Capitolo IV - Bagno Eden

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Quattro del pomeriggio di domenica al bagno Eden. Una giornata assolata aveva attratto folle in ipertermia da tutta la provincia. E sembrava che in quell'angolo di paradiso si fossero date appuntamento tutte le persone più rumorose e moleste. Coppie accoppiate ad altre coppie che facevano a gara a chi parlava a voce più alta, un battaglione di bambini che avevano deciso di far sparire la sabbia dal bagnasciuga armati di paletta e secchiello. Inseguiti da un reggimento di nonne e mamme urlanti dotate di merenda di ordinanza. Il tutto annaffiato da abbondante house music che usciva a tutto volume dagli altoparlanti del bagno.

Insomma, un vero casino, nel quale si faceva fatica a fare qualsiasi cosa.

Io e Francesca avevamo mollato i pescatori al porticciolo, eccitati dal pomeriggio in barca in cerca di pesci che ormai erano solo nei racconti di qualche ultraottantenne, e ci eravamo dirette al bagno in auto.

Ed eravamo lì. Al nostro ombrellone. Sì, da tempo ormai condividevamo l'ombrellone con due lettini in terza fila al bagno Eden.

Ci guardavamo, distese sui lettini, opportunamente oliate, in silenzio. I nostri sguardi dicevano che non era né il posto, né il momento, per le domande che Francesca fremeva di farmi e per le risposte che io non avevo ancora.

Francesca si è alzata, ha preso la borsa da mare gialla decorata con le conchiglie e con il capo mi ha fatto segno di seguirla.

Ci siamo dirette verso il seggiolone dove svettava Andreino. Il custode storico dell'Eden. Un uomo di età fra i trenta ed i sessanta. Un metro e novantacinque di muscoli coperti di pelle bruciata dal sole e dal sale.

Francesca gli aveva fatto solo un cenno con la mano indicando il pedalò parcheggiato lì davanti. Ed Andreino aveva risposto socchiudendo gli occhi e con un impercettibile movimento della testa.

Ci eravamo lasciate alle spalle il mondo. Eravamo a duecento metri dalla spiaggia. Il tum tum della musica ormai si confondeva con il fruscio della brezza del pomeriggio. Ed intorno a noi solo qualche altro lontano mezzo galleggiante con persone in cerca del loro personale paradiso terrestre,

Avevamo smesso di pedalare. Due donne abbandonate ai raggi del sole in apparente relax. In realtà era tutto pronto. Il duello stava per iniziare. E come in ogni duello che si possa definire tale, i due contendenti si fronteggiano. Si studiano. Aspettando la mossa dell'altro e preparando la risposta.

Io, dopo la sua telefonata del mattino, davo per scontato che la prima stoccata toccasse a lei.

Invece è rimasta in silenzio.

Ha sganciato il reggiseno bianco ripiegandolo e mettendolo nella borsa.

Ecco, il termine "reggiseno" nel caso di Francesca era totalmente inappropriato. Il contorno del suo seno rotondo non aveva fatto alcun movimento mentre lei lo liberava. Il pensiero del mio, e l'invidia per i suoi splendidi trenta anni sono apparsi nella mia mente. Ho pensato a quando facevo lo stesso davanti a Walter. Coprivo le tette raccogliendole nelle mani aperte. Un gesto che per un osservatore si sarebbe detto dettato dal pudore. E che invece per me era solo il modo di evitare l'evidenza dei danni che, secondo me, la forza di gravità e l'età avevano fatto.

Francesca intanto aveva preso il flacone dell'olio dalla borsa e si stava dedicando a spalmarlo accuratamente sul seno con movimenti lenti.

Avevo dimenticato il resto ed ero in balia di quelle mani.

"Allora? La mia sorellona porca non ha nulla da dirmi di ieri sera?"

Era dalla mattina che sapevo per filo e per segno cosa mi avrebbe chiesto. Ed in quel momento mi sono resa conto che non avevo la risposta.

MinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora