1. La Notte dei Cristalli

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Quella mattina del 9 novembre 1939, Veronika Hegel si alzò di buon umore nella sua casa a Monaco di Baviera. Era una giornata così tersa e serena e nonostante il freddo autunnale che le entrava nella pelle e sotto la leggere vestaglia da notte uscì fuori e rimase ad osservare la città che si svegliava lentamente, muovendo lo sguardo dal piccolo balcone della sua camera da letto.
Le foglie autunnali erano cadute, lasciando gli alberi spogli e scheletrici, riempiendo i marciapiedi sottostanti, come una frusciante coperta.

"Signorina Veronika, è in piedi così presto?"

Una voce gentile la distrasse dai suoi pensieri.
Anna, la sua cameriera, si avvicino a lei reggendo un caldo accappatoio, con aria preoccupata.

"Così prenderete un malanno, vi prego signorina, copritevi".

Veronika la ringraziò silenziosamente, sorridendole grata.

"Vostra madre e vostro padre sono ancora a letto, volete comunque fare colazione?"

Continuò Anna, in un tedesco che tradiva le sue origini bretoni.
"Vorrei prima concedermi un bagno, se possibile" decise Veronika, massaggiandosi il viso intorpidito dal freddo di una Monaco novembrina.
Con un leggero inchino, Anna andò a preparare la vasca nel bagno accanto alla camera di Veronika, mentre questa continuava ad osservare le strade ancora silenziose.
Pochi istanti dopo Veronika si avviò verso il bagno, mentre Anna aggiungeva gli ultimi sali. Si spogliò velocemente e con l'aiuto della cameriera si immerse nel profumo del sapone alla lavanda, un profumo così intenso che le ricordava le sue estati in Provenza. Anna iniziò a lavarle dolcemente i lunghi capelli, di un chiaro castano dorato, che non avevano ancora subito l'influenza della nuova moda in fatto di acconciature: tagli corti, impomatati e boccoli realizzati con ferri caldi alquanto pericolosi. Non che fosse contraria ai nuovi diktat della moda ma aveva sempre adorato i suoi capelli lunghi e fluenti, e suo padre ancora di più.
Anche Anna portava i capelli lunghi come i suoi, di un castano leggermente più scuro, ricordo di una vita in Francia ormai conclusa; ma se Anna era una quarantenne conservatrice e dall'accento straniero, Veronika rappresentava la freschezza dei 19 anni e una mente aperta, agile e una innata curiosità verso il mondo.
Mentre Anna le risciacquava la schiena, Veronika ripercorse mentalmente il programma della giornata: la lezione di arte medievale in università iniziava solo nel tardo pomeriggio, quindi poteva godersi tutta la mattina in tranquillità. L'iscrizione all'università di Monaco era un traguardo davvero importante per lei, di cui doveva essere grata e riconoscente, anche per la levatura sociale della sua famiglia: ramo cadetto di una dinastia di conti bavari, aveva accettato il mutare della realtà e abbandonati i rigidi comportamenti aristocratici, facendo enormi fortune nel mondo dell'industria ferroviaria. Questo faceva di lei una nobile con un ingente patrimonio che le aveva permesso di studiare in un mondo di uomini e diventare oggetto di interesse per gli scapoli più ambiti di Monaco. Di cui però il suo interesse non accendevano. E questo era il più grande cruccio di sua madre.
"Una ragazza di quasi vent'anni si dovrebbe guardare attorno e pensare seriamente a farsi una famiglia. I buoni partiti non ti mancano, perché ti ostini a non prendere in considerazione la cosa" così continuava imperterrita sua madre Lara, e Veronika nei suoi pensieri faceva rifuggire questa lamentela che condiva ogni sua giornata. Ma non aveva mai confessato alla madre che sì, un giorno si sarebbe costruita una famiglia, ma che dei tanti rampolli imbellettati di Monaco nessuno poteva avere il suo interesse come lo aveva Joshua, il loro autista. Lui ovviamente non lo sapeva, ma Veronika custodiva nel suo cuore un vivo interesse per il giovane ebreo che lavorava per la loro famiglia da circa 5 anni. Se sua madre lo avesse saputo, oltre allo shock che le avrebbe provocato, si sarebbe dovuta sorbire una serie infinita di "è troppo vecchio per te, non è adeguato al tuo rango, è un ebreo". Come se 8 anni di più, classe sociale e religione volessero dire qualcosa per lei. Lei che già studiando in università, aveva rotto una regola ferrea fino ad allora mai intaccata.
Dopo il bagno, per nulla rilassante a causa della sua marea infinita di pensieri, Veronica si fece aiutare da Anna ad indossare gli abiti più comodi e pratici che avesse per raggiungere i suoi genitori a colazione. Lara e Nicholas erano sposati da più di trent'anni, in un matrimonio che tutt'ora Veronika si chiedeva come potesse rimanere saldo. Sua madre decisamente fredda e calcolatrice, seppur a suo modo espansiva, suo padre un uomo bonario e colto, che aveva dato alla figlia tutto il calore che la madre non le regalava.
Veronika aveva interpretato più volte quell'assenza di affetto da parte della donna che ora le sedeva di fronte: era nata una femmina, invece che il tanto agognato maschio, dopo anni di inutili tentativi. "Una femmina è solo un problema di dote e di onore da preservare" continuava a sottolineare Lara, mentre il padre non aveva avuto che occhi per Veronika da quando un pomeriggio di metà maggio aveva rotto il silenzio della Strungstrasse con il suo vigoroso pianto e i suoi dolci vagiti. Il padre se ne era innamorato perdutamente, dimenticando di volere un erede maschio prima di qualsiasi altra figlia femmina. Purtroppo per sua madre, il tanto atteso maschio non venne mai alla vita; o meglio, nacquero altri tre bambini, dei maschietti un primo momento sani e forti, un momento dopo cianotici e freddi. Delle morti bianche che per molto tempo Veronika accusò come sue colpe.

Soldati dell'inverno : L'inverno nel cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora