Capitolo III - Tagliatelle fatte a mano

7.8K 20 3
                                    

Il sole della domenica ormai era ben alto, Walter aveva dormito fino a tardi ed era in cucina. Io ero sulla terrazza, all'ombra. Avevo indossato una camicia di lui. Una camicia bianca a righe larghe blu. Mi piace indossare le sue camicie quando sono in casa. Così larghe diventano per me una specie di abito.

Ero sul terrazzo. Appoggiata al parapetto di mattoni rossi e chiacchieravo amabilmente con la signora Marisa Maldandi. Una arzilla settantacinquenne che abita col marito nell'appartamento a piano terra, quello con il giardino. La conversazione era iniziata, come da prassi, partendo dal tempo. Anzi, dal caldo, visto il periodo e l'ora. Poi eravamo passati al secondo argomento. Il menù del pranzo domenicale. Io me l'ero cavata facilmente. Avevo preparato una insalatona con lattuga, mozzarelline, noci, pere ed uova.

Era il turno della signora Marisa. Era partita dall'antipasto. Cubetti di mortadella e parmigiano. E crostini al ragù di lepre.

Al momento del primo eravamo state raggiunte dai rispettivi uomini. Il cavalier Renato Rossello, ottantenne giovanile, e Walter, che si era appoggiato al parapetto accanto a me, cingendomi la vita con un braccio. Sembrava quasi che si fossero dati appuntamento.

Tagliatelle fatte a mano, da lei, con sugo di pomodoro fresco, melanzane e menta.

Mentre la signora Marisa stava iniziando a declamare il secondo avevo sentito il braccio di Walter muoversi. La mano aperta scivolare giù accarezzando il tessuto della camicia e poi sollevandone il lembo ed affondando le dita nel solco del mio culetto.

Nudo.

Francamente non ricordo cosa avesse preparato la signora Marisa per secondo. Però ricordo di essermi chinata verso di lei, quasi per ascoltare meglio. In realtà piegavo le gambe per aprire meglio le natiche e permettere a Walter di accarezzare il mio sesso con le quattro dita della mano.

Ho ripetuto meccanicamente "Buono. Buonissimo. Brava. Davvero brava".

Di buono, davvero buono, in quel momento, c'erano l'indice ed il medio della mano destra di Walter che si facevano spazio spingendo fra le labbra gonfie del mio sesso mentre il pollice freneticamente cercava il buco del mio sedere frugando nel solco spalancato.

Ed è arrivato il dolce.

Preceduto da una breve sensazione dolorosa, seguita dal piacere intenso del massaggio del pollice.

Profondo. Sempre più profonda.

"Signori, per noi si è fatta ormai ora di andare a pranzo. Buon appetito e di nuovo complimenti signora Marisa! Lei è davvero la dea della cucina!".

Mi ero stupita della voce di Walter. Dal suo tono, piano, forte, pacato. Apparentemente indifferente a quello che stava facendo. Io invece mi sentivo pervasa dalla eccitazione di quella situazione inconsueta e dalla voglia di far l'amore con lui. No a dire il vero non era voglia di far l'amore. La ricordo bene. Era il desiderio di essere posseduta da lui.

Abbiamo attraversato la porta a vetri aperta e siamo entrati in cucina.

Ma non abbiamo pranzato.

Mentre io ero gli sfilavo la maglietta lui si era liberato dei bermuda e degli slip.

Non ho fatto in tempo a misurare la sua eccitazione con i miei occhi. O con le mani.

Ma quando mi ha spinta giù fino a sentire la tovaglia della tavola apparecchiata sulla mia guancia l'ho sentita.

L'ho sentita spingere dietro di me, ed io l'ho abbracciata ed accarezzata con le mie labbra bagnate per tutta la lunghezza.

Il primo colpo mi ha tolto il respiro.

Gli altri mi hanno mandato in apnea.

Nei miei occhi c'era l'acqua che oscillava nella brocca posata sul tavolo seguendo il ritmo degli schiocchi del suo bacino che sbatteva contro il mio culo.

Non riuscivo a vedere Walter, ma non avevo alcun dubbio che ormai avesse completamente perso il controllo cosciente delle sue azioni cadendo in uno stato di trance selvaggio, quasi animalesco.

Ho sentito la stretta forte delle sue mani sui miei fianchi, ed alle oscillazioni del suo bacino si sono aggiunte le mie, e quelle del tavolo.

Ho gustato ogni secondo, ogni brivido, ogni fremito, ogni gemito, implorando il prossimo.

Ed è stato un terremoto che ha scosso ogni singolo muscolo del mio corpo. Preceduto da un gemito strozzato di Walter che annunciava la sua esplosione.

Ho pregato che non si fermasse.

Ma ero fra le sue braccia.

Le sue labbra incollate alle mie. 

Il suo respiro affannoso nella mia bocca mi riportava alla vita. 

MinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora