24. Solitudine

1.5K 117 0
                                    

Quando riaprì gli occhi la luna era ormai alta nel cielo. Nel mio sonno non avevo sentito rumori bizzarri o nient'altro che mi avesse svegliato, avevo solo dormito. Ero ancora accucciata ai piedi della porta, chiusa dietro di me. Portai le mani sotto il petto e mi alzai facendo forza sulle braccia. Aprì lentamente la porta e mi ritrovai inghiottita da una stanza silenziosa. L'unica luce era quella della luna mezza piena che si trovava fuori dalla finestra, la sua facciata rivolta verso di me faceva sembrare come se si stesse godendo la scena. Il borsone di Derek era ancora in casa, appoggiato sul tavolo al centro dell'enorme stanza. La sua porta si spalancò facendomi sobbalzare per la paura. Lui mi guardò con sguardo distrutto poi andò verso la borsa e la prese con entrambe le mani.
-"Sto andando via"- gracchiò mentre si muoveva verso l'ingresso. Non risposi, le parole erano ferme come un grumo dentro la mia gola. Il mio sguardo duro, però, trasmetteva tutta la mia rabbia. Dovevo essere forte, non piagnucolare o lamentarmi, dovevo essere dura, cattiva. Era terrificante vederlo andare via, ma dovevo resistere, mostrargli quello che mi aveva insegnato.
-"Ti prego. Un giorno capirai"- disse fermandosi al centro della stanza, si voltò verso di me, e puntò gli occhi nei miei. Le sue irridi verdi si vedevano nel buio come gli occhi di un gatto. Quello sguardo mi aveva guardata tante volte, ma mai come quella notte.
-"Vattene codardo"- abbaiai a voce moderata, cercando di non far sentire tanto che stesse tremando come tutto il mio corpo. Derek socchiuse gli occhi per poco guardando a terra, poi si voltò ed uscì dalla porta chiudendosela alle spalle.
Ero rimasta sola.
Mi assalì un attacco d'ansia e presi a respirare faticosamente, mi portai una mano sul petto e cercai di controllare il respiro, ma niente, il mio affanno persisteva. La solitudine mi stava divorando piano piano come se si fosse tramutata nell'oscurità della stanza. In ogni angolo della casa sentivo risuonare le parole uscite dalla bocca di Derek, fin dal primo giorno che ero arrivata. La stanza iniziò girare velocemente come se mi trovassi in un vortice e i ricordi ben impressi nella mia memoria mi punzecchiavano la mente procurandomi mal di testa e sensazione di vomito. Mi portai le mani alle tempie spingendo contro la pelle morbida. Dovevo andarmene, uscire da quella casa, prima che mi avesse ucciso. Entrai nella mia camera, mi cambiai velocemente, per quanto il giramento di testa potesse permettermelo, e uscì di corsa dalla casa. Nulla mi legava a quel posto in quel momento. La luna continuava a guardarmi imperterrita, biancastra, divertita. Mi fermai per qualche secondo a guardarla, come se la mia rabbia poteva essere riversata tutta su di lei, poi scossi la testa, quando quell'idea era diventata troppo assurda, e infine mi trasformai correndo a perdifiato verso la casa dell'unico che forse poteva aiutarmi.
Stiles.

•The Sun, the Moon, the truth•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora