UNO

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Ci eravamo lasciati molto alle spalle, dolore, sofferenza, disperazione. Avevamo perso persone importanti per noi, per entrambi. Persone che avevamo amato e che eravamo soliti chiamare famiglia.

Quel trasferimento in Europa sarebbe stato per me un nuovo inizio. Ero partito da solo, lasciando le redini della scuola nelle mani di Hank, mi fidavo ciecamente di lui, lo conoscevo da tempo, da ragazzo sveglio ma un po' insicuro si era trasformato in un uomo coraggioso e leale. Avrebbe fatto del suo meglio per i miei ragazzi, ne ero sicuro. Così avevo deciso di mettermi su un aereo e fingere di dimenticare tutto, anche se la valigia che mi portavo dietro era piena di dolore e rimpianto per non essere riuscito a fare di più per Raven, per Jean. Pensavo che avrei trovato il modo di superare tutto abbandonandomi all'incertezza di una nuova vita, di una città che non conoscevo, che non mi conosceva e che non mi avrebbe giudicato.

Ero lì, seduto al tavolino di un bar, avevo appena ordinato un cappuccino, stavo per assaporarne l'aroma di caffè, quando la voce di Erik mi colpì come un pugno in pieno petto.

Ci eravamo incontrati tanti anni fa, eravamo stati amici, poi nemici e di nuovo amici. Conoscevo ogni sfumatura della sua mente e della sua anima. Si credeva un duro, Erik. Sempre animato da quel desiderio di vendetta e dall'energia che credeva provenisse esclusivamente dalla sua rabbia verso il mondo intero. Aveva ragione nel sentirsi arrabbiato, aveva conosciuto l'amore, l'aveva abbracciato e l'aveva chiamato per nome: Nina. Un giorno, Nina gli era stata portata via e, con lei anche sua moglie. Erik aveva conosciuto troppa sofferenza nella sua vita ma io riuscivo ancora a vedere la luce nei suoi occhi, quella scintilla di umanità non l'aveva mai abbandonato veramente. Spesso, gli facevo notare quanto lui fosse ancora capace di amare e lui mi odiava per questo. Nonostante tutto, eravamo ancora una volta due vecchi amici davanti a una scacchiera.

"Vorrei aiutarti" disse guardandomi negli occhi "tu hai fatto tanto per me. Mi hai dato una casa quando non sapevo dove andare, mi hai fatto sentire parte di un gruppo, di una famiglia, quando ero completamente solo".

"Erik, ti ringrazio molto, sei gentile ad offrirmi una mano ma mi sa che non posso accettare il tuo aiuto" risposi, a malincuore.

"Perché mai? Charles, ti prego, non essere testardo, come al solito. Dammi retta, almeno per una volta. Ammetto che hai sempre avuto ragione tu, in passato ma, adesso, devi ascoltarmi".

"Non è una questione di testardaggine. Io sono venuto qui per dimenticare tutto, tu di certo, così non mi aiuti. Vedendoti ogni giorno, non smetterò mai di rinvangare il passato, tutto tornerà a galla e mi farà impazzire". Una lacrima mi rigò il volto, stavo già sprofondando nei ricordi. Erik allungò il braccio e l'asciugò delicatamente con il dorso della sua mano.

"Ok, capisco. Ti lascerò libero di scegliere ma sappi che io ci sarò se avrai bisogno di me".

Si alzò e andò via, lasciandomi lì, da solo, con il mio cappuccino.

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