cap.5

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"Adeen, si chiamerà Adeen Anna Grindelwald"

°·._.• ... •._.·° 

Questo era ciò che sentii prima di aprire gli occhi e trovarmi nuovamente in quella cella, la mia sacca era a terra, prendendola notai che avevano rimesso tutto al suo interno, compresi i libri, tutto intatto fortunatamente. Mi alzai dolorante dal lettino che scricchiolava sotto ai miei movimenti, un brivido percorse la mia schiena non appena le calde coperte mi scivolarono di dosso. Arrivai lentamente alla porta arrugginita, con le mie mani sottili iniziai a spingere, il freddo del metallo iniziò a propagarsi lungo tutto il corpo e, una volta aperta la cella mi pulii dalla ruggine sui vestiti che indossavo, mi recai verso il bagno. Approfittando della calma che era nell'edificio a quell'ora del mattino decisi di prendermela con calma, guardando attentamente ogni particolare dei vari corridoi, tutti simili tra loro, sembravano quasi un labirinto. 

Le pareti erano ricoperte da mattonelle giallastre lucide, che al mio passaggio riflettevano una versione distorta di me stessa, il pavimento era di marmo, anche questo molto lucido, se solo avessi avuto delle scarpe in questo momento avrei svegliato tutti i prigionieri delle celle e, sicuramente, avrei disturbato chi in questo momento stava pere staccare dal turno di notte. Fortunatamente per me in questo momento i miei piedi coperti solo da dei calzini (diversi tra di loro, uno era verde, mentre l'altro era a righe rosa e argento) e mi permettevano di passare di soppiatto davanti a tutte le porte degli uffici. Mi ero di gran lunga allontanata dai bagni, ma nel caso mi avessero fermata potevo benissimo dire di essermi persa, cosa che per colpa dei corridoi che erano uno lo specchio dell'altro era più che possibile, dato che non ricordo di aver mai voluto prendere una strada diversa da quella che avevo scelto sin dall'inizio. Sentivo il ticchettio degli orologi costosi dei dipendenti.

tic tac

tic tac

tic tac

Il rumore delle lancette scandiva i miei passi che iniziarono ad andare a tempo con il suono, il mio andamento accelerava sempre di più, finché non mi ritrovai difronte ad un quadro, ne avevo visti circa tre nel giro di mezz'ora. Entrai nella prima porta che vidi e stranamente il corridoio che mi ritrovai avanti era diverso da tutti quelli che avevo percorso fin ora, le pareti erano di marmo, mentre il pavimento era un'enorme lastra di vetro. Riuscivo a vedere come un'inchiostro nero galleggiare sotto i miei piedi, ondeggiava come se stesse andando a ritmo di una musica classica, osservando più attentamente quello strano miscuglio mi resi conto che si trattava di dissennatori , centinaia di essi erano rinchiusi sotto quella lastra, che mi sembrava così sottile, come se da un momento all'altro potesse andare in mille pezzi e farmi cadere tra le grinfie di quegli esseri. Era come se mi attirassero a loro, non controllavo più i movimenti del mio corpo, erano come calamite, mi ritrovai accovacciata a terra nel tentativo di osservarli più da vicino. Un rumore mi fece risvegliare da quella trans, quello di una porta che si apriva e poi sbatteva con forza "ehi ragazzina" mi sentii chiamare e finalmente riuscii a riprendere controllo su me stessa, di fronte a me si trovava un uomo, era calvo e leggermente in carne, aveva un pizzetto e una folta peluria che si intravedeva da sotto le maniche della camicia leggermente tirate in su, era ben vestito, la cravatta rossa era appena allentata, la camicia era metà fuori e metà dentro il pantalone marrone, e le sue scarpe erano di una tonalità molto vicina a quella della cravatta che portava al collo, di un materiale lucido e avevano lacci neri. "che ci fai qui?" continuò poi "il bagno?" domandai mentre mi rialzavo da terra, l uomo senza porsi troppe domande mi rispose secco " fuori da quella porta in fondo al corridoio sulla sinistra" disse mentre con una mano indicava la porta da cui ero entrata.

Non ebbi neanche il tempo di porgli una domanda che girò sui tacchi e riaprendo la porta da dov'era entrato se ne andò nuovamente, decisi di seguire le sue indicazioni nonostante avessi già rifatto quella strada e tornai indietro sui miei passi, aprendo la porta la visione che mi si parò avanti mi fece rimanere intontita. Quello che prima era un corridoio dai mattoni gialli e il pavimento di marmo ora era tutto bianco, con alla fine sulla sinistra una porta nera. Entrai al suo interno e mi ritrovai nel bagno, andai verso il lavandino e mi sciacquai la faccia con acqua fredda, con ancora il volto bagnato mi guardai allo specchio, avevo le occhiaie accentuate, i capelli arruffati e sul labbro inferiore avevo un taglio rosso. Ci portai la mano sopra e per sbaglio levai la crosta che si era formata facendo così fuori uscire nuovamente del sangue, il suo sapore ferroso iniziò ad inondarmi la bocca, portandomi a sputare, mi allungai a prendere un pezzo di carta e iniziai a tamponare sul taglio, dopo vari minuti notando che non c'era verso di far smettere al sangue di fuori uscire decisi di lasciar perdere, buttai nel cestino i vari fazzoletti sporchi e decisi di uscire fuori dal bagno.

𝑳𝒂 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒐𝒕𝒆𝒓𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora