30. Solitudine

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Lo sguardo di Derek era nullo, perso nel vuoto. I suoi occhi erano spenti, cupi, non sembrava neanche fosse vivo. Sembrava come se non avesse pensieri per la testa, e ciò mi spaventava.
-"Derek.."- le mie parole uscirono dalla bocca così lente e spezzate che credevo non si fossero sentite, come rimaste nell'atmosfera. Eppure qualcuno da dietro mi strinse il braccio, per farmi coraggio, non mi accorsi nemmeno di chi mi stesse affianco, i miei occhi erano puntati su Derek, dietro a Fanny, il suo corpo scompariva nell'ombra e si vedeva a malapena. Non era lui, non assomigliava nemmeno lontanamente alla persona che era prima, cosa gli aveva fatto?
Sentivo le lacrime come spilli ardenti pungermi gli occhi, farmi bruciare le palpebre, e la rabbia crescermi dentro come una malattia, come un insetto che strisciava tra i miei organi interni. Strinsi i pugni tanto da far diventare le nocche bianche.
-"Derek"- ripeté Fanny in modo divertito. Gli occhi di Derek si accesero e lui si guardò intorno come spaesato.
-"È lei, Derek"- il giovane uomo punto i suoi occhi nei miei. Un barlume di speranza attraversò la mia mente, ma il suo viso era così rabbioso che non esitò un momento a ringhiare contro di me.
-"È il tuo momento, uccidila"- Derek non si fece ripete due volte quella frase. Scansò delicatamente Fanny, e si posizionò davanti a lei.
-"La resa dei conti è arrivata Kate"- senti il fiato di qualcuno dietro di me accelerare, e il battito cardiaco di Stiles aumentare come quello di un coniglio spaventato. Presi velocemente il coltello avvolto nel panno, e lo tirai fuori mostrandolo a tutti. La luce della luna si riflesse nella lama argentea e gli occhi di Derek vennero rubati da quello spettacolo.
-"Userai quello?"- chiese divertito, annui. Le parole si erano fermate nella mia testa come enormi e pesanti blocchi di ferro, non pensavo nulla, non dicevo nulla, non provavo nulla. Il mio cuore era stranamente calmo, non lo sentivo battere all'impazzata, era caduto in un abisso oscuro, in un pozzo senza via d'uscita, non lo trovavo più. I miei sentimenti si erano sbarrati dentro una stanza, avevano chiuso la porta con un lucchetto e avevano buttato la chiave. Mi era rimasta solo la ragione, e quella diceva che la cosa giusta da fare era ucciderlo. Puntai gli occhi nei suoi, aggrottai le sopracciglia, strinsi i denti e chiusi le mani a pugno, tenendo stretto il coltello.
-"Si, hai ragione. La resa dei conti è arrivata"-

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