Capitolo 12

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Tutte le giornate che iniziavano con la pioggia rappresentavano per me giornate perse in partenza, la pioggia mi metteva automaticamente di cattivo umore, così quella mattina di novembre iniziata con nuvole scure si prospettava automaticamente di merda.
Mi preparai per andare a lavoro, salutai Theo con un bacio, pensando a quando era un piccolo tenero bebè e diventato ora un bellissimo bambino di 5 anni, diedi un bacio in fronte ad Izzy ed uscii. La mattina andò piuttosto lentamente, tra scartoffie e autorizzazioni per i vari sponsor delle partite della prossima stagione, ma tutto sommato bene. Mi stavo godendo il caffè e pensavo che forse la giornata non era totalmente rovinata.
Mi dovetti ricredere una volta uscito da lavoro, diluviava come non si vedeva da marzo in California, erano le 5 quando arrivai a casa e vidi una macchina sconosciuta nel mio vialetto, sarei dovuto essere solo, visto che Isabelle lavorava fino a tardi e Theo era a fare merenda da un amichetto. Perciò ero abbastanza stranito, entrai in casa e quando vidi diversi vestiti sparsi sulle scale, compresi immediatamente. Erano diverse settimane che Isabelle tornava tardi da lavoro e che quando era in casa, riceveva diverse telefonate a cui rispondeva a porta chiusa, ma soprattutto era distante, sia da me che da Theo. Molto più del solito. Inizialmente avevo pensato che fosse semplice stress, ma Alex mi aveva detto che la sua azienda stava decollando. MI ero insospettito ma non volevo accusarla e così avevo atteso. Ma purtroppo i miei sospetti erano fondati.
E così, dopo 5 anni di matrimonio, più o meno felice, Isabelle, la dolce Izzy, madre di mio figlio e sorella di uno dei miei migliori amici, mi stava tradendo. In casa nostra.
Uscii di casa e iniziai a girare in macchina, pensando,in questi 5 anni avevo rivisto ancora le mie tre condizioni fondamentali, quando hai un figlio e una moglie, hai un lavoro e una vita tua, compendi che magari odiare la matematica non è un punto fondamentale dell'esistenza. Ma che magari amare tuo figlio, rispettare tua moglie e volere la loro felicità più di ogni altra cosa siano le cose importanti.
Alle 6 chiamai Isabelle avvisandola che stavo tornando, con Theo, lei disse che doveva parlarmi. Non avevo il cuore spezzato, non riuscivo esattamente a capire come mi sentissi, ero un po' scombussolato, sconvolto e sconcertato, ma triste? Sull'orlo di una crisi? Decisamente no. La mia testa aveva già cominciato a pensare al divorzio e alla divisione dei beni, all'affido di Theo e soprattutto a tornare a Lima.
Una piccola, malata e infantile parte di me, era felice infondo che fosse stata lei a rovinare questo matrimonio, che mi avesse tradito.
Arrivato a casa trovai Izzy sul divano, con le guance rosse e gli occhi lucidi, un bicchiere di vino in mano e un sorriso smagliante. Accompagnai Theo in camera e mi sedetti affianco a lei, forse avrei dovuto essere geloso, in fondo mia moglie mi aveva appena tradito e sembrava molto più felice, ma non riuscivo a non pensare che se era felice lei, allora lo sarei stato anch'io e forse anche Theo.Mi parlò di questo ragazzo, che lavorava con lei, di come si erano trovati, disse che mi voleva bene ma sapeva che non era amore, mi disse che era stanca di fingere che questa vita le andasse bene e che aveva capito solo ora lo sbaglio fatto, a detta sua eravamo troppo giovani per avere un bambino, Theo ci aveva frenati dal conoscerci come coppia e questo ci aveva portato a non essere felici. Questo mi fece incazzare, Theo era di gran lunga la cosa migliore che mi fosse capitata e non me ne fregava nulla se per averlo e crescerlo avevo dovuto fare qualche sacrificio.
Isabelle mi stava disse che, in breve, voleva una pausa da me, Theo e la nostra vita.
Iniziammo le pratiche di divorzio la mattina dopo.
Pioveva di nuovo quando ricevemmo la sentenza di divorzio e io ottenni l'affido quasi esclusivo, con la piccola postula che le vacanze estive sarebbe dovuto stare con Isabelle.
A gennaio, organizzai tutto per tornare a Lima, mia madre era ormai in pensione e voleva tornare a casa, James aveva finito il college e sarebbe rimasto a Los Angeles.
Quando Alex seppe che sua sorella mi aveva tradito e aveva deciso che nostro figlio di sei anni sarebbe dovuto rimanere con me per buona parte dell'anno, si arrabbiò molto e non volle più parlarle, continuò a chiedermi scusa per giorni.
Tornammo a Lima in Aprile, pioveva a dirotto e faceva molto freddo quando arrivammo, la nostra nuova casa era nello stesso quartiere dove abitavamo prima e Theo si innamorò del piccolo boschetto dietro casa, sembrava entusiasta di un ambiente così diverso dal deserto e l'oceano di Los Angeles, aveva preso insolitamente bene anche il nostro divorzio, sembrava molto più preoccupato della scuola nuova.
