18.Be The Same

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18.

And I'm hoping to resolve all the things I've done and mistakes I've made
I'm sorry for the things that we can not work out, oh I know I know
It won't be the same
(Ravenscode-Be The Same)

"Clarke." mi richiama Bellamy. Nemmeno lo sento, persa come sono fra mille pensieri. Ho passato tutta la notte in ospedale, seduta su una scomodissima sedia a vegliare su Lexa fino a quando non è stata dimessa. Anya è venuta a prenderla e l'ha portata a casa sua. Mi ha guardata un po' meno in cagnesco del solito e, per qualche secondo, ho avuto il presentimento che volesse addirittura parlarmi. Non che muoia dalla voglia di farlo. Io e Anya eravamo molto amiche prima che io lasciassi Polis e credo che abbia preso la mia scomparsa peggio di Lexa. Non la biasimo per questo.

"Clarke". Mi volto. Bellamy mi guarda con aria preoccupata. Accanto a lui, Jasper giochicchia con le bacchette della batteria, un po' a disagio.

"Uh? Sì, giusto, ora mi concentro."

"Clarke, no." mi ferma Bellamy. Gli lancio un'occhiata piuttosto confusa, senza capire.

"Penso che tu oggi debba tornare a casa, non sei nelle condizioni di lavorare.". Mi sento morire. La musica è sempre stata per me una valvola di sfogo e constatare che, invece, non riesce nemmeno più ad aiutarmi a tirare fuori quello che mi passa per la testa è annichilente. Sospiro.

"Bell, ti prego, ho bisogno di cantare." mormoro. Ed è vero, non sto mentendo. Ne ho davvero la necessità. Il problema è che non posso cantare queste canzoni. Non ce la faccio, non dopo aver realizzato appieno la portata delle mie scelte. Che la mia decisione di quattro anni fa avrebbe avuto pesanti conseguenze lo sapevo, ma mai avrei immaginato di ritornare qui ed essere testimone di una situazione del genere. Sospiro. Bellamy mi scruta con sguardo penetrante.

"Ti prego."

"Clarke, non sei nelle condizioni. Perché non vai a farti un giro? Così ti rinfreschi le idee." insiste Bellamy. Chino il capo e mi massaggio il collo. Sì, forse ha ragione.

"Va bene." cedo, infine. Mi tolgo le cuffie e mi allontano dal microfono. Raggiungo Raven, che mi porge la giacca e la borsa e mi accarezza una spalla.

"Ci sentiamo più tardi allora." dico, con tono spento.

"A dopo, prenditi tutto il tempo che ti serve." mi saluta Jasper. Faccio un cenno con la testa e mi congedo, uscendo dallo studio. Inspiro ed espiro profondamente, cercando di incamerare quanta più aria fresca possibile.

"Clarke, sali in macchina." mi esorta Raven, aprendo la portiera. Obbedisco, con fare meccanico. Allaccio la cintura e sospiro, buttandomi indietro contro lo schienale. Raven mi carezza la gamba, dolcemente.

"Va tutto bene?" chiede.

"Sì, ho solo voglia di andare a bere qualcosa." rispondo. La mia amica alza gli occhi al cielo e, senza dire una parola, mette in moto.

"Rae, se guidi in questo modo la gente mi ricorderà come la cantante che aveva quasi finito il suo terzo album."

"Poche storie, non sto correndo così tanto.". Non ribatto, certa che sarebbe inutile. Mi ritrovo a pregare non so quale divinità di arrivare sana e salva ovunque lei mi stia portando, salvo poi desiderare che riparta una volta capito dove ha parcheggiato.

"No, io non scendo." piagnucolo.

"Clarke, non hai cinque anni. Hai bisogno di sapere come sta."

"Rae, Anya mi uccide se mi vede." replico, con tono deciso.

"Anya ti vuole bene, sotto sotto. È solo molto protettiva nei confronti di Lexa. Mi ha raccontato cosa hanno vissuto durante la loro infanzia e non posso darle torto. Farei lo stesso, Clarke."

A Sort Of HomecomingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora