25. Aiuto

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Stiles aveva gli occhi spalancati fissi sulla mia figura davanti a lui. Anche se l'avevo svegliato nel bel mezzo della notte e i suoi occhi erano quasi annebbiati dal sonno interrotto, Stiles mi aveva comunque fatta entrare in casa sua. Non aveva parlato da quando ero arrivata, era rimasto con lo sguardo fisso su di me, evidentemente sorpreso di vedermi.
-"Cos..."- disse con un filo di voce impastata dal sonno -"Cosa ci fai qui?"-
Mi avvicinai di più a lui e mi sedetti sul letto, portai le mani sul viso e finalmente piansi senza nessun freno. I miei singhiozzi riecheggiavano nella stanza silenziosa, mentre le lacrime scendevano come acqua bollente sulle mie guance. Stiles era rimasto impietrito davanti a quella scena, senza sapere cosa fare.
-"Ehi, cos'è successo?"- domandò preoccupato mentre io continuavo a singhiozzare senza ascoltarlo. Sbuffò rumorosamente, arrendendosi all'idea che non avrei risposto finché non mi fossi calmata, poi posò entrambe le mani sulle mie spalle e mi tirò sul materasso con delicatezza. Si sdraiò accanto a me e mi accarezzò i capelli con cautela. Non riuscivo a capire cosa stesse facendo, ma qualsiasi cosa fosse riusciva a tranquillizzarmi.
-"Sai, quando ero piccolo mia madre per farmi smettere di piangere mi accarezzava i capelli in questo modo.."- disse in tono malinconico, mentre i suoi occhi si erano fermati in un punto impreciso della stanza. Piano piano smisi di piangere, sentendo i spilli roventi negli occhi sbollentarsi velocemente. Le carezze fatte sulla mia cute, mi stavano facendo scivolare lentamente nella braccia di Morfeo.
-"..Così facendo io mi addormentavo senza pensare più a quello che era successo"- continuò Stiles. La sua voce ormai era diventata un suono lontano mentre i miei occhi socchiusi si vellutavano di un sonno profondo. Infine mi addormentai.

La luce tenue del sole mattutino entrava delicatamente dalla finestra della camera di Stiles. Prima che i miei occhi potessero abituarsi alla luce, mi ero già accorta che Stiles era sdraiato accanto a me e stringeva il mio corpo con un suo braccio. Un brivido percorse la mia spina dorsale, e fui colpita da un senso di vergogna come se stessi facendo la cosa sbagliata, come se stessi tradendo Derek. In qualche modo la sua figura ancora mi tormentava, stregando i miei sogni e le mie giornate. Mi sentii male e la voglia di piangere mi risali al cervello. Ma la rabbia si era impadronita della mia testa come una malattia, molto prima della voglia di piangere. Si era radicata dentro il mio cuore come come una pianta rampicante. Il sentimento che guidava il mio mondo, dopo tutto quello che era successo, era diventato l'odio e la voglia di vendicarsi. Per quanto potessi sentirmi vuota senza la presenza di Derek, avevo iniziato ad odiarlo e a non fidarmi di lui. Troppe cose venivano nascoste, dovevo sapere. Sapere di più.
Velocemente mi tolsi da sotto la presa ferrea di Stiles che aveva ancora gli occhi chiusi, e senza emettere più del rumore che non potevo evitare, mi infilai le scarpe. Stiles era stato utile per quella notte. Odiavo ammettere che fosse una cosa egoista, ma l'avevo usato solo per non sentirmi più sola di quello che già ero. Cercai e ricercai un pezzo di foglio e una penna per scrivere le mie scuse al ragazzo, ma l'unica cosa che trovai fu un paio di post-it giallognoli e una matita quasi spuntata. Mi accontentai e me li feci bastare. Lo ringraziai e mi scusai di come me ne sarei andata, poi scrissi che sarei tornata da lui, e infine me ne andai. Lasciai il post-it attaccato sul riquadro trasparente che usava per collegare le vicende che ci accadevano, almeno li l'avrebbe visto di sicuro. E finalmente uscì velocemente dalla sua finestra, catapultandomi sul terreno morbido che circondava la casa. La macchina dello sceriffo non era al suo solito posto e pensai che forse era già andato a lavoro. Mi mossi verso la clinica veterinaria di Doc, sentivo di sapere per certo che fosse l'unico a conoscere la verità, e se era così allora avrebbe fatto meglio a dirmela.

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