SETTE

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Atterrammo in luogo deserto, intorno a me vedevo solo distese di polvere, macerie e devastazione. Ci catapultammo immediatamente in un bunker sotterraneo. Stryker aveva sempre avuto poca fantasia, le sue basi di sperimentazione erano sempre sottoterra, d'altronde era un uomo che amava vivere nell'ombra dell'oscurità. Non perse tempo e si precipitò a spigarmi il suo ennesimo progetto di distruzione. Aveva scoperto una nuova forma di mutazione del DNA e aveva bisogno di me per definirne i dettagli e perfezionare gli effetti di un innesto di questo nuovo gene su un uomo che chiamava B.B.

Mi raccontò che si trattava di un soldato che era stato ibernato dopo la seconda guerra mondiale e che era riuscito a sopravvivere ad orrori e sperimentazioni varie sul suo corpo.

Il mio sesto senso mi diceva che sarebbe stato l'inizio di un incubo, in quel tentativo scientifico non ci sarebbe stato nulla di buono. Non per noi mutanti, non per il mondo.

Avrei voluto urlare che mi sarei rifiutato di seguirlo in un'iniziativa così meschina e crudele ma lui sapeva di avere l'asso nella manica ed era pronto a giocarlo, senza alcun indugio. L'asso si chiamava Erik, gli avrebbe fatto del male, ancora una volta e non potevo permetterglielo. Tuttavia non potevo neppure sostenere un folle nella sua apocalittica impresa. Smisi di pensare per un attimo, cercai di concentrarmi solo sul mio respiro, avevo bisogno di calmarmi ed escogitare un piano.

Non ce ne fu il tempo. La porta alle mie spalle si stava accartocciando, non riuscivo a crederci. Ma come aveva fatto a trovarci così in fretta? Mi sembrava impossibile. Eppure, Erik era lì, stava indossando il suo elmo, i suoi occhi azzurro cielo erano incupiti dalla rabbia, erano scuri, in tempesta. Urlò così forte che tutto mi rimbombò nelle orecchie, la sua voce e il suo tormento.

"Erik, o meglio, Magneto, ti stavamo aspettando"

"Stryker, non costringermi a far saltare tutto in aria, libera Charles e lasciaci andare via,"

"Liberare Charles? Siete qui ora, non vi lascerò andare da nessuna parte, mi servite entrambi"

"Ok, io ti ho avvisato"

Lo vidi raccogliere tutta l'energia che aveva in corpo, era pronto a far scoppiare tutto, da un momento all'altro.

"Povero illuso, non penserai che ti avrei fatto entrare qui senza prendere le giuste precauzioni? Solo la porta era in metallo, per permetterti di entrare, il resto è tutto isolato da un materiale speciale. Non riuscirai a far lievitare un bel niente con i tuoi poteri. Mi dispiace"

La sua risata risuonò tutt'intorno, fino a farmi ribollire di rabbia.

"Sei un essere meschino Stryker, avrai isolato le pareti per bloccare Magneto ma hai dimenticato di prendere precauzioni per me."

"Pensi che sia davvero così ingenuo?"

Si scostò l'orecchio, dietro aveva una micro ventosa con un filo collegato ad un dispositivo attaccato al colletto della camicia. "Questa è la mia protezione contro di te, non riuscirai mai ad entrarmi in testa né a controllarmi, mi spiace anche per te. Dal momento che non avete apprezzato la mia ospitalità vi terrò chiusi in cella per un po' cosicché possiate calmarvi e decidere di collaborare pacificamente."

Ci presero e ci portarono in una stanza non molto lontana dal laboratorio in cui ci trovavamo. La porta era bianca, le pareti erano bianche, le sedie, il tavolo, i letti, tutto era bianco. Ovviamente non c'erano finestre e nessuna traccia di alcun tipo di metallo. Eravamo in trappola ma eravamo lì insieme.

"Erik, mi dispiace tanto. Non avrei mai voluto che accadesse una cosa del genere." Cominciai a piangere, ormai era per me un'abitudine.

"Non è colpa tua Charles, chi poteva mai aspettarselo?"

"Ho lavorato così tanto su me stesso per chiudere col mio passato, proprio perché non volevo più avere a che fare con questa gente, con queste situazioni. E non l'ho fatto per paura di rischiare la mia stessa vita ma per paura di perdere ancora persone che amo. Ecco perché volevo allontanarmi anche da te Erik. Non posso permettermi di perdere anche te".

"Non mi perderai, te lo prometto. Né io perderò te, usciremo di qui, vedrai, torneremo nella nostra noiosa casa di campagna, nella nostra noiosa università, a condurre la nostra noiosa, inutile routine."

Mi scappò quasi un sorriso. Erik si avvicinò, mi poggiò una mano sulla spalla. "Stai tranquillo amico mio, risolveremo tutto". 

Gli presi la mano e la strinsi forte inclinando la testa.

 "Mi fido di te".

Una nuova partitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora