6. La storia di Jess

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Jess.

Non dormii quella notte a causa dell'agitazione. Dopo tutto quel tempo, tornare tra la gente non era stata una cosa facile. Mi alzai all'alba e mi fermai ad osservarla dall'enorme finestra che si trovava in salotto. Il lumminoso sole donava al cielo un colorito violaceo e le nuvole contribuivano a rendere quel panorama meraviglioso. I miei genitori erano fuori città, in visita a mia sorella maggiore che abitava a New York, e sarebbero rientrati quella sera. Mr. Riva, ossia il padre di Maya, rientrava tardi la sera e si svegliava presto la mattina preso dai suoi impegni, di fatto per fortuna la notte precedente non ci aveva sentite rientrare, e quella mattina era già uscito di casa. Dopo un po' che ero in piedi sentii Maya scendere a passi lenti. Non le rivolsi nemmeno uno sguardo, ero arrabbiata.
《Buongiorno Jessica》mi salutò, ma non risposi.
Aveva i capelli scompigliati, il trucco sbavato ed ancora i vestiti del giorno precedente. Camminava traballante e teneva una mano sulla fronte; si lamentava dolorante a causa del dopo sbornia.
《Come mai sei già in piedi?》mi chiese ancora.
La fulminai con lo sguardo sperando si rendesse conto che non mi andava di parlare, poi tentai di allontanarmi ma mi fermò bloccandomi il passaggio.
《Grazie per ieri sera》disse tenendo lo sguardo basso dall'imbarazzo.
《Grazie un cazzo》sussurrai cercando di scansarla, ma non me lo permise.
《Non avercela con me...》continuò lei accentuando.
Le sollevai il volto con una mano e la fissai nel modo più malvagio che riuscissi a recitare. Speravo di spaventarla un po'.
《Ti ho chiesto solamente tre cose: non metterti nei guai, sta lontana da quel gruppo di ragazzi e non sboccarmi in macchina. Hai fatto due su tre, complimenti!》il mio sguardo era scuro, lei sembrava esserne intimorita.
《Ho l'impressione che tu conosca Ben o quei ragazzi molto meglio di quanto vuoi lasciar trasparire.》
Non risposi, tentai di allontanarmi ancora ma mi afferrò un braccio.《Spiegami cosa cazzo sta succedendo Jess!》ordinò urlando.
Quello fu il culmine per me.
Mi voltai e la afferrai dalle spalle spintonandola più forte di quando avessi previsto contro una parete. Poi mi morsi un labbro sperando di non averle fatto del male.
《Sono stata un giocattolo nelle mani del gruppetto di Ben per molto tempo. Credevo di essere anch'io come loro:un criceto senza cervello che corre sulla ruota dell'alcol, delle droghe e delle sveltine con degli sconosciuti nei bagni pubblici. Vuoi sapere che fine ha fatto l'unica persona che era riuscita a tirarmi fuori da quella merda? È morta stecchita a causa di una di quelle teste di cazzo. Io non evito la gente Maya, non la disprezzo, io mi proteggo dalla gente.》
I suoi occhi erano spalancati, mi fissava quasi spaventata ed io sentii i miei occhi inumidirsi. Mollai nervosamete la presa e mi allontanai con passo pesante.
《Mi dispiace Jess》sentii mormorare.

Maya.

Sotto la doccia ripensai a ciò che avevo appena sentito dire da Jessica. Finalmente capii le sue ragioni, e mo trovai d'accordo con Derek: non era come appariva. Mi rivestii ed asciugai i capelli, finalmente quello sgradevole odore d'alcol era andato via. Scesi al piano inferiore dove Near venne a farmi le feste scodinzolando e sbavando in un modo disgustosamente allegro. Adoravo quel cucciolone!
Attraverso la fiestra della sala da pranzo vidi Jess fumare una sigaretta sul dondolo che si trovava nel imenso giardino abbellito con grosse aiuole di rose e gigli. La raggiunsi tenendo la testa bassa.
《Non voglio darti ancora fastidio ma è quasi ora di pranzo; volevo solo sapere cosa ti va di mangiare.》
Lei mi guardò, per la prima volta il suo sguardo non sembrava poi così minaccioso; era tranquilla.
《Vieni qui》disse tornando a guardare in avanti. Fissava precisamente il nulla.
Rimasi stupita. La raggiunsi sedendomi accanto a lei che mi porse una sigaretta. La presi e la posai tra le labbra. Lei tirò fuori dalle tasche un accendino e lo accese sulla punta della mia sigaretta che iniziò a fumare.
《Scusami, non volevo attaccarti.  Non ti ho fatto male, vero?》
《Oh no, sta tranquilla》mi affrettai a rispondere. Tutta quella premura mi insospettì.
Lei sorrise.《Diamoci una tregua!》
Io annuii.
Seguì qualche attimo di totale silenzio, spezzato solo dal cantare rumoroso delle cicale.
《Ti va di parlarmi di ciò che è successo?》proposi, non sicura del fatto che fosse una buona mossa.
Lei abbassò lo sguardo ed iniziò a torturarsi le mani. La fermai prendendogliene una.《Sta calma, non devi per forza.》
Fissò un attimo. D'avanti ai suoi occhi quasi mi sentivo nuda. Poi sollevò lo sguardo al cielo e ringraziai Dio per questo.
《Amavo quelle feste, tornavo ogni notte a casa ubriaca e fatta. Ammetto di aver dato un po' di preoccupazioni ai miei.
Rischiai persino un pò di volte il coma etilico. Mia madre ci aveva perso totalmente le speranze; aveva capito il motivo dei miei atteggiamenti: avevo una relazione Ian Ross, uno di quegli idioti che frequentano Ben. Mi lasciavo trasportare da lui, da loro. Ero popolare e ne ero soddisfatta, non mi dispiaceva affatto》prese una boccata d'aria e notai quanto gli fosse difficile spiegare.
《Poi incontrai Mike Powell, lui era gentile, mi trattava a dovere, mi tirava fuori dai guai. Amava i libri, la letteratura, ed persi la testa per lui e per il suo fascino da poeta bohemienne. Dopo l'ennesima festa finita male, decisi di lasciare Ian per lui. Ian si arrabbiò molto, iniziò a bere per sfogare la rabbia e ingerì qualche pasticca, poi prese la sua auto e lo investì togliendogli la vita》il suo sguardo era gelido.
《Ian era li ieri sera?》chiesi scioccata.
《No, sta scontando la sua pena.》
Non avevo mai visto in vita mia qualcosa di più dolce del suo sguardo in quel momento, lo stesso sguardo che mezz'ora prima mi intimoriva. Era una strana combinazione. Le lacrime iniziarono a solcarmi il viso senza molto preavviso. Il tasto "incidenti stradali" era qualcosa che cercavo ancora di non toccare.
《Cos'hai?》mi chiese spalancando gli occhi stupita.
《L'anno scorso mentre mia madre andava a lavoro è stata coinvolta in un incidente con un pirata della strada. Sono morti entrambi. Mi manca, sempre di più ed è frustrante, un incubo, uno strazio. So cosa vuol dire sentirsi impotenti d'avanti alla morte, Jess. A volte non reggo, mi sforzo di non ricordare eppure in ogni cosa, ogni parola, ogni persona, c'è il suo volto.》la mia voce tremava, le mie mani lo stesso. Tutto mi sembrava un po' più offuscato. Riuscivo ad avvertire con potenza solo il peso che avevo al petto.
Inaspettatamente Jess mi avvolse in un abbraccio. Le sue braccia erano accoglienti, mi feci piccola tra loro. Il suo profumo era un mix di vaniglia ed abiti puliti. La strinsi a mia volta e riuscii a calmarmi prima del previsto. Restammo per qualche minuto che mi parve un tempo troppo breve, restammo su quel dondolo a consolarci a vicenda.

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