doveva realizzare i suoi sogni e che la tenesse al caldo di un abbraccio.
Ma forse quello che lei sognava nemmeno esisteva, voleva un ragazzo che non dimenticasse le origini.
Che non fosse ingordo di soldi e lavoro, che non le invidiasse il suo posto.
Perché tanto a lei non piaceva.
Non doveva essere per forza bello, muscoloso e in grado di proteggerla o ricco. La bellezza era una tantum e con il tempo lasciava il posto ai capelli radi e la pancetta.
Voleva qualcuno che la facesse sentire realizzata, importante, il centro del mondo.
Forse voleva troppo.
Forse non esisteva nessuno con quelle qualità, forse leggeva troppi romanzi a lieto fine.
La vita non era un romanzo.
Dove un ricco ereditiero si innamorava della segretaria sciatta per fare di lei la regina del suo cuore.
No, la vita reale era un altra cosa.
Nella vita reale un uomo che sa che lavori in banca ti snobba, perché fai un lavoro più importante del suo.
Nella vita reale ormai l'uomo vuole essere corteggiato perché Maria nazionale ha fatto il trono maschile e l'uomo crede di essere unico e immortale.
Nella vita reale di uomini con sani valori ce ne sono pochi, ormai optano per la convivenza e l'indipendenza.
Lei sognava l'abito bianco, lui ad aspettarla all'altare trepidante, una festa con pochi intimi e poi un viaggio di nozze anche in un paesotto vicino casa senza tante pretese.
Non voleva una festa in grande stile con centinaia di invitati, diventava dispersivo il contesto.
Voleva realizzare il suo sogno di una linea di capi d'alta moda e aprire un piccolo atelier.
Voleva dei figli e perché no, magari anche un cane, un gatto o addirittura un pappagallo.
Non era fuori di testa perché sognava.
Perché i sogni aiutano a vivere meglio, o almeno così diceva Gigi Marzullo, la vicina di casa dei suoi la signora Angela era fissata con quel tipo.
E lei ne era convinta.
Sognare era gratuito, nei sogni potevi anche essere il presidente della Russia e avere uno stuolo di camerieri al tuo servizio.
Anche se non erano questi i suoi sogni tipici.
La Russia era fredda e anche se a lei piaceva l'inverno, adorava il sole, il mare e la sabbia fine e rosata della sua terra.
Sospirò troppo vicino al vetro e una piccola parte si appannò.
Con il dito tracciò un viso senza forme, chissà che un giorno non avrebbe potuto disegnarlo in ogni sua parte colorando gli occhi di un cioccolato bruno e contornare magari la bocca con una barba curata e corta.
Si mise a letto e prese il romanzo dal comodino.
Leggere un paio di pagine la sera la rilassava e la faceva sentire meglio e meno sola.



*Si va bene, ho capito. Niente innovazione torniamo alle origini.

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