37. Una pessima idea

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Mi soffermo a cinque chilometri dalla proprietà del presidente Grayson. La residenza domina la vallata sul quale si erge dall'alto delle sue due torri merlate che culminano con delle punte che sembrano perforare il cielo limpido del mattino. Le pareti sono così bianche se sembrano riflettere i primi raggi del sole come uno specchio d'oro e argento. Il portone è così grande che dev'essere protetto da quattro guardie armate, una pessima scelta strategica dalla maestosità mozzafiato. Le finestre slanciate e allungate sono adornate da grate d'oro e dall'interno si intravedono delle bellissime tende rosa antico con ricami dorati. L'intera struttura affascina e cattura lo sguardo come una perla bianca e luccicante nel bel mezzo di una prateria circondata da querce e grandi aiuole colorate.

Osservo le foto dall'interno del mio jet e mentre continuo a vagare con lo sguardo sulla facciata, passo le dita sui contorni delle stanze disegnate sulla piantina. Gli interni sono visibilmente ampi, con il primo piano occupato da un enorme salotto, un'ampia libreria e quello studio in cui devo riuscire ad arrivare a tutti i costi. Ma non è questo il piano che mi interessa, è ciò che si estende al disotto di tutto quel lusso sfrenato.

Inizio a leggere la lista di Jenifer con estrema attenzione. Non posso entrare il quella villa senza sapere esattamente a cosa vado incontro. Il primo punto è abbastanza utile: devo riuscire a sorpassare l'ingresso passando dalla foresta e evitando i rilevatori di movimento, arrampicarmi fino alle finestre dell'ultimo piano e da lì farmi strada nei corridoi.

Sfortunatamente questo sembra un giorno molto importante per l'intera nazione dato che non ci sono solo le auto di Grayson e della sua sicurezza parcheggiate all'interno della struttura. Da quando sono qui ho avvistato una decina di auto e ho riconosciuto solo due delle persone che ne sono uscite. Due capi di stato e il presidente? Non si mette bene, soprattutto perché erano tutti accompagnati dalla cavalleria.

Il piano di Jenifer fa acqua da tutte le parti. Nemmeno uno scolapasta ha così tanti buchi. Non posso riuscire ad aggirare tutte quelle guardie da sola e non so quanto sia forte quel siero, ma nemmeno quello potrà assicurarmi il successo.

"Merda..." mi alzo in piedi e vado verso il centro comandi del velivolo. Una spia si è accesa qualche secondo fa ma non ha ancora smesso di lampeggiare, di certo il radar non ha avvistato un animale selvatico.

Abbasso il portellone e mi tengo pronta ad attaccare chiunque si stia avvicinando ma rimango allibita nel ritrovarmi davanti Mallory, con il suo sorrido cattivo stampato in faccia.

"Che succede Irelyn, hai visto un fantasma?"

"No..." rispondo riprendendomi dallo schock. "solo una grandissima stronza."

Lei entra tranquillamente dentro il jet e si siede sul posto del pilota, incrociando i piedi e appoggiandoli sui comandi.

"Che cosa ci fai qui?" chiedo spostandole i piedi.

"Forse intendevi facciamo..." indica il portellone con il pollice e in quell'istante altre quattro persone si affacciano sull'apertura. Tutti quanti indossano la tuta da missione, nera, antiproiettile sul busto, flessibile e ignifuga.

"Accidenti a voi!" impreco e mi lascio ricadere sul sedile.

Fredric, Wilson, Danielle e persino Karina salgono abbordo armati di zaini, armi e cibo. Karina viene affianco a me e si inchina per sussurrarmi qualcosa all'orecchio: "Credevi che ti avremmo lasciata andare da sola e prenderti tutta la gloria?"

Le sorrido commossa dal suo gesto ma Mallory non sembra apprezzare le nostre dimostrazioni d'affetto perché sbuffa e mi lancia una mappa arrotolata in faccia.

"Ora mettiamoci a lavoro che non siamo qui per fare un picnic."

"Come mi avete trovata?" chiedo appena tutti si sono messi a sedere.

The last DestroyerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora