No, not again

118 4 5
                                    

Ore 8.07, Londra

Mi risvegliai fra le braccia di Dan, mentre lui ancora dormiva. Lo guardai sorridendo e gli lasciai un leggero bacio sulle labbra, mi rimisi gli slip ed una maglia lunga e andai di là.

Stavo andando in cucina, quando una strana sensazione mi invase la testa. Avevo l'impressione di dover andare in sala, ma per cosa? Poi mi ricordai. Dovevo controllare chi mi aveva chiamato l'altra sera.

Andai in sala e presi il telefono che era poggiato sul divano.

Batteria quasi scarica, 5%. Non feci caso all'avviso e controllai il numero che mi aveva chiamato. Era un numero italiano e subito m chiesi chi potesse essere. Mi aveva anche mandato un messaggio, così lo lessi.

"Ciao Jessi, sono Luisa. Sono sicura che dopo quello che ti ho fatto passare in questi anni tu mi odi, ma ci tenevo a dirti che ti voglio un momdo di bene. Non ho più molto tempo per parlarti e, ti prego, dopo aver letto questo messaggio non chiamarmi o mandarmi un messaggio. Mi manchi tanto e avrei tanto voluto rivederti. Con tanto affetto, tua sorella Luisa."

Perché mi aveva scritto? E perché mi aveva detto quelle cose? Davvero mi voleva bene? Basta, troppe domande.

Rilessi il messaggio più volte. "Non ho più molto tempo per parlarti", "avrei tanto voluto rivederti". Che strane frasi.

Sempre più curiosa di sapere cosa fosse successo, decisi di fare l'esatto contrario di ció che mi aveva detto e le scrissi.

"Ciao Luisa. Io non potrei mai odiarti, in fondo sei mia sorella. Mi manchi molto anche tu e volevo risentirti. Non me ne frega niente se non vuoi chiamarmi o riscrivermi, lo farò io. Baci, Jessi"

Lo stavo per inviare, quando il telefono si scaricó definitivamente e si spense.

-Maledetto telefono- dissi fissando lo schermo ormai scuro.

-Hey, cos'ha fatto questo povero telefono?!- chiese improvvisamente Dan con voce assonnata abbracciandomi da dietro e poggiando il viso sulla mia spalla. Cominciai a raccontargli tutto senza tralasciare nessun dettaglio.

-Ed ora cosa vorresti fare?- mi chiese infine lui sedendosi sul divano. Mi girai e lo vidi con solo un paio di pantaloni grigi della tuta addosso. Lo faceva apposta secondo me!

-Non lo so. Insomma, ci tengo a mia sorella e se non dovesse neanche rispondere alle mie chiamate non saprei prorpio che fare. Di certo non tornerei in Italia, fa troppo male- dissi sbuffando e poi sospirando, poi mi sedetti sopra di lui ed affondai il viso nel suo petto nudo.

Rimanemmo lì in silenzio per un po' di tempo, poi qualcuno suonò al campanello.

-Vado io- disse Dan. Lo feci alzare ed aspettai sul divano. Cominció a farmi male la pancia, come quando sei agitato. Non capivo perché, ma era come se stesse succedendo qualcosa. Dopo un po' Dan tornò sul divano con una busta in mano.

-È per te- disse porgendomela. La presi e lessi l'indirizzo. Veniva anch'essa dall'Italia ed era stata mandata dalla caserma di polizia.

-Se ora Luisa spera che la faccia uscire di prigione se lo scorda- mi lamentai dopo aver letto l'indirizzo. Cominciai ad aprire la busta ma improvvisamente mi bloccai.

-Tutto bene?- mi chiese Dan preoccupato.

-Ho...ho paura- balbettai fissando la busta. Ma di cosa avevo paura? Era quella strana sensazione che continuava a perseguitarmi che mi spaventava.

Cominciai ad agitarmi e mi alzai dal divano cominciando a camminare per la sala.

"È solo una stupida lettera" pensai in preda al panico. Guardai Dan che si era alzato con una faccia preoccupata, poi feci un grande respiro ed aprii la busta. Tirai fuori il foglio con mani tremanti e lo aprii. Deglutii e cominciai a leggere.

"Cara Jessica Rinaldi, siamo dispiaciuti di doverle annunciare la morte di sua sorella Luisa Rinaldi, probabilmente colpita con un arma da taglio. Faremo presto un'autopsia e le manderemo delle notizie. Le porgiamo le nostre più sentite condolianze, la caserma di polizia di Roma."

No, non di nuovo. Non anche a lei.

Riprovai quell'orribile sensazione che sentii quando mi venne detto che i miei genitori erano morti, e mi lasciai cadere a terra in lacrime. Dan si avvicinó frettolosamente a me e prese la lettera per poterla leggere.

-Jessi, non capisco cosa c'é scritto- ammise confuso. Come faceva a capire? Era scritto tutto in italiano!

-È morta Dan. Luisa è morta- urlai fra le lacrime. Mi ranicchiai sul pavimento e continuai a piangere senza sosta.

-Andrà tutto bene, ci sono io- sussurró Dan per tranquillizzarmi mentre mi accarezzava la schiena. Mi tirai su tremolante e mi aggrappai al suo collo.

-N...non lasciarmi anche tu. T...ti prego- sussurrai chiudendo gli occhi ormai appannati dalle troppe lacrime.

-Perché dovrei?- chiese con una voce così tranquilla che tranquillizzava anche me.

-Perché tutte le persone che amo di più al mondo se ne stanno andando e mi stanno abbandonando- dissi alzando la voce.

-Hey, guardami- disse tirandomi su e guardandomi negli occhi, -per quanto possa odiare questo pavimento freddo, rimarró qua per terra per te e soprattutto con te. Non ti lasceró mai sola perché facendolo farei male anche a me. Le stelle non si vedono di giorno, per questo a loro non piace, ma restano sempre lì perché amano troppo il cielo e non lo lascierebbero mai. I girasole in inverno si rovinano, ma restano sempre sulla loro terra perché non la lascerebbero mai. Ed io sarò la tua stella o il tuo girasole, mentre tu sarai il mio cielo o la mia terra. Non potranno mai dividerci perché noi siamo una cosa sola e se vogliono solo me non mi avranno mai, perché io me ne andrò con te-

Le sue parole. La poesia che usciva dalle sue labbra era la cosa più bella che avessi mai sentito in tutta la mia vita. Già, la mia vita, la mia povera vita.

-Io odio la mia vita, ma nonostante questo resto qua con te perché ti amo troppo- dissi io asciugandomi le lacrime. Mi guardó e sforzó un sorriso. Non gli piaceva quando sottolineavo l'odio per me stessa, ma cercava di sorridere. Per me.

Lo guardai ancora un po', poi mi riattaccai al suo collo.

-Promettimi che per ogni cazzata che faró tu lotterai per tutti e due. Lotteremo insieme-

-Jessi... cosa vuoi fare?- chiese preoccupato.

-Dan, promettimelo- dissi con tono più serio, ma pur sempre spezzato dai singhiozzi.

-Te lo prometto, ma dimmi che hai in mente- insistì.

-Niente amore, ma ho paura di combinare qualcosa prima o poi. Mi conosco e certe volte mi faccio paura da sola. Ma so che tu mi aiuterai ad essere forte- lo rassicurai sorridendo. Sorrise anche lui, poi ci alzammo e andammo in cucina per mangiare qualcosa.

Una settimana dopo...

Era passata una settimana dalla morte di Luisa ed io stavo sempre male. Cominciavo a chiudermi di nuovo in me stessa e parlavo poco, ma con Dan era tutto diverso. Lui riusciva a farmi ridere sempre e fu lui quello che riuscii a spiegare la situazione ai ragazzi.

Era pomeriggio e mi stavo rilassando sul divano. Suonarono alla porta e andai ad aprire. Era il postino e aveva un'altra lettera per me, ma stavolta sapevo cos'era.

-Dan, vieni- chiamai Dan che era nell'altra stanza e mi raggiunse subito.

-L'autopsia- sospirai mostrandogli la busta.

Ci sedemmo sul divano e mi cinse le spalle con un braccio. Aprii la busta e lessi il contenuto.

-Che dice?- chiese Dan curioso.

-È stata accoltellata- risposi con un filo di voce, mentre una lacrima mi rigò il viso. Lui me la asciugó ed io appoggiai la testa sulla sua spalla.

-Ce la farai Jessi. Tu sei forte- mi rassicuró dandomi un bacio sul capo.

Lo ringraziai mentalmente per tutto quello che mi aveva fatto, perché se avrei superato quel momento sarebbe stato solo grazie a lui. Ma purtroppo io non ero forte, ero più frigile di un bicchiere di cristallo.

Broken heart// Dan SmithDove le storie prendono vita. Scoprilo ora