Jace, Julian e Alex decisero di raggiungerci con le loro rispettive famiglie, molti anni prima ci eravamo promessi che i nostri figli sarebbero cresciuti insieme, come noi, giocando a basket nel nostro campetto.
Essere improvvisamente un padre single di un bambino di sei anni, in una città a lui sconosciuta, fu piuttosto difficile, ma grazie ai miei amici, mia madre e Theo stesso riuscii a lavorare e crescere mio figlio, in modo più o meno consono.
Gli anni passarono veloci e improvvisamente, o così mi parve, Theo aveva 13 anni e io dovevo fare i 35.
Theo era cresciuto, aveva i miei stessi ricci neri e gli occhi azzurri come i miei, la pelle ambrata e le labbra carnose di Izzy e aveva preso da sua madre anche il carattere estroverso ed espansivo; aveva molti amici ed era un leader nato, praticamente dalle elementari era stato circondato da bambini adoranti e bambine, soprattutto bambine. Era un ragazzo brillante, parlava spagnolo e incredibilmente era bravo anche in matematica, era amato dagli insegnanti per la sua voglia di studiare . Riusciva a incantare tutti coloro che incontrava.
Nonostante fosse circondato da persone però, la figlia di Jace e il figlio di Julian erano le uniche persone che attiravano veramente la sua attenzione.
Lucy, la figlia di Jace, era una ragazzina poco più grande di Theo con i ricci biondi e gli occhi verdi, la copia sputata di Jace nell'altezza di Clary, secondo me Theo aveva un'enorme cotta per lei, forse ricambiata.
Tyler era il figlio di Julian ed Emma, più piccolo degli altri di un anno, aveva l'esplosiva energia di Emma e l'attenta curiosità del padre, condivideva con lui gli occhi verdemare, mentre i capelli li aveva presi dalla madre.
La figlia di Alex, Livia, era ancora piccola, tre anni di guanciotte rosse e occhioni scuri, non aveva mai conosciuto la zia, visto che Alex si era rifiutato di parlarle dopo che non si era presentata al decimo compleanno di Theo.
Lucy, Theo e Tyler, stavano per iniziare il liceo insieme, nonostante la piccola differenza di età avevano insistito per andare a scuola insieme, fin da quando ci eravamo trasferiti a Lima.
Il liceo McKinley non era cambiato, i soliti armadietti sgangherati e le solite aule soffocanti e piene di spifferi. Rivedere quei corridoi, anche se da lontano, mi fece provare una fitta di nostalgia e mi fece abbassare come solito lo sguardo su un piccolo bracciale d'argento sul mio polso destro. Non ero mai riuscito a toglierlo, nonostante fossi ormai lontano anni luce da quel campetto e quel giorno di aprile
Il primo giorno di scuola accompagnammo i nostri figli e sentii una fitta al petto sapendo che mio figlio, il mio bambino era ormai grande. Andava al liceo ed era pronto per affrontare la sua vita, conoscere persone e chissà innamorarsi davvero.
Appoggiai le mani sulle sue spalle e lo guardai negli occhi, era come osservarmi in una fotografia del passato.
"Theo, sono così fiero di te, di quello che sei, ricordati sempre che ti voglio bene e che resterai il mio piccolo marmocchio per sempre. Stai vicino ai tuoi amici, perché niente sarà più leggendario di fare cose ordinarie con i tuoi amici" cercavo di rimanere serio, ma mi stavo commuovendo. Eravamo stati noi due per tanto tempo e ora era così grande.
"Si papà, anche io ti voglio bene, ma sembra che io me ne stia andando via, siamo a due isolati da casa. Smettila di fare il sentimentale" mi rimbrottò lui, poi però sorrise e mi si avvicinò.
"Mi hai sempre detto che qui, in questo liceo, hai vissuto qualcosa di grande, era l'amicizia con gli zii?" chiese sussurrando.
"No, cioè non solo" risposi anche io sussurrando, eravamo circondati da genitori che salutavano i loro figli come se stessero partendo per il college e non dovessimo più vederli, eravamo così buffi noi adulti.
"E cos'era allora?"
"Ho conosciuto la persona che ho amato più di ogni altra cosa, oltre a te, chiaramente" ammiccai a mio figlio.
"Era la mamma?" chiese incupendosi, non amava parlare della madre, non dopo che non si era presentata ai suoi ultimi compleanni.
"No non era la mamma. Forza, ora vai" gli diedi un rapido bacio in fronte e lo spinsi verso Lucy e Tyler, mentre Jace e Julian mi si avvicinavano.
Vedere quelle tre teste vicine, così simili a noi, mi fece sorridere e commuovere. Di acqua sotto ai ponti ne era passata, ma eccoci qui, noi tre, ancora una volta davanti al McKinley.

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