1.
So how am I supposed to feel?
And how am I supposed to feel now?
(nothing,nowhere feat. Travis Barker-Destruction)"Ah, sì, sì, così". Urlo e tremo, urtando di continuo il muro alle mie spalle. Finn si accascia su di me e mi bacia il collo. Si scosta dopo poco e si aggiusta i vestiti. Faccio lo stesso e mi appoggio alla parete, stremata.
"Torniamo di là?" mi propone. Annuisco. Apre la porta e subito la musica ad alto volume ci investe, così come l'odore di sudore e fumo. L'ennesima festa, l'ennesima nottata passata a scopare, ubriacarsi e farsi. La mia vita è questa e sì, può sembrare un'esistenza vuota e priva di senso, ma non è così. O almeno credo.
"Clarke! È un piacere vederti!" mi chiama qualcuno. Alzo gli occhi al cielo. Niylah Connel, la persona più irritante di tutto il jet set hollywoodiano. Le sorrido falsamente e cerco di smarcarmi. Invano ovviamente.
"Dicono che stai lavorando ad un nuovo album e che potrebbe essere il disco dell'anno."
"L'intento è quello, sì." rispondo sfacciata. Niylah sogghigna.
"Beh, buona fortuna. Dovrebbe superare il mio per numero di vendite. Sono in classifica da mesi.". Mi mordo il labbro e non replico. Non voglio darle alcuna soddisfazione. Mi volto, alla disperata ricerca di Finn. Ho bisogno di andarmene via da questo posto.
"Beh, allora buona serata. Mi raccomando, non illuderti troppo per quanto riguarda le tue possibilità, ragazza di campagna." si congeda Niylah. Si allontana e solo ora mi rendo conto di star trattenendo il fiato.
"Non sono una ragazza di campagna, sono una cantante, brutta stronza!" le urlo dietro, ma la musica è così alta che nemmeno io riesco a sentire le mie stesse parole. Mi guardo intorno e finalmente trovo Finn, intento a scolarsi qualche bicchiere di non so che alcolico. Lo raggiungo e me ne faccio passare uno. Lo ingurgito, per poi sputarlo il secondo successivo.
"È disgustoso!" commento. Finn ride.
"Sì, decisamente." mi conferma. Mi prende per mano e fa per condurmi da qualche parte, ma lo fermo. Mi lancia un'occhiata confusa.
"Non ne ho voglia adesso." gli spiego. "Torniamo a casa?". Mi fulmina con lo sguardo, incredulo.
"Siamo appena arrivati!" ribatte.
"Lo so, ma..."
"Ma un corno. Ci stavamo divertendo, cos'è cambiato nel giro di pochi minuti?". Mi gratto il collo. Già, cos'è cambiato? Non lo so nemmeno io in realtà. So solo che questa stanza mi sembra, all'improvviso, diventata così piccola.
"Oh, andiamo, è per quella stronza di Niylah? Non ascoltarla. Dai, godiamoci la serata.". Sospiro. Mi sento così fuori posto, ma non riesco a resistergli. Non voglio stare sola. Non voglio pensare. Mi lascio trascinare in bagno. Finn armeggia con i pantaloni e tira fuori dalle tasche un sacchetto pieno di polvere bianca. La conosco, so cos'è, anche se cerco di evitarla il più possibile. Ma non questa notte. Sento i granelli di polvere risalire la mia narice e riportarmi in vita. O, forse, mi stanno solo illudendo di poterne affrontare una. Finn entra in me in modo quasi brutale. Non c'è amore in questa unione, solo un disperato tentativo di dare una parvenza di senso a una serata altrimenti del tutto misera. Sono piena, eppure così vuota. Scoppio a piangere sulla spalla di Finn, ma lui nemmeno se ne accorge. Non mi importa. Anzi, meglio così. È questo che mi piace di lui, non fa domande. Non perché abbia paura di vedermi scappare via terrorizzata, ma perché non si rende conto di un bel niente. Un po' lo invidio, in realtà. Vorrei essere come lui, eppure non ne sono capace. Una spessa coltre di lacrime mi rende la vista sempre più appannata. Anche i suoni si fanno ovattati. Ho un nodo in gola. Che cosa sto facendo? Chi sono io? Clarke Griffin, cantante di fama internazionale, in rapida ascesa e in attesa di pubblicare l'album dell'anno. Sì, questa sono io. Forse.
"Finn, io devo..." mormoro.
"Sì, anche io."
"No, non hai capito, devo...". Non mi trattengo oltre. Non so cosa sia stato, se l'alcol, la droga o del semplice disgusto, fatto sta che vomito sui pantaloni di Finn. Mi guarda sconvolto e io non riesco nemmeno a chiedergli scusa. Scappo via, senza dire una parola. Ignoro completamente le sue urla. Mi ritrovo nuovamente in mezzo alla bolgia. La musica è sempre più alta ed è davvero di basso livello. Il ritmo ipnotico mi stordisce. Sento il mondo ruotare attorno a me e non ho più appigli a cui aggrapparmi. Una mano si posa sulla mia spalla, ma non me ne curo. Corro fuori e cerco di incamerare quanta più aria possibile. Tossisco e scoppio a ridere. Posso sentire gli sguardi allibiti della gente dietro di me. Poco male, hanno appena trovato l'attrazione della serata. Dovrebbero ringraziarmi, se non altro sto rendendo divertente questa festa che chiamare noiosa è dir poco. Mi dirigo alla macchina e cerco di salirci sopra, ma non riesco ad aprirla. Prendo a calci lo sportello ripetutamente, senza alcun risultato. Decido infine di spaccare il finestrino e mi metto al volante. Le chiavi sono inserite nel cruscotto e a me non resta fare altro che girarle e accendere il motore. Sento qualcuno urlare il mio nome, ma non me ne interesso. Parto di gran lena, incurante dei limiti di velocità. Non che non conosca le conseguenze delle mie azioni. Al contrario, ne sono perfettamente consapevole. Ed è proprio ciò che sto cercando. Sto facendo i duecento chilometri orari in piena Beverly Hills e non ho intenzione di mollare il piede dall'acceleratore. Solo in questo momento realizzo di non essere seduta nella mia auto. Scoppio in una fragorosa risata e accelero ulteriormente. Dio, devo essere impazzita. Anche se, a dire il vero, in questo momento mi sento particolarmente sobria. Continuo a ridere, fino a quando due fari non mi abbagliano. Il suono di un clacson mi assorda. Sono nella corsia sbagliata. Sterzo a destra, pregando di riuscire ad evitare la macchina che mi sta venendo addosso. Sbando e finisco addosso ad un muretto. Sto tremando. Ma cosa mi dice la testa? Cosa diamine sto facendo? Chiudo gli occhi, per poi riaprirli di scatto non appena sento le sirene delle volanti della polizia. Fantastico, ora sono proprio nei guai.
"Signorina, scenda immediatamente dall'auto!" mi intima un poliziotto. Sospiro. Apro lo sportello e mi ritrovo sull'asfalto, circondata da tre agenti.
"Fate piano, è un vestito firmato." li ammonisco.
"Si crede spiritosa?" mi dice uno dei poliziotti. Mi ammanetta i polsi e mi fa alzare in piedi con la forza. Provo a divincolarmi, ma la sua presa è decisamente salda.
"Lei ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà potrà essere e sarà usata contro di lei in tribunale. Ha diritto a un avvocato durante l'interrogatorio. Se non può permettersi un avvocato...". Scoppio a ridere.
"Ma lei sa chi sono?" chiedo, strafottente. Il poliziotto mi strattona, innervosito.
"Se non può permettersi un avvocato, gliene sarà assegnato uno d'ufficio." conclude la frase, per poi farmi accomodare nella volante. E, quando l'auto parte a sirene spiegate, mi rendo conto di essere proprio nei pasticci.
Angolo dell'autrice
Ehilà, ben ritrovati. Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate.
Aggiornerò ogni martedì.
Alla settimana prossima!
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A Sort Of Homecoming
FanfictionDal sesto capitolo: "I miei vecchi quaderni sono ancora riposti negli scaffali, come se il tempo non fosse mai passato. Ne prendo uno a caso e lo apro. Lo sfoglio, il cuore in gola. I testi di vecchie canzoni che nemmeno ricordavo di aver scritto mi...