Capitolo II - Brezza Notturna

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Ho aperto lo sportello e sono uscita dall'auto.

Non è stato necessario accordarci sul da farsi.

Abbiamo passeggiato sul lungomare affollato. Walter teneva il suo braccio intorno alla mia vita. E di tanto in tanto, in maniera per niente nascosta o furtiva, accarezzava con la mano aperta la stoffa che copriva la mia natica.

Ci siamo seduti al tavolino di un locale per bere un altro prosecco.

Ricordo l'eccitazione che ho provato nel sentire le mie ginocchia nude sfiorate dalle sue.

Ho sentito la sua voce. Tranquilla, pacata. La sua voce profonda e rilassante.

"Mina, ma ti sembra il caso che una signora vada in giro così, senza mutandine?".

Ha pronunciato queste parole con tono normale, senza curarsi delle persone sedute ai tavolini accanto.

E per me quello è stato il segnale dell'inizio di un altro gioco. Un gioco che non conoscevo ancora, ma di cui già sentivo l'eccitazione.

"Hai ragione Walter, la mia è una caduta di stile imperdonabile per una signora. Dammi solo un attimo. Cerco di porre rimedio."

Mi sono alzata e mi sono diretta in bagno.

Ho chiuso la porta.

Ho sfilato l'abito e l'ho messo sull'attaccapanni.

Ho aperto il reggiseno ed ho fatto scivolare le spalline.

L'ho piegato e riposto sulla mensola.

Lo specchio.

E nello specchio c'ero io.

Nuda con i sandali rossi ai piedi.

Mi sono guardata.

Il seno mi è sembrato più grande e sodo del solito. Quasi che la mia terza fosse diventata improvvisamente una taglia in più.

Ed i capezzoli.

Dritti.

Ho inumidito le dita leccandole lentamente ed ho iniziato lentamente a disegnare con i polpastrelli il contorno delle areole scure, piccole ma ben delineate.

È stato un attimo.

Le dita si sono chiuse intorno ai capezzoli. La presa si è fatta stretta, forte.

Ed ho sentito un brivido scuotere il mio corpo dalla testa ai piedi.

Non riuscivo quasi a stare in piedi.

Mi sono appoggiata con la schiena alla parete di mattonelle bianche. Altri brividi.

Una mano si è staccata dal seno ed è scesa accarezzando la pancia. Senza fermarsi.

La mano fra le gambe aperte, ben piantate a terra.

Con il dito medio ho percorso le pieghe delle labbra.

Bagnate.

Ho sentito il clitoride, dritto, duro come i capezzoli.

L'ho accarezzato quasi per placarne l'eccitazione. Senza successo. Ma non lo volevo.

Ho allungato il braccio facendo scivolare prima un dito, poi l'altro fra le labbra. Spingendo a fondo, mentre il palmo della mano accarezzava la punta del clitoride.

Il respiro si è fatto corto, affannato, è diventato un coro di gemiti.

E mentre chiudevo gli occhi ho sentito le gocce calde che scivolavano lungo le gambe fino a bagnare le caviglie.

MinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora