Capitolo 20

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Bangchan dormiva, il pavimento freddo e umido a contatto con la pelle nuda del lato sinistro del suo corpo era l'unica cosa che affievoliva lievemente il dolore delle ferite. Era ancora legato alla sedia, che era caduta quando si era addormentato, facendogli toccare terra anche se lui non se ne era accorto.
Aveva il viso quasi ricoperto di sangue secco, che era attorno anche ai numerosi tagli che aveva sulle braccia, più fratture di quante riusciva a contarne e centinaia di lividi e ustioni.
Gli davano un pasto ogni due giorni e non gli era permesso alzarsi nemmeno per fare i bisogni. Avevano pianificato di lavarlo una volta a settimana, che ancora non era arrivata.
Non sapeva che più giorno fosse, ma non era importante, ormai l'unica cosa che aveva rilevanza per lui erano le ore al giorno in cui vedeva Woojin e quei rari e scarni pasti che gli venivano concessi, antipodi per quanto riguardava la sua vita in quel momento.
Fortunatamente ancora non avevano avuto occasione di denudarlo e di trovare il gps, l'unica cosa che gli dava speranza e di cui si era anche dimenticato.
Non lo lasciavano dormire spesso, al posto dell'acqua gli davano caffé, quello era l'unica cosa a dose giornaliera, pensava che non avrebbe più bevuto americano in vita sua se fosse uscito da lì.

Woojin nel frattempo si mangiava le mani, non era riuscito a cavare un'informazione dal ragazzo che teneva segregato da giorni in quel seminterrato. In quel momento era nella sua stanza a prendere a pugni il suo sacco da box, che avrebbe preferito essere Bangchan, ma il tempo a sua disposizione con lui quel giorno era finito.

"Devi dargli tempo di riprendersi, deve morire solo dopo averci dato quello che ci serve"

Aveva detto il suo capo. Aveva ottenuto un massimo di tre ore al giorno con lui e le aveva già esaurite. Si era ripromesso di dividerle nell'arco della giornata, magari sarebbe stato più efficace, ma non ci era mai riuscito, il tempo volava quando ci si divertiva.

Bangchan dormiva troppo profondamente ora che gli era concesso per quei pochi minuti, non aveva sentito il trambusto che c'era fuori dalla porta della stanza sotterranea in cui si trovava.
Stava sognando della sua famiglia, era in un giardino e davanti a lui c'erano tante sedie separate da quello che sembrava una specie di corridoio. In prima fila al lato sinistro c'era tutta la sua famiglia, i suoi genitori e i suoi fratelli, tutti vestiti in modo elegante e con dei grandi sorrisi sul volto, sua sorella su stava asciugando una lacrima.
C'erano anche i suoi amici del maniero, Felix piangeva come sua sorella mentre Changbin gli accarezzava il braccio, stringendolo a sè.
Dall'altro lato il resto delle sedie era pieno di persone di cui non riusciva avedere il volto, ma di cui intuiva le emozioni, erano tutti felici, esattamente come la sua di famiglia.

Bangchan li guardava, pieno di gioia a sua volta. Stava aspettando qualcosa, non sapeva cosa fosse, ma sapeva che gli avrebbe portato felicità.

"Hyung..."

Aveva sentito una voce nella testa chiamare a un tratto.
Era una voce che conosceva, apparteneva a uno dei ragazzi seduti lì davanti, il più piccolo fra loro.
Lentamente il ragazzo ferito aveva aperto gli occhi, che gli davano una visione sfocata e confusa in un primo memento, faticava a riprendere conoscenza, Woojin lo aveva quasi distrutto, ma almeno respirava ancora.

"JEONGIN! SBRIGATI!"

Aveva gridato Hyunjin fuori dalla stanza, sparando all'ennesima guardia, fra un po' sicuramente sarebbero arrivati i rinforzi russi e per quel momento voi dovevate essere fuori dal loro maniero.

"ARRIVO!"

Aveva gridato il minore, prendendo Chan, che era sorprendentemente dimagrito, in braccio e correre fuori dalla stanza, scortato da Hyunjin e Minho. Tu e Changbin intanto coprivate loro e controllavate che non arrivassero i rinforzi.
Vi eravate presentati con tutti i vostri elicotteri e chiesto aiuto ai vostri alleati lì vicini per avere un furgone.

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