Falling Apart

5 0 0
                                    

Una tazza di caffè fra le mani, la vista del cielo circondato dalle nuvole, il mare e le sue onde che lo circondavano. Tutte queste cose mancavano al corvino. Forse perché in realtà alla mattina si svegliava a furia di urli femminili, non riceveva nessun caffè ed era costretto a passare tutto il tempo dentro le mura di casa.

"Stai bene?" Una tazza si poggiò sul tavolo con forza.

Il castano alzò lo sguardo, era Riccardo. Lo guardava con sguardo premuroso, quasi come se fosse realmente preoccupato per lui.

"Si, grazie dell'interesse." Disse con una punta di ironia.

Il fratello ridacchiò. "Sono dalla tua parte Stefano, forse dovresti smetterla di considerarmi un nemico."

"Certo."

Riccardo gli diede un ultimo sguardo, come per rassicurarlo. Prese dalla tasca una busta e gliela passò.

"Poi non dire che non sono il fratello migliore del mondo." Detto ciò prese nuovamente la sua tazza e si alzò. "Siamo riusciti a contattare il sicario che ha ucciso il tedesco. Ora è nei sotterranei pronto ad essere interrogato. Per questo proposito però serve una firma di papà e papà non c'è, ma ci sei tu." Prese una penna dalla tasca interna al suo completo. Riccardo indossava sempre un completo, spesso scuri o blu, in modo che fossero accordati al colore dei suoi capelli o gli occhi.

Stefano prese la busta e l'aprì. Lesse il contenuto e poi alzò lo sguardo sul fratello, ancora scettico.

"Perché dovrei crederti?"

"Vuoi andare a vederlo o interrogarlo di persona?"

"Si."

"Beh non puoi. Sai com'è lui è un sicario e tu sei l'erede al trono." Riccardo si sedette nuovamente e sospirò. "Stefano non voglil il tuo posto. Non voglio essere l'erede di tutto questo. Il mio stile di vita non me lo permetterebbe neanche se volessi: viaggio molto, non ho alcuna formazione regale e voglio fare l'ingegnere: insomma, essere principe non è nei miei interessi. Quindi ti prego, smettila di guardarmi come se ti stessi imbrogliando ad ogni tuo respiro." Sorrise dolcemente e poi di alzò nuovamente e lasciò il salone.

L'espressione del castano era rimasto impassibile, così come la tazza che Riccardo si era dimenticato di portarsi. Il castano sospirò, senza spostareo sguardo dalla maledetta tazza.

Fece cenno ad una delle guardie di avvicinarsi.

"Prendi la tazza e portala in laboratorio. Voglio che recuperino DNA, impronte, tutto ciò che può ricondurre all'identità di una persona."

La guardia annuì e prese la tazza con sé.

A Stefano non rimaneva altro da fissare se non il foglio.

Prese la penna di scatto e lo firmò, dandolo ad una cameriera perché lo portasse a Riccardo. Non era sicuro della sua scelta, ma infondo Riccardo non aveva tutti i torti, e stranamente lo stava aiutando. Ciò non significava che si fidasse di lui, non era così sciocco.

Un'ambiente come quello in cui si trovava in quel momento poteva ingannarti. C'erano grandi finestre che davano all'esterno, ti facevano credere che se alzavi lo sguardo potevi vedere le stelle la notte e le nuvole di giorno. Se guardavi fuori dalla finestra ti illudeva di star guardanso un giardino e un piccolo laghetto, di star ammirando gli alberi e la natura. Ma ciò non era comunque paragonabile alla vera vista delle nuvole o al rumore delle onde del mare. C'è pur sempre un vetro tra te e la natura.

Riccardo era la stessa cosa. Fingeva, mentiva, e ti faceva credere di essere chi in realtà non è, o di essere in grado di far cose che in realtà sono fuori dalla sua portata.

𝓖𝓲𝓸𝓿𝓪𝓷𝓲 𝓐𝓵𝓲 𝓟𝓮𝓻𝓭𝓾𝓽𝓮  [𝑺𝒂𝒔𝒄𝒉𝒆𝒇𝒂𝒏𝒐] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora