Capitolo XII - Metamorfosi

4.9K 15 0
                                    

Disagio? Fastidio? Non riesco a trovare una parola che dia un senso compiuto a quello che sento adesso.

Il sogno sta diventando un incubo claustrofobico.

Vorrei scappare. Non vorrei essere qui su questo letto, fra le sue braccia, ad osservare Walter in quelle condizioni.

Non capisco. Non riesco a capire. A dare un senso a tutto questo.

Però sono certa che un senso debba esserci.

Un senso che non mi è affatto chiaro e che adesso voglio conoscere anche io.

Sposto la mano di Francesca dal mio seno, mi libero dal suo abbraccio.

Mi alzo, la prendo per mano, la faccio alzare e la porto con me verso il salotto.

La sento chiudere la porta della camera dietro di me.

Sento il ticchettio dei suoi tacchi seguire, leggero, il ritmo dei miei piedi.

Siamo in salotto, sole, l'una di fronte all'altra.

Due donne, nude. Ed adesso sta a lei fare un altro passo, spogliarsi anche di questo velo e mostrami il suo vero essere.

Francesca rimane in silenzio. Si volta appena per cercare Paolo. Lo trova sul terrazzo al fresco, seduto sulla poltroncina, apparentemente incurante di noi.

"Mina, sorellona, credo che tu, adesso, abbia tutto il diritto a sapere quello che non sai di me."

Resto muta. La guardo. Mi stupisco di come io possa dimostrarmi impassibile in questo momento.

"Mina, la mia è una storia che viene da lontano. Avevo circa vent'anni, ero all'università, agli inizi. E mi sono innamorata di brutto di un ragazzo americano. Aveva qualche anno più di me. Era già laureato e stava facendo un corso di specializzazione in storia dell'arte. Ho perso la testa per lui. Era la mia vita. E lui mi ha fatto entrare nella sua. Facendomi scoprire un mondo che non conoscevo. Un mondo in cui il dolore e la privazione erano la strada per raggiungere il piacere e la soddisfazione.

Vivevo per lui, ero diventata la sua gattina, pronta a soddisfare ogni suo desiderio.

E senza accorgermene mi sono annientata. Non esistevo più.

Mi ha usata. E mi ha gettata via come un giocattolo vecchio.

E mi sono risvegliata da quel sogno, in ginocchio, sola, con l'anima sporca e coperta di cicatrici.

Sono riuscita a risollevarmi buttandomi a corpo morto sullo studio. E cercando un uomo che mi facesse dimenticare l'altro. E l'ho trovato, ne ho trovati tanti. Scoprendo che in realtà non stavo cercavo qualcuno con cui condividere la mia vita.

Volevo vendicarmi.

Ed ho messo assieme una bella lista di maschi senza palle, gente che arrivava già strisciando ai miei piedi, cagnolini scodinzolanti che volevano solo soddisfare il loro bisogno di sottomissione, o di umiliazione. Ero comunque uno strumento nelle mani di altri.

Poi è arrivato Paolo. Era diverso. Era normale. Ed era sinceramente attratto da me. Ed io lo ero da lui.

Sono stata chiara, e lui ha capito che per arrivare a me doveva affrontare un percorso che lo avrebbe cambiato, lo avrebbe reso sottomesso al mio volere. E la cosa strana è che questo percorso l'ho scoperto grazie a lui. È stato bravo a capire i miei desideri ed a trasformarli in realtà. Tutti i desideri. Ogni desiderio.

Io mi sento libera, sono libera di esprimermi come donna come e quando voglio. E con chi voglio. E Paolo è partecipe delle mie scelte, più o meno ponderate o improvvise che siano. Ed è contento del fatto che io sia libera.

Anche Paolo è libero, solo che ogni sua azione passa attraverso la mia preventiva approvazione. Che non sempre arriva.

Ed adesso è il mio amore. So che può suonare strano. Io sono la sua regina, che ha potere assoluto ed indiscusso su di lui. In tanti non mi capirebbero se dicessi loro che lo amo. Ma è così. Lui non può fare a meno di me. Ed io di lui.

E adesso che mi sono aperta totalmente a te, sorellona, sono sicura che tu capirai cosa vuol dire questo. Lo capirai presto."

La nebbia che ha avvolto i miei pensieri adesso inizia a diradarsi. Francesca ha deciso di svelarsi. Mi manca un pezzo ancora.

"Spiegami di oggi Francesca."

"Mina, è tutto maledettamente semplice. Non c'è molto da capire, ma dopo la gita sul pedalò sapevo che avevi una voglia matta di conoscere Paolo. Di provarlo. E ne ho parlato con lui.

Il problema era Walter.

Tuo marito sapeva ormai del mio rapporto di coppia e parlando con Paolo non si è fatto problemi a dirgli che mi desiderava.

Qualche giorno fa ho chiamato Walter. Sono stata diretta, gli ho chiesto se voleva che io fossi sua. Ed ha confermato. Ed io gli ho detto che avrebbe potuto. Solo dopo che avesse intrapreso un percorso che lo avrebbe reso mio schiavo. Ed adesso è di là, in camera.

Non guardarmi così sorellona. So che qualche ora fa pensavi di aver approfittato di una fortuita e fortunata coincidenza. Che pensavi di aver fatto tuo Paolo. E so che mezz'ora fa hai pensato che noi tre ci fossimo accordati per far sì che questo avvenisse.

Non è stato così.

Dopo il sì di Walter ho sentito l'impulso irresistibile di avere un altro uomo ai miei piedi. Anche se è il tuo uomo. Ed ho colto l'occasione per ricompensarti con un regalo.

Paolo ero io.

Ha ubbidito in maniera diligente ai miei ordini. Abbandonandosi a te, alle tue voglie."

Adesso la nebbia è svanita del tutto. È stata lei. Solamente lei, la burattinaia di questa situazione. E mi rendo conto che Walter non sa nulla di me e Paolo, e che ha fatto tutto questo solo per rimanere da solo con la sua nuova padrona.

Sono delusa, frastornata, svuotata di tutte le energie che pensavo di avere ritrovato.

La guardo. E non è la Francesca che conosco, quella che mi aspetterei di vedere adesso. La donna sfrontata che ho desiderato ha la testa piegata, lo sguardo basso, è in silenzio.

Si inginocchia ai miei piedi, abbraccia le mie gambe.

Vedo le lacrime che solcano le sue gote scendendo lente lungo il collo, sul seno.

"Mina perdonami. Non dovevo..."

Un ceffone con la mano aperta la colpisce in pieno volto troncando la frase a mezzo. Ma lei non si scompone.

"Mina, devo dirti un'altra cosa ancora. Quando ti ho conosciuta mi sei stata subito simpatica. Poi ho apprezzato tutto quello che hai fatto per me. Ed ho conosciuto la donna. E dopo, quel pomeriggio al mare. Il desiderio che vedevo nei tuoi occhi. Il tuo sguardo imperioso che mi ha ghiacciata e mi ha costretta a fare quello che tu volevi. Ed ho conosciuto la femmina.

Ed ho sentito addosso il sottile piacere di obbedirti.

Mina..."

Un altro ceffone ben assestato la interrompe ancora. Mi accorgo che sono più stupita io di lei di quel gesto.

La nebbia è andata. Adesso vedo. Vedo la luce.

"Zitta, togliti quelle scarpe."

Lentamente senza alzarsi apre le fibbie e sfila le scarpe, mettendole ordinatamente di fronte a me.

Le infilo ai miei piedi ed aspetto che stringa i cinturini rossi intorno alle caviglie.

Sento il sangue ricominciare a scorrere nelle mie vene. Sto bene. Sono lucida adesso. Adesso so.

"Mina..."

Il terzo schiaffo è voluto, consapevole.

In verità l'ho dato inconsciamente.

Il perché si è fatto strada nella mia testa subito dopo.

MinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora