cap.13

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"Non è colpa tua"

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Buio, tutto buio attorno a me. Capii di avere gli occhi chiusi, così cercai di aprirli, ma essendosi abituati al buio feci fatica a tenerli aperti.

X:"Madama Chips si sta svegliando" disse una voce femminile al mio fianco

M.C.:" fatemi passare" disse l'infermiera arrivando vicino a quello che ormai avevo capito essere il lettino dell'infermeria. Finalmente riuscii a mettere a fuoco ciò che mi circondava.

Attorno a me c'erano: Sophie, Mattheo, Rebastan, Evan e Regulus. Mentre negli altri lettini c'erano: Sirius, Peter, James e Remus che era quello messo peggio.

Poi abbassai lo sguardo su di me e vidi che ero messa anche peggio di Remus. Ero fasciata dall'inizio del seno fino al bacino e anche gli avambracci erano ricoperti di bende, dove si intravedeva il rosso del sangue.

Alzai lo sguardo con occhi sgranati, fino ad incontrare quelli di Madama Chips che erano avvolti da un velo di tristezza.

M.C.:" ti senti bene tesoro?" mi chiese con dolcezza la donna avvicinandosi di più a me

A:"vorrei poter dire di si" dissi dolorante mentre cercavo di mettermi a sedere 

M.C.:" stai attenta, le ferite sono ancora fresche" mi disse l'infermiera mentre mi aiutava a mettermi seduta.

Mi guardai attorno e vidi che mi stavano guardando tutti con faccia triste.

A:"che avete da guardare?!" dissi con voce alta e seccata

M.C.:" tieni tesoro" mi disse la donna porgendomi uno specchio.

Io lo presi e guardai i presenti confusa, mi specchiai e rimasi a guardare il mio riflesso.

Sul mio occhio color pece scorreva verticalmente un taglio ancora rosso, sul labbro inferiore, quasi vicino all'angolo destro vi era un altro taglio cicatrizzato e per finire sulla gola orizzontalmente vi era un'altra cicatrice.

Gli occhi mi pizzicavano mentre guardavo il mio riflesso. Lasciai cadere lo specchio sulle gambe, ma appena le toccò attraverso il piumone candido e le gambe di un pantalone sottile, il bruciore di mille altri graffi mi fece gemere dal dolore.

M.C.:" mi dispiace tanto" disse Madama Chips Con gli occhi lucidi mentre mi alzava delicatamente lo specchio dalle gambe. Sentendo la sua voce così dolce, nonostante non mi conoscesse mi si sciolse il cuore. Calde lacrime cominciarono a cadere sul mio viso.

Cadevano come gocce di pioggia sulle finestre durante un temporale.

Cadevano dal mio sguardo perso nel vuoto.

Cadevano nonostante mi fossi promessa di non farle scendere.

Cadevano anche perché il motivo di quelle ferite mi era sconosciuto, o così credevo.

Flashback

Corro, corro verso quegli ululati, ho abbandonato i miei amici alla festa per colpa della mia curiosità. Arrivai vicino al platano picchiatore. Un ululato famelico si innalzò dalla foresta, così gli andai in contro.

Correvo tra gli alberi, superai quello più alto che già conoscevo e un altro ululato si innalzò, assieme a dei ringhi ed altri versi. Stavo ancora correndo distrattamente e non vidi una grossa radice che si innalzava dal suolo. Caddi e mi sbucciai le ginocchia e per colpa della mia curiosità mi rialzai subito e continuai a correre andando contro i rami che mi graffiavano la pelle scoperta. Arrivai in una piccola radura con un laghetto di un'acqua cristallina dove la luna piena rifletteva i suoi raggi freddi che passavano attraverso gli alberi e poi lo vidi, un lupo mannaro alto all'incirca  due metri, mi stava osservando. Un cervo gli si scagliò contro, arrivò anche un grosso cane nero in suo soccorso, mentre un gatto dal pelo bianco ricoperto però di chiazze rosse e un topo sembravano comunicare tra di loro. 

𝑳𝒂 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒐𝒕𝒆𝒓𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora