Capitolo 4: Haley

304 23 12
                                    

Phoenix è sempre calda; l'estate sembra non abbandonarla mai.

Da quando vivo qui non ho mai avuto davvero freddo, come normalmente accadeva a Londra.

Un pò mi manca la mia città; vorrei poter tornare a guardare la pioggia, a passeggiare per le vie che conosco da una vita.

Vorrei potermi sentire a casa e osservare una semplice via senza il timore di cascare nei ricordi più dolorosi.

Ultimamente ho preso l'auto di Sav, e ho viaggiato fino al mare.

La villa dei genitori di Arya è ormai chiusa da un anno. Non credo che ci torneranno senza di lei.

È la cosa più triste del mondo, guardare quelle persiane chiuse, quel giardino abbandonato, quel silenzio innaturale.

Fa cosi male che a volte vorrei semplicemente tapparmi le orecchie e coprirmi gli occhi ed urlare.

Non mi ascolterebbe comunque nessuno, tranne l'oceano, che indisturbato, se ne sta lì, meraviglioso e infinito.

Mi guardo spesso intorno, cercando di ripercorrere i momenti passati su questa spiaggia.

La prima volta che ci siamo incontrate, quando c'era Ricky che tentava di tornare con lei.

E quella sera, al barbecue nel giardino della villa; ci eravamo allontanate da tutti per restarcene da sole.

All'epoca non riuscivo a capire se avesse mai potuto provare qualcosa per una ragazza.

A me lei già mi interessava, mi aveva rapita sin da subito. Ma poi, che altra scelta avevo, se non quella di perdere la testa?

I suoi occhi sapevano raccontarmi storie, erano profondi e intensi, tanto che ogni volta che mi guardava, io mi sento mancare il terreno da sotto i piedi, come se fosse possibile volare.

Nessuna mi aveva mai fatto sentire cosi.

Lei era speciale e non se ne rendeva conto.

Lei era bella, bellissima, ma non riusciva a vedersi realmente per quello che era.

Se solo avesse potuto guardarsi con i miei occhi, avrebbe capito quanto in realtà io l'amassi, e quanto non sarei mai riuscita a guardare nessun altro cosi come guardavo lei.

Ed ora mi manca starmene lì a fissarla; osservare i suoi movimenti, ascoltare il suo respiro, studiare le sue emozioni, e poi magari disegnarla su un pezzo di carta.

Mi manca questo e tante altre cose di lei.

Spesso ho pensato addirittura di scriverle una lettera, di chiederle di tornare.

Ma non sapevo mai dove indirizzarla.

Un gabbiano sfiora il pelo dell'acqua, il sole si abbassa lentamente all'orizzonte, ed il cielo diventa una tela di colori mischiati tra loro; il viola, il rosso, il blu.

Ed è cosi che la mia mano si muove da sola, cercando di trasmettere le mie sensazioni sulla piccola tela che ho sulle gambe.

Il silenzio mi aiuta, e da quando ho preso a frequentare questa spiaggia, dipingo molto più spesso.

Anche se non mi aiuta a liberare i pensieri, anzi, qui diventano più intensi, come se fosse più un dolore fisico che ti stringe il torace e ti toglie il respiro.

Mischio il viola al blu, e poi vado con le sfumature.

E ancora, e ancora, fino a quando non osservo il mio lavoro terminato.

Glass Dream Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora