How To Live Without You

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Dicono che le parole non valgono niente, che sono i fatti a determinare chi siamo e quanto teniamo alle altre persone. Dicono anche che la vita è ciò che succede mentre sei impegnato a pianificarla. Tuttavia queste parole dette e ridette non rispondono alle domande essenziali della vita. Qualcuno si è mai chiesto perché sia davvero necessario morire? Perché non possiamo semplicemente vivere per sempre?

Alcuni dicono che forse i morti stanno meglio. In un luogo più bello, angelico, privo di crudeltà. Nessuno però si azzarda a scoprirlo. Infondo Amleto stesso nel suo monologo diceva che la consapevolezza delle sofferenze che subiamo in vita, ci frena da scoprire quali siano quelle della morte, perché temiamo siano peggiori di quelle che siamo costretti a sopportare in vita. Questa consapevlozza ci rende quindi, codardi.

Quando qualcuno se ne va però, si è certi che loro in qualche modo stiano bene, che siano andati in un posto migliore. Infatti questo è in contrasto con il pensiero che ritiene che chi muore soffre.

Il morto soffre temporaneamente, in realtà lui crea il dolore per quelli che rimangono. A soffrire veramente, sono le persone che gli stavano accanto.

In quel momento anche Stefano soffriva, mentre ricordava il volto del padre che sorrideva. Ormai anche il ricordo di quando lo sgridava era diventato un bel ricordo.
Il castano, aspettava dietro una tenda. Giulio gli aveva sempre detto di aspettare il cenno della guardia, di non fare di testa sua. Stefano sapeva che il padre aveva sempre ragione, perciò fece come gli era stato detto.

Nella grande sala lo aspettava qualunque regale che fosse mai vissuto in Gran Bretagna: qualunque Lord, Duca e Sir che fosse mai stato designato.

L'unico che risultava diverso per Stefano in quella massa omogenea era Sascha. Proprio come ad un matrimonio però, Stefano avrebbe dovuto camminare lungo il tappeto e incrociare numerosi volti, prima di ritrovarsi negli occhi del corvino.

"Signore, può andare." Disse la guardia.

Non stava veramente aspettando quelle parole, perché sapeva che nel momento in cui avesse fatto anche solo il primo passo, la morte del padre sarebbe divenuta reale. Giulio non sarebbe più stato il Re della Gran Bretagna, ma lui lo sarebbe diventato. Così fissava il suo piede, come per ordinargli di muoversi, ma questo non lo faceva.

Davanti a sé, proprio dietro il trono che doveva raggiungere, c'era un grande dipinto ritraente l'attuale Re. Stefano iniziò a chiedersi come doveva esser stato per Giulio, fare la stessa cosa: fissare il dipinto del padre, e aspettare che gli sia dato il suo posto. Si chiedeva se amasse il nonno tanto quanto il castano amava lui.

"Signore?" La voce della guardia lo risvegliò dai suoi pensieri.

"Si ora vado.." Rispose annuendo.

La guardia si ritirò sullo stipite della porta e Stefano fece un gran sospiro, cercando di trattenere le lacrime. Il principe guardò il piede, e questa volta quest'ultimo si mosse e fece un passo, seguito da numerosi altri.

Giulio era morto. La consapevolezza di queste parole non erano mai state così chiare fino a quel momento, e ogni passo dava più chiarezza.

Il castano passò di fianco a tutta quella gente, purtroppo non ebbe la forza di fare ciò che aveva detto la madre, di sorridere, e non ebbe neanche il coraggio di incrociare gli occhi di Sascha, che non stava aspettando altro se non il poter consolarlo con uno sguardo.

Stefano s'inginocchiò prima di salire le scale, e gli fu poggiata una corona sulla testa seguita dai vari rituali a cui però lui non stava prestando attenzione.

"Cammina retto. Fai capire alle persone con chi hanno a che fare. Non puoi tremare o dare un cenno di debolezza, altrimenti loro vedranno solo quello: debolezza."

𝓖𝓲𝓸𝓿𝓪𝓷𝓲 𝓐𝓵𝓲 𝓟𝓮𝓻𝓭𝓾𝓽𝓮  [𝑺𝒂𝒔𝒄𝒉𝒆𝒇𝒂𝒏𝒐] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora