Capitolo 16: Arya

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L'oceano è agitato. Il vento freddo che si solleva dal mare rimbalza contro le persiane chiuse della casa, tra le fronde degli alberi della pineta. È graffiante, pungente.

Controllo l'orologio; sono arrivata in anticipo di dieci minuti.

Le avevo dato appuntamento per le due in un punto. Ma di sicuro avrà beccato il solito traffico.

Sbuffo, per poi avviarmi sulla spiaggia, prendendo posto su una piccola zolletta di sabbia, guardando la schiuma delle onde infrangersi a riva.

Non venivo in questo posto da oltre un anno.

Rivedere la casa al mare, il giardinetto, il dondolo dove io ed Haley ci siamo conosciute, questa spiaggia, il molo..

Mi sono sentita nostalgica. Triste.

Spezzata in due.

Quante cose ho perso in questo tempo? Quante cose che credevo di aver rimosso, sono ancora lì, come ferite aperte e sanguinanti?

Tante. Forse troppe. Innumerevoli.

E questo mare, questo oceano immenso che si confonde col cielo, questo azzurro infinito che conserva tutta la storia della mia vita.

Come quel cespuglio di rose, dietro cui io e America ci nascondevamo da bambine, quando giocavamo a nascondino con i nostri papà.

Non avremmo mai potuto immaginare, che un giorno, le nostre vite si sarebbero divise. Che i nostri cammini non sarebbero stati più paralleli, ma avrebbero preso direzioni opposte.

Osservo il tatuaggio che ho fatto insieme a lei, allo scoccare dei nostri diciassette anni.

Quelle due A vicine.

Lei per me. Io per lei. Per sempre.

Era questo il nostro motto.

Era questo tutto ciò che ci bastava. Non avevamo bisogno di nient'altro.

E poi è cambiato tutto.

E quel pensiero mi fa sorridere. Un sorriso amaro, strano.

Un sorriso all'Arya maniera.

E poi il suono delle onde viene interrotto da una voce alle mie spalle.

« Arya.. »

Mi volto lentamente, spostando i capelli dal viso. Il vento è forte, fa sollevare la sabbia.

Cosa provo nel rivedere la causa di tutte le mie sofferenze?

Cosa provo nel vedere colei che fino a un anno fa era la mia famiglia, la mia spalla, il mio rifugio dalle intemperie?

Cosa sto provando?

Non lo so.

Io non so più provare sentimenti. Da tempo ormai.

Ma lei no, lei sorride tra le lacrime. Lei si passa i palmi delle mani sulle guance, spostando i soliti ricci biondi che non ho mai dimenticato.

Li ho sempre paragonati ai capelli delle bambole, quelle che ci venivano regalate da bambine, e con cui passavamo il tempo a pettinarle inventandoci le migliori acconciature.

« Dio, sei cosi diversa.. » biascica.

E a malapena la sento, a causa del vento frustrante.

Le sorrido appena, e lei siede accanto a me.

È molto elegante nel suo cappotto rosso lungo fino al ginocchio. Indossa dei jeans scuri, aderenti. Degli stivali alti, scuri e un maglioncino color cappucciono.

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