Cosa ci nascondono?

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Tornando a casa, rifletto su quel che ha detto il signor Riders. Tutte le fotografie che mamma conserva raffigurano sia lei che papà, ed effettivamente, noto reprimendo un brivido dovuto ad una folata di vento freddo, non ho mai visto i nonni in nessuna di esse.
È ovvio che ci hanno sempre raccontato la verità solo in parte. Per il resto, non hanno fatto altro che riempirci di bugie.
Rientrando in casa, vedo mamma infilare nel cassetto della scrivania un foglio. Non riesco a distinguere granchè, perchè lei lo nasconde in fretta e furia e si precipita ad abbracciarci.
"Si può sapere dove siete stati? Eravamo preoccupati!" esclama, stringendoci a sè.
"Siamo solo andati a fare un giro..." dico, confusa dal suo comportamento. Siamo stati fuori sì e no una mezz'oretta...
"La prossima volta avvisate me o papà, intesi? Non dovete uscire mai più senza permesso, giuratemelo sullo..." si interrompe, con la stessa faccia che ci rivolge quando facciamo degli errori mentre lei ci aiuta coi compiti. "Promettetemelo".
"Promesso, mamma" rispondiamo, scambiandoci un'occhiata confusa. Lei sospira, visibilmente sollevata, anche se guardandola negli occhi capisco che è ancora turbata da qualcosa.

Guardo i ragazzi salire a fare i compiti, e Marc scendere le scale. Non ascolto quel che si dicono quando si incrociano, torno alla scrivania e riprendo la lettera. Guardo il cassetto riempito di fogli, una lettera ogni due o tre mesi passati dall'ultima volta che ci siamo fatti sentire da loro. Sposto lo sguardo sull'ultima. Scorro rapidamente il resoconto degli ultimi tre mesi a Piccola Diomede, rendendomi conto solo in parte che le ultime lettere si assomigliano un po' tutte. Marc mi abbraccia da dietro mentre raggiungo il fondo.
Vi voglio bene,
Laura
Ciao sorellina
Rabbrividisco. Marc mi stringe di più a sè. Le ultime due parole sono comparse quando ci siamo resi conto che Lucy e Mike non erano in camera a fare i compiti. Inutile dire che ci siamo spaventati. Ci siamo allontanati da tutti per loro, e se fosse successo qualcosa nonostante i nostri sacrifici sarebbe stato terribile.
"Loro non capiscono" mormoro, voltando la testa e lasciandomi cadere il braccio lungo il corpo. Mio marito mi bacia dolcemente.
"E come potrebbero? Non sanno. E, come hai detto tu, non devono sapere".

"Cosa ci nascondono?" si chiede Lucy, camminando avanti e indietro per la stanza. Distolgo l'attenzione dal libro di storia (tanto con la mia dislessia è già abbastanza difficile senza che mia sorella parli dietro di me) e mi volto verso di lei. Mi guarda. Io mi stringo nelle spalle.
"Non ne ho idea" dico. "Ma non è nulla di buono. Il signor Riders ha detto che quando sono arrivati qui sembravano preoccupati da qualcosa, e il comportamento di mamma quando siamo rientrati...". Fissa lo sguardo su di me.
"È successo qualcosa mentre noi non eravamo in casa. Per forza, altrimenti come spieghi il terrore di mamma? Credo riguardi il foglio che aveva in mano..." fa Lucy.
"Se anche fosse, non potremo mai saperlo. Quel cassetto è sempre chiuso a chiave..." dico. Un ghigno si allarga sulla faccia di mia sorella.
"Dimentichi che io ho scassinato il mio armadietto dopo averne perso la chiave" dice.

