Per Bucky fu una consapevolezza dolorosa, un misto di tristezza e paura.
Ma una parte del suo cuore, chissà quale e quanto importante, fece accendere in lui una luce, prima flebile, poi sempre più intensa.
La luce della speranza.
La speranza che lei ricordasse i momenti vissuti insieme prima del siero, quella notte a New York. Che ricordasse l'odore dei tigli in fiore e dello zucchero filato, del suo dopobarba, della notte fresca e dell'alba velata che si era stiracchiata pigra sull'orizzonte, lungo il profilo irraggiungibile del mare.
Bucky lasciò il piano interrato sotto la Stark Tower, che Tony aveva lasciato loro come quartier generale, arrancando sulle varie rampe di scale che lo avrebbero portato fuori. Prese l'ascensore fino al tetto, i momenti dentro quelle quattro pareti interminabili.
Una ventata tiepida gli permesse di prendere nuovamente una lunga boccata d'aria, i polmoni brucianti. Rimase sul tetto fino al tramonto, le mani tra i capelli e i singhiozzi a scandire i minuti. Poi, sceso al parcheggio, saltò in sella alla sua moto e si allontanò verso casa, la mente con il pilota automatico inserito.Veronika, scivolò con la schiena contro lo spesso vetro, domandandosi il perché di quella curiosa reazione, ma nulla corse in suo aiuto. La sua mente era ancora appannata dagli anni vissuti come arma dell'Hydra. I lavaggi del cervello tanti come il dolore che gli accompagnava, tanta la difficoltà di recuperare dei ricordi, forse irrimediabilmente persi.
Ma si dice che qualcosa di conosciuto, dal ritornello di una canzone a una momento della propria vita, venga in una certa parte mantenuto dalla mente, che incamera e screma i momenti della vita, selezionandoli. Non si è coscienti di questo fino a quando quel momento non riappare, come fosse sempre rimasto in bella mostra tra i pensieri, aspettando solo il momento in cui il riflettore si posi su di lui.
Veronika rimase seduta, la semplice tunica bianca lasciava passare il freddo del vetro, a cui si abituò velocemente. Rimase sola, in silenzio.
Mangiò e dormì, aspettando di veder ritornare Bucky, come ogni giorno da quando era lì. Ma il sorriso di Bucky non fece capolino né quella sera, né il girono successivo. La sera successiva, mentre sfogliava le pagine di un libro che le era stato fatto arrivare con la cena per aiutarla a passare il tempo, una sensazione nuova le affiorò nel petto: era malinconia, tristezza, paura? Non sapeva decifrare quell'emozione, non era un linguaggio che conosceva.
Nel corso degli anni aveva appreso diverse lingue, utili per agire sul campo per ordine dell'Hydra. Aveva velocemente imparato l'italiano, lo spagnolo, il russo e il portoghese, che si aggiungevano al suo tedesco madre, all'inglese, al francese e agli studi di latino e greco della sua infanzia. Non ricordava quel periodo della sua vita, non ricordava i volti dei suoi genitori, ma ricordava perfettamente lo studio, la grammatica e la sintassi di quelle lingue. Come se i suoi ricordi fossero stati precisamente selezionati da un chirurgo esperto che aveva asportato ogni inclinazione sentimentale, ogni emozione positiva, ogni qualcosa fosse superflua per compiere in maniera robotica i suoi compiti. Eppure questo strano formicolio alla bocca dello stomaco era forte, pensò Veronika, che capì subito non si trattasse di un'emozione conosciuta, un linguaggio che conosceva, che aveva scordato.
E quel formicolio aumentava al ricordo di Bucky, come se legasse due poli opposti. Memorie sepolte e vita reale.
Scavò nella sua memoria, lasciandosi invadere da quell'emozione strana, ma per nulla fastidiosa. E fu così che Veronika si lasciò trasportare, mentre nello stesso istante in cui definiva quella sensazione, la parola "nostalgia" si liberava dalle sue labbra.
Come una inaspettata scoperta, quella parola, pronunciata sottovoce, aprì gli argini di un fiume: la sua mente corse a Bucky, poi altri volti si materializzarono nella sua mente. Indefiniti un momento, chiari e nitidi dopo. Un uomo canuto, gli occhiali tondi sul naso, la barba brizzolata. Una donna altera, bionda e sinuosa. Un'altra dal volto tondo, la treccia castana fino alla vita. Il professor Erskine, sua madre Lara, Anna. Una marea di visi si susseguì, facendole tremare i polsi. Nulla di più, ma tanto sufficiente da far crogiolare Veronika in quel sogno ad occhi aperti. Le lacrime le scivolarono sulle guance, arrestando la loro corsa sul mento. Ma andava bene così.Mentre Bucky provava a prendere sonno, nel cuore della notte, l'ennesima passata in bianco dopo la scoperta della vera identità di Veronika, iniziò a piovere. Lo scroscio della pioggia sulle tegole del tetto gli tennero compagnia, una composizione musicale ovattata.
Una idea folle aveva iniziato a prendere forma nella sua testa: provare, seppur consapevole di non avere troppe chance, a recuperare la donna che aveva fatto ballare quell'ultima sera prima del fronte, dall'animo di Veronika, fiducioso che fosse rimasto qualcosa di bello in lei. Se in un primo momento era rimasto sconvolto dalle scoperte delle ultime giornate, ora la volontà di poterle stare vicino divenne più impellente. Era una scoperta prodigiosa, che doveva essere condivisa con gli altri Avengers, ma non subito. Voleva cullare nel suo cuore quella felicità ancora per un pò privatamente, come se la condivisione di quel segreto gli avrebbe privato di assaporarlo fino all'osso.
Ravvivato dai suoi ragionamenti, scalciò le lenzuola e scesa dal letto, infilandosi poi sotto la doccia. Rimase fermo alcuni minuti, l'acqua che gli scivolava addosso, gelida verso lo scarico. Asciugatosi in fretta e vestendosi ancora di più, tornò alla Stark Tower.
La notte non gli era mai sembrata così inebriante.Giunto al quartier generale, scese al piano dove Veronika era custodita. Non si accorse del suo orologio che segnava le 4.27 del mattino.
La giovane stava dormendo, le luci della sua bolla di cristallo soffuse, ma che permettevano di definire i suoi contorni. Bucky si sedette davanti al vetro che li separava, osservandola sempre più stupito: il viso di lei addormentato era sereno, completamente spoglio da quell'espressione dubbiosa che le compariva di solito. Una ciocca di capelli le scivolava sul mento, un braccio sotto il cuscino. La ricordava perfettamente, ogni dettaglio gli era famigliare. I polsi sottili, le dita lunghe e magre, la curva del collo, il taglio degli occhi leggermente severo. Ripensò ai momenti condivisi con lei, sotto l'Hydra, ma erano confusi. Le era stato accanto per quasi settant'anni, entrambi mai coscienti di questo. Meravigliato e anche dispiaciuto di quel tempo insieme mai davvero vissuto, riavviò come una canzone, lo stesso identico momento sulla pista da ballo, aggrappandosi ad esso come ad un'ancora di salvezza. Si beò di quella sensazione felice che lo invadeva, fino a quando le palpebre pesanti, sì addormentò.
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Soldati dell'inverno : L'inverno nel cuore
Fanfiction"ore 20. 36, Innstrasse Lara e Nicholas Hegel erano seduti a tavola dei Konrad, una influente famiglia ebrea di banchieri, di cui il figlio, Adam, era un perfetto scapolo per la loro Veronika. Lara sarebbe passata sopra il loro orientamento religio...