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"Ciao Carola io vado, ci vediamo lunedì."
"Ciao Marianna buon fine settimana."
Un altra settimana era finalmente finita, era felice di lasciare la sua postazione tutti i venerdì.
Era inutile, per quanto cercava di farselo piacere il suo lavoro non le andava giù.
Come se non bastava si era lasciata convincere da Eleonora a uscire con lei quella sera, quindi l'euforia che avrebbe dovuto provare perché era in pausa weekend dal lavoro era andata a farsi fottere perché avrebbe dovuto sedere allo stesso tavolo di Ernesto.
Non ricordava neanche come ci era finita in tutto quel groviglio di situazioni.
Ricordava solo che era seduta al tavolo in cucina e disegnava modelli di giacche quando Eleonora si era presentata avvolta nella pellicola come un salame e aveva iniziato a punzecchiarla riguardo la sua vita sociale.
"Che fai venerdì sera?"
"Maratona di zapping con tisana e biscotti."
L'aveva guardata sconcertata.
"Ma sei seria? Dio santo persino Tina esce!"
Aveva fatto spallucce e disegnato un bottone sulla giacca sfiancata.
"Perché, Tina ha fatto voto di clausura? Dove sta scritto che non può uscire?"
"Semplice cara lady Marian, perché Tina ha fatto voto a quel decerebrato che lavora con lei e vive in funzione di quello che lui fa. Sono certa che esce perché in qualche modo a me ignoto ha scoperto dove va quel demente. Ergo oportet excitare!"
Era quando la docente veniva fuori e emetteva massime in latino che doveva iniziare a preoccuparsi.
"Ele io non devo svegliarmi, semplicemente non ho voglia di uscire."
Cambiò foglio e tirò le linee di un corpo sinuoso per poi passare a disegnare l'ennesima giacca, questa volta optò per un taglio maschile da realizzare magari con un caldo pezzo di tweed verde bosco o scozzese.
"Marianna tu venerdì sera uscirai con me e non si discute, andiamo a mangiare una pizza e poi a bere qualcosa o a ballare. Ora vado a togliermi questa roba che inizia a prudermi ovunque."
"Aspetta Ele..."
Ma come al solito con Eleonora non si poteva avere mai il privilegio dell'ultima parola.
Erano andate avanti a discutere del suo diritto di fare quello che voleva della sua vita e dell'imposizione di Eleonora fino a che esasperata aveva dovuto accettare di uscire il venerdì sera con lei.
Ed ora era impelagata in una serata che le stava stretta da tutti i punti di vista, doveva arrivare a casa e cercare di non litigare con Eleonora.
Quando aprì la porta, al naso le arrivò un odore strano, andò in cucina e vide Tina alle prese con quella che doveva essere una torta.
"Tina che stai facendo?"
"Ho trovato una ricetta, è una torta dietetica. Ma non sapevo dove trovare la farina di ceci quindi ho usato il farro che aveva la docente in dispensa. L'ho ridotto in polvere nel mixer ma credo che manchi qualcosa perché è diventata piuttosto alta ma poi è uscita fuori a tavoletta. Secondo te cosa ho sbagliato?"
"Non ne ho idea ma l'odore non è per niente buono, ti consiglio di non mangiarla."
Tina la guardò pensierosa.
"Temo che tu abbia ragione, anche perché guarda.."
Prese la torta e la sbatté sul ripiano in marmo accanto al lavello e questa rimase intatta.
"Temo ci potremmo rimettere qualche dente. Va beh ci ho provato, meglio comprarla."
Buttò via la torta e mise la teglia nel lavello.
"Così stasera esci con la docente?"
Marianna alzò gli occhi al cielo.
Prese la bottiglia dell'olio per condire l'insalata e una forchetta.
"Guarda lasciamo perdere, non so perché si debba fare sempre quello che dice lei. Piuttosto perché non vieni con noi?"
"Ah no! Gli amici di Eleonora sono insopportabili, spocchiosi e irritanti. E poi io stasera esco con tutti i colleghi liberi dal turno, pare che il caporeparto debba dirci qualcosa di importante."
"Comunicarci Tina. E tu signorina che ci fai ancora seduta a tavola? Devi iniziare a prepararti!"
Eleonora entrò in cucina con l'accappatoio e un asciugamano a turbante in testa, rimproverò Tina per la dizione, lei perché era in ritardo e uscì nuovamente.
"Non ti invidio tesoro. No proprio per niente. Gesù che matta!"
"Pensa invece che io ti invidio e pure tanto, non avrai a che fare con quel rompi scatole di Ernesto. Ma tanto trovo una scusa e"
"E che fai?"
Eleonora era rientrata di soppiatto in cucina e la fissava con uno sguardo accigliato e le mani strette in vita.
"Niente. Esco con te."
Eleonora la guardò con diffidenza, poi sul suo viso si dipinse un sorriso maligno.
"Scommetti che non arrivi a mezzanotte? Secondo me te la fili prima."
"No, affatto. Ti ho detto che esco con te e che prima di rientrare facciamo colazione."
Quando Eleonora si impuntava su qualcosa era difficile espugnarla.
Le porse la mano e Marianna la guardò titubante.
"Forza stringi!"
"Perché?"
"Tu stringi."
Fu lì che la fregò alla grande.
Appena le strinse la mano Eleonora le si avvicinò malefica.
"Hai stretto un patto con me Lady Marian, se te la fili prima di mezzanotte dovrai venire con me a lezione di tango argentino."
"Cosa? No! Ma perché?"
Eleonora si strinse nelle spalle.
"Non fai vita sociale, magari trovi un bel cubano che ti faccia perdere la testa."
Cosa si era detto di Eleonora? Che era fissata con l'italiano? Bhe era altrettanto ignorante sulla geografia e sulla toponomastica.
"Scusa ma non hai detto che le lezioni sono di tango argentino? Che c'entrano i cubani?"
Tina si intromise nel discorso.
"Ma chi se ne frega se sono cubani o argentini, l'importante è che Marianna trovi un bel figo che la scuota un po'."
Tina le guardò titubante, conosceva la perseveranza di Eleonora e sapeva bene che alla fine si faceva sempre quello che diceva lei.
Ma conosceva anche Marianna e sapeva più che bene quanto non sopportava Ernesto.
Prevedeva guai seri.
A Marianna non restò che regalarsi un bagno degno di una regina con tanto di olio profumato massaggiato su tutto il corpo.
Mise lo smalto sulle unghie di un tenue rosa e aprì l'armadio per passare in rassegna tutto il suo contenuto.
Tailleur? No troppo serio.
Minigonna? Avrebbe dovuto chiederla a Eleonora ma non se la sentiva di portare le gambe scoperte.
Pantalone classico e dolcevita?
Poteva essere un idea.
Alla fine optò per un jeans slavato stretto, un maglioncino di cashmere e le dècolletè nere.
Il cappottino corto grigio scuro sarebbe andato bene perché era piuttosto caldo e si prestava bene sia su l'elegante che sullo sportivo.
Legò i capelli a coda e si truccò in modo molto leggero, non sopportava troppo trucco sul viso.
Alle otto era pronta, uscì dalla sua stanza e andò a sedersi sul divano vecchio stile con i piedi in legno e la stoffa damascata verde bottiglia.
Tina ed Eleonora si manifestarono circa mezz'ora dopo.
Tina sfoggiava un trucco sapientemente definito, merito di Eleonora, anche se facevano finta di non sopportarsi entrambe si facevano in quattro una per l'altra.
"Finito di fare zapping? Sai dovrebbero inventare le olimpiadi di zapping. Le vinceresti senza ombra di dubbio."
"Ele non iniziare a rompere, ti stavo aspettando che dovevo fare?"
Come se fosse la cosa più ovvia del mondo le mise tra le mani delle riviste.
"Potresti acculturarti."
Non era seria.
Ancora non ci credeva che era riuscita a farle fare quello che voleva lei.
Per di più si era pure fatta fregare una specie di scommessa, se non fosse arrivata fino alla colazione con tutta la comitiva l'avrebbe accompagnata a prendere lezioni di tango argentino.
Sbuffò esasperata, si era lasciata fregare alla grande.
Con la comitiva di Eleonora si incontrarono in Piazza Vittorio Emanuele, la maggior parte la salutò con calore e sorrisi, Ernesto appena la vide storse il naso.
Sarebbe stata una lunga serata.
"Quindi tu sei una banchiera?"
Vanessa una delle ragazze della comitiva le rivolse la domanda accompagnata da un sorriso aperto e sincero.
Purtroppo prima che riuscisse a rispondere Ernesto lo fece per lei.
"Vane non disturbare la principessa del foro. Lei quelli come noi senza arte né parte li sbrana a colazione."
Vanessa la guardò dubbiosa.
"Si dice bancaria e si, mio malgrado lo sono. Tu invece studi o lavori?"
Era la prima volta che vedeva Vanessa nel gruppo di Eleonora, andava anche detto che lei usciva molto molto raramente con Eleonora.
Sembrava una ragazza semplice e tranquilla e le era parso doveroso e educato risponderle.
Ma prima che la poverina avesse la possibilità di rispondere ancora una volta Ernesto si palesò nuovamente con la sua antipatica saccenza.
"Uhh hai sentito Vane? Ti ha rivolto addirittura una domanda. Roba da scrivere nei registri delle cose sensazionali."
"Ohi Bolognini cerca di non rompere eh!"
Eleonora si mise in mezzo per dissipare un previsto litigio.
La serata proseguì in modo piuttosto tranquillo nonostante Ernesto spesso lanciava battute senza senso ai danni di Marianna.
"Ma io l'ho sempre detto che bisogna vivere la vita. Andiamo ragazzi non abbiamo ancora trent'anni, se non viviamo adesso diventeremo tutti grigi e spenti come Marianna."
Nel sentirsi tirare ancora in causa alzò la testa e guardò con odio Ernesto che la guardava con un ghigno dipinto sul viso.
Questa proprio non poteva lasciargliela passare.
Si alzò con estrema lentezza e prima che Ernesto se ne rendesse conto gli rovesciò addosso il cocktail che stava bevendo.
Posò il bicchiere sul tavolo con calma e soddisfazione nel disagio totale.
"Ora Ernesto vorrei poterti dire che mi dispiace ma sarei una grande ipocrita. Anzi ti dirò di più, sei un insopportabile figlio di papà che ancora non sa cosa vuole farne della sua inutile vita. Io lavoro in banca e se questo ti fa sentire poco realizzato è un problema tuo, non puoi fare pesare agli altri le tue indecisioni, sempre che di questo si tratti. Inoltre ci tengo a istruirti, per foro si intende un tribunale e io non sono un avvocato. Spero di non incontrarti mai più e se dovesse succedere per l'amor di Dio cambia strada altrimenti non rispondo delle mie azioni. Ora se volete scusarmi ne ho abbastanza di farmi deridere, buona continuazione! Ci vediamo a casa Ele."
Prima che qualcuno potesse fiatare o Eleonora pensare di bloccarla aveva girato sui tacchi e se n'era andata.
Era arrabbiata a dismisura, nessuno poteva usarla come bersaglio per giustificare la propria incompetenza.
Eleonora non l'aveva neanche difesa, c'era da dire però che quello spocchioso di Ernesto usava la sottile vena ironica per lanciare frecciatine.
Per strada c'era poca gente, forse non tutti iniziavano il weekend dal venerdì sera, c'era gente che lavorava anche il sabato e la domenica.
Passò davanti al Franchin e entrò, visto che era ancora aperto, per prendere la sua solita tisana limone e zenzero.
Alessio il ragazzo al bancone appena la vide le fece un cenno di saluto e lei gli chiese il solito prendendo posto su uno sgabello.
Nell'attesa che la tisana fosse pronta prese il telefono e aprì wattpad per cercare un libro che le tenesse compagnia fino a che non si fosse addormentata una volta arrivata a casa.
"Salve."
Il saluto rivolto alla sua destra le fece alzare la testa dal telefono.
Un tipo sulla trentina con capelli ben pettinati occhi chiari e un giubbotto grigio se ne stava appoggiato al bancone e la guardava con occhi lascivi tenendo un bicchiere in mano. "Salve."
Rispose solo per cortesia ma usò un tono che lasciava intendere che non voleva rogne.
"Ero seduto al tavolo laggiù con alcuni amici e mi sono chiesto cosa ci fa una bella donna come te da sola a quest'ora? Mi chiamo Andrea, tu?"
Gli rivolse un occhiata annoiata e sperò che la sua tisana arrivasse prima possibile.
"Io no."
Il tipo la guardò incuriosito e abbozzò un sorriso.
"Tu no cosa?"
Finalmente la tisana e il sorriso sincero di Alessio si palesarono a tirarla in salvo.
Sorrise in modo sincero ad Alessio e gli allungò una banconota da dieci euro.
"Allora bellezza? Tu no cosa? Comunque se posso permettermi hai un sorriso che illumina la notte."
Marianna alzò gli occhi al cielo.
Odiava gli ottusi e questo tipo lo era, inoltre odiava i cliché.
"Non mi chiamo Andrea e questa della notte illuminata temo sia vecchia di repertorio."
Il tipo chiese un altro bicchiere di quello che stava bevendo e sorrise in modo forzato.
"Ok. Quindi il tuo nome devo tirare a indovinarlo o me lo dici?"
Marianna sbuffò esasperata.
Ma sul serio esistevano uomini di quel tipo? Che non ti mollano nonostante gli fai capire che non sei interessata?
"Mi chiamo Rebecca e ho un figlio di tre anni che al momento sta con il padre. Sono uscita stasera per un incontro galante, ma voi uomini siete talmente stronzi che credete che i figli nascano sul serio sotto i cavoli. Ora se sei interessato a fare da padre a mio figlio ben venga, continuiamo questa conoscenza altrimenti se non ti dispiace..."
Sapeva che non era giusto inventarsi un figlio per liberarsi di qualcuno ma a mali estremi rimedi estremi.
"Bhe ecco se non sei interessata allora, piacere di averti conosciuta Rebecca. Buona serata."
Ecco appunto.
Alzò una mano in segno di saluto per salutare le spalle del tipo che si era appena defilato.
Si girò a guardare verso la sala e notò due uomini seduti a un tavolo che chiacchieravano tra loro.
Uno dei due le sembrava un viso conosciuto ma non ricordava dove lo aveva visto.
Sentendosi osservato il tipo si girò a guardarla e sostenne il suo sguardo finché imbarazzata guardò da un altra parte.

Era arrossita e diventava persino più bella con le gote rosse, era rimasto a guardarla rapito sin da quando era entrata nel locale.
Tanto che Paolo al tavolo con lui aveva dovuto sgomitarlo per richiamare la sua attenzione.
"Perché non ci provi? Non puoi rimanere legato al ricordo del due di picche che ti ha rifilato Consuelo. È bella ma non mi sembra irraggiungibile."
Scosse la testa.
"Paolo te l'ho già detto, solo avventure senza futuro ne promesse. Consuelo mi ha bruciato, non permetterò più a nessuna di giocare con il mio cuore."
Riportò lo sguardo sulla ragazza seduta sullo sgabello, sulle gambe snelle fasciate dal jeans e sui tacchi vertiginosi che indossava.
Spesso le donne usavano tacchi e ciglia sbattute più volte per fargli capire che ci stavano.
Questa donna invece era diversa, non era la prima volta che la incontrava e gli aveva sempre dimostrato indifferenza.
In palestra lo aveva persino evitato.
Non la conosceva ma poteva dire con estrema certezza che fino a quel momento era la prima che non ci provava con lui.

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