Mi sveglio di soprassalto. Guardo Laura, che dorme ancora. Percepisco, più che sentirlo effettivamente, del movimento al piano di sotto. Prendo la torcia elettrica nel cassetto del comodino, sospiro e mi alzo. Sperando che la furtività propria dei figli di Ermes mi sia d'aiuto, mi dirigo verso le scale. Qualcuno, in quel momento, urta il tavolino del salotto. Un sospetto si fa strada nella mia mente mentre cammino in quella direzione, per poi venire confermato dalle due chiome nere che illumino accanto alla scrivania di Lau.
"Lucy! Mike!" esclamo, cercando di non alzare troppo la voce per non svegliare mia moglie. I due mi guardano. Capisco con orrore su quale cassetto mia figlia stesse armeggiando, sfruttando le sue doti da discendente del dio dei ladri. Le lettere di Laura.
"Volevamo sapere cosa ci fosse in quel cassetto" spiega, prima che il goffo fratello abbia il tempo di dire qualsiasi cosa. Mike capisce al volo che è meglio se tace e si limita ad annuire. Io mi avvicino a loro.
"Non vi abbiamo sempre detto che se non potete vedere qualcosa è perchè sappiamo che per voi è meglio così?" dico, guardando Lucy negli occhi. Mike ha già abbassato lo sguardo. "Voi non avete idea di quanti sacrifici io e vostra madre abbiamo fatto per voi. Mostrateci un po' di rispetto, e la prossima volta chiedete, invece di cercarvi le risposte da soli".
Mia figlia corre di sopra prima che io abbia la possibilità di fermarla. O meglio, in realtà potrei correrle dietro e raggiungere la porta della sua stanza prima di lei, ma decido di rimanere con Mike. Sposto lo sguardo su di lui, che si ostina a fissare il pavimento. È sempre stato più pacifico di Lucy, che sembra aver ereditato tutto il disprezzo per le regole mio e di sua madre.
"Ehi campione" mormoro, inginocchiandomi davanti a lui. Faccio per abbracciarlo, ma mi scansa e segue la sorella. Rimango a fissare le scale per un momento, poi abbasso lo sguardo. Non devono sapere, mi ripeto. Mentre torno di sopra, decido che questo incontro rimarrà il piccolo segreto mio e dei ragazzi. Non voglio turbare Laura più del necessario.

"È incredibile quanto me li ricordino" dice Annabeth, guardando Zoe che segue il fratello Luke, di quattro anni più grande, fino alle due camere da letto.
"Spero che non arrivino ad emularli alla perfezione, anche se devo ammettere che l'idea che Zoe diventi una Cacciatrice non mi dispiace" dico, ridacchiando. Mia moglie mi guarda confusa. "Sì, per l'impossibilità di avere relazioni e tutto il resto...".
Lei sorride. Adoro quando sorride.
"Si vede proprio che sei padre di una femmina, Testa d'Alghe" ridacchia. Un ricordo mi piomba addosso.
Ero nella casa di mia madre, a New York. Più giovane di diversi anni. Qualcuno mi seguiva verso la mia stanza.
"Non esageravo, prima. Se Redford ti fa soffrire, io lo annego" dissi.
"Credo che tua sorella sia perfettamente in grado di fare da sola" replicò la voce di papà. Lo vidi, in piedi al centro della stanza, non appena accesi la luce.
"Papà!" esclamò lei, correndogli incontro per abbracciarlo.
"E comunque, nel caso ti aiuto io" precisò il dio dei mari, rivolto a me.
Annabeth mi stringe la mano. La guardo. Lei prova a sorridermi, ma ha capito a cosa sto pensando. Io non provo neanche a fingere, mi alzo e vado in camera. Prendo la foto sulla cassettiera.
Guardo il viso sorridente di Laura. Sospiro. Poso la fotografia, mi siedo sul letto e mi prendo il volto tra le mani.
"Mi manchi, sorellina" mormoro tra i palmi, subito prima di iniziare a piangere.

Mi manchi, sorellina.
Mi metto a sedere di scatto. Sento il cassetto del comodino di Marc chiudersi, e guardando alla mia sinistra lo trovo a fissarmi, in piedi, con una mano ancora allungata verso il mobiletto. Le lacrime iniziano a sgorgare prima che possa cercare di fermarle, mentre mio marito mi si avvicina e mi abbraccia.

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