"Scappa, Mike!" esclama Lucy, guardando il fratello. Il dodicenne dai capelli neri non se lo fa ripetere, e si nasconde dietro una roccia. La sorella sta sventolando un grosso bastone contro una creatura con tre teste e il corpo di un drago. In quel momento, la testa centrale del mostro sputa fuoco, e la giovane non fa in tempo a scansarsi.
"Lucy!" urla Mike, la voce rotta dalle lacrime.
Apro gli occhi di scatto. Vedo di fronte a me Laura, che dorme abbastanza serena. Mi metto a sedere, buttando le gambe fuori dal letto. Mi alzo, prendo la torcia e mi dirigo verso lo sgabuzzino.
Devo andare un po' a tentoni per trovare l'interruttore della luce, ma alla fine la lampadina che penzola dal soffitto si accende, gettando la sua luce sul caos. Rovisto un po', ma alla fine raggiungo la borsa da sci appoggiata alla parete di fondo dello stanzino. La tiro leggermente verso di me e apro un po' la cerniera. Alla luce della lampadina, le mie spade scintillano dall'involucro dove le ho tenute per anni. Ne afferro una e la tiro fuori. Osservo la lama, che si è conservata benissimo. Dovessimo venire attaccati in questo momento, sarei perfettamente in grado di difendermi. Guardo i miei occhi riflessi dalla superficie traslucida del bronzo celeste, quando scorgo il riflesso di un altro viso alle mie spalle. Mi volto. Nessuno. Torno a guardare la lama. Il volto mi sta fissando, sorridente.
"Padre" mormoro. Il viso del dio dei ladri sparisce nel momento in cui lo riconosco. Ripongo la spada nella borsa. Terra oltre gli dei un corno, penso, tornando a letto.Seguo Lucy sul ciglio della strada, superando un cartello che ci indica che abbiamo passato il confine.
"Benvenuti in Canada" mormoro, troppo stanco per rivolgermi a mia sorella.
Andiamo avanti per un po', poi un uomo su un'auto sportiva accosta poco davanti a noi. Si volta a guardarci, sfilandosi gli occhiali da sole (inutili, visto il cielo velato). È biondo, ha gli occhi azzurri e... perchè mia sorella è sul punto di mettersi a sbavare?
Accanto a lui c'è un altro tizio coi capelli brizzolati che smanetta sul telefono.
"Ehilà, ragazzi! Mi sembrate un po' lontani da casa, o sbaglio?" fa l'uomo alla guida. Lucy non sembra in grado di formulare un pensiero coerente.
"Fratellino, ricordi cos'ha detto nostro padre?" fa l'altro tizio, alzando per un attimo gli occhi dal cellulare e guardando il suo compare.
"Senti, se vuoi fare come ha detto papà vattene in giro per conto tuo. E non chiamarmi fratellino. Sono più grande di te" replica l'altro. Mi viene da ridere. Due adulti che litigano su chi è il più grande?
"Seh. Barba d'Alghe ha detto esplicitamente di controllare e non interferire, l'hai dimenticato? O vuoi fare una bella tripletta?" dice quello sul sedile del passeggero, senza togliere gli occhi dallo schermo del cellulare che ha ripreso in mano quasi subito dopo averlo posato.
"Fratelli in viaggio/ Aiutano mortali/ Nessuno saprà" recita l'uomo alla guida, lanciando un'occhiataccia al fratello, che storce il naso. Poi il biondino si volta, mette le mani sul volante, sgomma e un attimo dopo sono spariti entrambi. Letteralmente.
Guardo Lucy.
"Dove sono?" chiede, voltandosi verso di me, come risvegliandosi da una sorta di trance. "I due sull'auto sportiva, Mike. Dove sono?".
A cercare di rapire qualche altro ragazzino, penso, ma non lo dico. Quei due avevano qualcosa di decisamente strano.
"Ti prego, non dirmi che sono ripartiti" riprende mia sorella.
"Forse eri troppo occupata a fissare il tipo alla guida per rendertene conto, ma quei due erano strani. Non hai visto come sono spariti?" ribatto, rimettendomi a camminare. Lei sbuffa.
"Sei sempre il solito scemo! Potevamo farci offrire un passaggio!" esclama, alzando un po' la voce.
"Ah, certo! Perché farci offrire un passaggio da due sconosciuti che si comportano in modo strano è un'ottima idea! Ma perché non ci ho pensato io?!" sbotto."Stai invecchiando, Grace" ridacchio, facendo un paio di passi indietro con Vortice alzata. Jason, in risposta alla mia provocazione, mena un paio di fendenti rapidissimi, ma io li fermo tutti con relativa facilità. Poi, prima di riuscire a rendermene conto, ho la spada del figlio di Giove puntata alla gola.
"Anche tu, Jackson" replica, col fiato corto. "Hai dimenticato il mio trucco".
Roteo gli occhi. Sono anni che usa una raffica di fendenti per mascherare l'avvicinamento della spada alla gola dell'avversario, che si ritrova impossibilitato a muoversi (o morto, se è un mostro) prima di riuscire a rendersene conto. Anche dopo anni, non ho ancora capito come fare per evitare di rimanere bloccato.
"Prima o poi troverò un modo per contrastare il tuo trucchetto, vedrai" dico, mettendo il cappuccio a Vortice, mentre lui abbassa la spada. Finito l'allenamento, le incerte condizioni di salute di Zoe mi ripiombano addosso. Jas sembra rendersene conto, mi dà una pacca su una spalla, mormorando "Fammi sapere se avete bisogno" e si allontana. Io richiamo Luke, che sta giocando con Jack, Jasper e altri ragazzini poco distante, e ci dirigiamo verso casa.
"Papà" fa lui ad un certo punto. "Ma tra poco non è il compleanno della zia?".
"Sì, Luke" rispondo.
"E tu e Jason non avevate giurato sullo Stige che l'avreste trovata?".
"Sì, è così. Ma in teoria l'abbiamo trovata. Sappiamo dov'è, ma non voglio allontanarmi mentre Zoe sta male" dico, guardandolo negli occhi grigi.
"Sembra quasi fatto apposta" osserva il dodicenne. "Come se ci fosse qualcuno che non vuole che tu trovi zia Laura".
Sbarro gli occhi, fermandomi. Siamo ormai davanti alla porta di casa.
Apro di scatto e mi precipito da Annabeth, nella stanza della bambina.
"Annie, vieni fuori un attimo" le sussurro in un orecchio.
"Cosa c'è, Percy?" mi domanda, una volta usciti nel corridoio. Guardo le profonde occhiaie sul suo viso.
"Credo che gli dei non vogliano che troviamo Laura" dico.
Annabeth sgrana gli occhi.
"Ma sei impazzito? Perchè dovrebbero?".
"Pensaci: proprio quando ero riuscito a farmi dire da mio padre dove si è rintanata, improvvisamente a Zoe viene la febbre alta, apparentemente senza motivo. Neanche i figli di Apollo sono riusciti farla stare meglio" spiego. Lei abbassa lo sguardo e riflette per un attimo su quel che le ho detto.
"Di immortales" esclama poco dopo. "Percy, quel che dici ha senso, ma chi ci dice che sia vero? Voglio dire, magari non è che gli dei non vogliono che andiamo a prendere Laura. Magari...".
Scuoto la testa, capendo dove vuole arrivare.
"No, Annie. Pensa alla lettera. Già prima di averne, i suoi figli erano la sua prima preoccupazione. Se conosco mia sorella, nulla potrebbe spingerla ad abbandonare il suo angolo sicuro e mettere a rischio la vita delle persone che ama" dico, convinto.
"Sì, ma non sto dicendo quello. Il Fato è potente, amore. Potente e strano. Ricordi che persino Plutone ha detto la stessa cosa a Laura, anni fa?" ribatte lei. "Magari sta per succedere qualcosa, e in quel caso la febbre di Zoe potrebbe servire solo a tenerti al sicuro. Potremmo venire attaccati. Non dimenticare che anche tu sei in pericolo a causa di Bentesicima".
La guardo negli occhi. Ha ragione, in effetti. Anche se Bentesicima se l'è sempre presa soprattutto con Laura. Ma non credo che sia tenermi al sicuro il motivo per cui Zoe sta male.
Mentre Annabeth torna accanto a nostra figlia, io rimango a riflettere appoggiato alla parete.
Nulla potrebbe spingere Laura ad abbandonare il suo angolo sicuro. Nulla. A meno che non sia più pericoloso rimanere là da sola che tornare da noi. A meno che non abbia bisogno di tornare, magari in cerca d'aiuto. E se Bentesicima l'avesse trovata? Per quello che sappiamo, almeno in parte l'Esercito dei Mostri le obbedisce ancora. Potrebbe aver inviato (o voler inviare) dei mostri a mettere in pericolo la vita tranquilla di Lau. E in quel caso, se andassimo a prenderla, noi troveremmo una casa vuota in Alaska e lei non troverebbe l'aiuto di cui ha bisogno qui.Guardo Marc. È chiaramente sul punto di dirmi qualcosa, ma non trova il coraggio. Mi ricorda quella notte, sulla spiaggia.
"Che hai?" gli chiedo, senza neanche alzare gli occhi dal piatto.
"Nulla" risponde lui.
"Sicuro? Sei strano..." insisto io. Non mi convince.
"Sylvia è stata contattata da qualcuno che vuole vederci. Vedere te, in particolare" fa il figlio di Ermes, dopo che l'ho fissato per un po'.
"Sylvia?" chiedo. Poi capisco di chi sta parlando. "Non sarà...?".
"Sì, è lei. Non mi sorprende che te la ricordi".
"Come potrei averla dimenticata? Il nostro primo e ultimo litigio serio è stato colpa sua!" ribatto, innervosita.
"E questo è il motivo per cui non ti ho detto che la casa è sua".
Sgrano gli occhi. Ho cresciuto i miei figli nella casa di...
"Perché me lo dici ora?" domando.
"Te l'ho detto, qualcuno l'ha contattata. Qualcuno che sa che siamo in casa sua".
"Ma... Tu mi avevi assicurato che non c'era nessuno che lo sapesse, oltre al proprietario della casa!".
"Non esattamente. Anche l'agente immobiliare con cui Sylvia ha parlato lo sa. La casa era in affitto, prima che noi venissimo a viverci".
Le rotelle iniziano a girare. Quella donna si è rivolta ad un'agenzia immobiliare. Qualcuno è andato a lavorare in un'agenzia immobiliare, dopo essere stato licenziato alla banca a causa di...
"Non se ne parla" dico, alzandomi di scatto. Marc mi segue, mentre io vado ad appoggiare la schiena alla parete.
"È chi penso che sia?" chiede, mettendomi le mani sui fianchi. Io annuisco.
"Mia madre ha trovato lavoro in un'agenzia immobiliare dopo che alla banca l'hanno licenziata a causa della gravidanza" dico.
"E Sylvia si è trasferita in Florida per il college" continua lui.
"Ma lei sa che se venisse non le parlerei!" sbotto.
"Beh, Sylvia arriverà entro domani sera. Mi è arrivata la sua lettera due giorni fa. Lei e chiunque voglia vederti alloggeranno in un bed & breakfast, quindi non la avremo intorno...".
Lancio un'occhiataccia a mio marito.
"Sai meglio di me che non è quello il problema" borbotto, facendolo spostare e iniziando a sparecchiare. "Se si tratta davvero di lei, è la seconda volta che mi viene a cercare dopo avermi promesso di uscire dalla mia vita. E, gli dei mi siano testimoni, se me la vedo comparire davanti le sbatto la porta in faccia talmente forte che torna in Florida senza neanche rendersene conto".
Marc mi abbraccia. Lascio andare la testa contro il suo petto, ascoltando il battito del suo cuore. È lui che mi ha fatto prendere questo vizio, durante la nostra prima notte qui. Era la terza volta, quella notte, che mi svegliavo urlando il nome di mio fratello...
"Percy!" urlai, svegliandomi di soprassalto e scattando a sedere. Mi voltai verso Marc, colpevole. Lui era appoggiato sui gomiti, mi guardava preoccupato.
"Vieni" disse, stendendosi.
"Ti ho svegliato di nuovo..." mormorai, abbassando lo sguardo. Mio marito si battè la mano sul petto.
"Non è un problema, anche senza di te non riuscirei a dormire molto. Vieni, metti qui la testa" disse. Io feci come mi aveva detto, e iniziai a sentire il suo cuore.
"Lo senti?" mi chiese. Io annuii. Temevo che, se avessi provato a parlare, sarei scoppiata in lacrime.
"Lo sai per chi batte quel cuore che stai sentendo? Per te. Per te, Laura Redford, e per nessun'altra" disse, accarezzandomi i capelli.
"Abbiamo già affrontato la questione del cognome" borbottai. Era rilassante, ascoltare quel suono.
"Sì, è vero" ridacchiò. "Ma tu sei mia. E io sono tuo. A chi importa di chi è il cognome Redford? E poi, Laura Redford suona così bene...".
"Tu sei mia, ed io sono tuo" mormora Marc, stringendomi a sè. Ormai sono passati diversi anni, io ho smesso di svegliarmi almeno quattro o cinque volte a notte (anche se continuo ad avere incubi), ma questa cosa non è mai cambiata, e mai cambierà.
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Proteggerli. A qualunque costo
FanfictionCopertina della bravissima LauraMoonlight ||SEQUEL DI "IO AL CAMPO MEZZOSANGUE"|| È passato del tempo. I nostri eroi sono cresciuti, hanno messo su famiglia, ma manca qualcosa alla vita quasi perfetta di Percy Jackson e dei suoi amici. Anzi, non qua...